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Caso Cucchi, a novembre il processo sui depistaggi. Ilaria: «Questi anni di battaglie hanno avuto un senso» – Il video

13 Ottobre 2019 - 18:31 OPEN
«Non siamo il partito anti-polizia. Siamo anzi in qualche modo quelli che si fanno carico dell'onorabilità delle forze dell'ordine»

Si avvicinano due date importanti per il caso Cucchi. Il 14 novembre, quando è prevista a Roma la sentenza del cosiddetto processo Cucchi bis. E quella di due giorni prima, il 12 novembre, con l’inizio dell’altro processo, quello per i depistaggi.

«Quello che è costato a me e alla mia famiglia anni di processi sbagliati», ricorda Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, il geometra romano di 31 anni morto il 22 ottobre 2009 nella Capitale mentre era in custodia a seguito di un arresto per droga. «Vuol dire che tutti questi anni di battaglie hanno avuto uno senso».

Depistaggi «cui non si può passare sopra: quello Stato che aveva portato via a mia madre e mio padre il figlio, un attimo dopo ha voltato loro le spalle e fatto in modo che quei due genitori, devastati e che ci hanno rimesso la salute, si imbattessero in anni e anni di processi sbagliati», dice Ilaria nel corso del V Memorial Stefano Cucchi a Roma.

«Non siamo il partito anti-polizia. Non siamo quelli che vanno a dire che i poliziotti e i carabinieri sono tutti picchiatori», spiega la sorella di Stefano nel corso del dibattito insieme a Fabio Anselmo, il direttore de L’Espresso Marco Damilano, il fotoreporter Francesco Zizola e Luigi Manconni.

«Siamo anzi in qualche modo quelli che si fanno carico dell’onorabilità delle forze dell’ordine. Dicendo che coloro che sbagliano vanno puniti, non perché noi vogliamo vendetta ma perché abbiamo rispetto per il lavoro che tutti gli altri loro colleghi – tantissimi – svolgono con onore quotidianamente nel nostro interesse».

Ilaria Cucci dà il via alla la corsa “Memorial Stefano Cucchi” organizzata a Tor Fiscale, Roma, 13 ottobre 2019 ANSA/Massimo Percossi

Il Memorial Stefano Cucchi

«Dieci anni senza Stefano. Umanità in marcia» è il titolo del 5° Memorial Stefano Cucchi, una due giorni che si è conclusa oggi con la tradizionale Maratona e Sport sociale presso il Parco di Torre del Fiscale. Alla corsa sono intervenuti anche la sindaca di Roma, Virginia Raggi e Roberto Tavani, responsabile Sport della Segreteria della Presidenza della Regione Lazio.

E ieri, nel corso della serata all’Angelo Mai, l’associazione Stefano Cucchi Onlus ha assegnato il Premio Diritti Umani 2019 giunto alla sua terza edizione a Giuseppe Gulotta, Pietro Ioia e la comunità Sikh di Latina che porta avanti la battaglia per i diritti dei lavoratori nell’Agro Pontino.

«Sia Gulotta che Ioia hanno passato 22 anni in carcere. Il primo da innocente: si tratta di uno degli errori giudiziari più gravi della storia della Repubblica», spiegano dall’associazione. «A 18 anni si è autoaccusato di aver ucciso due giovani carabinieri: la sua confessione era stata estorta con botte, violenze e torture».

Il secondo da colpevole: ex narcotrafficante internazionale, ha scontato la sua pena in 20 diversi istituti penitenziari: «Ho regalato gli anni migliori della mia vita alla carceri, non ho visto i miei figli crescere e per questo ho deciso di cambiare vita», dice Ioia. Ha avuto il coraggio quello che accadeva nella cosiddetta Cella Zero del carcere di Poggioreale, dove ha trascorso sette anni di reclusione.

«La Cella zero è un luogo di tortura e violenza, situata al piano terra della struttura: di giorno era utilizzata come smistamento, per le visite mediche e per i colloqui per poi divenire di sera luogo di tortura dove i detenuti erano pestati», spiega.

«Quelle di Ioia e di Gulotta sono storie esemplari di quegli “organi” malati ancora presenti nel “corpo” della giustizia italiana», dicono ancora dalla Cucchi Onlus. «Dimenticati dalla società» come lo sono i Sikh di Latina: sfruttati e ricattati nell’Agro Pontino. «Hanno trovato la forza di sollevarsi e di far sentire la propria voce per una giustizia che dovrebbe semplicemente essere la normalità», dice ancora la Cucchi Onlus.

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