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Roma, dopo lo sgombero il nulla (o quasi). Viaggio attraverso le occupazioni che non ci sono più – Il video

23 Ottobre 2019 - 08:28 Angela Gennaro
«Nella Capitale ci sono centinaia di spazi sociali, di cui 200 in aree di proprietà comunale, a rischio. E gli sgomberi già eseguiti hanno lasciato solo degrado. Minacciati decenni di autorganizzazione del sociale, una città nella città che rischia di essere cancellata»

L’ultimo doveva essere il Nuovo Cinema Palazzo: il tentativo di mettere i sigilli all’edificio, qualche giorno fa, alla presenza di due vigilantes – è naufragato con la discesa in piazza, nel quartiere di San Lorenzo a Roma, di attivisti e residenti. Da allora il Cinema Palazzo continua a ospitare presentazioni, incontri, assemblee e concerti. Il presidio permanente prosegue, ed essere sotto sgombero non è una novità.

Quella di San Lorenzo sarebbe stata solo l’ultima puntata di una lunga serie di palazzi ed edifici sgomberati nella Capitale. Sgomberi con i quali, spesso, si sradicano certo occupazioni ma anche, a detta di chi li anima, realtà e poli di aggregazione, anche in quartieri difficili. e dopo, troppo spesso – questa la denuncia – al posto di quell’esperienza resta il nulla.

https://www.facebook.com/christian.raimo.7/posts/10156912062867831

A fare l’elenco di esperienze concluse ma non rimpiazzate da altre realtà è su Facebook Christian Raimo, scrittore, insegnante e oggi assessore alla Cultura del III Municipio a Roma. E una rappresentazione spaziale dei luoghi sgomberati ma poi ancora vuoti, ad anni di distanza, e spesso nel degrado la dà una mappa interattiva di ReTer. «Il Cinema Palazzo e non solo: nella Capitale ci sono centinaia di spazi sociali, di cui 200 in aree di proprietà comunale, a rischio. E gli sgomberi già eseguiti hanno lasciato solo degrado. Minacciati decenni di autorganizzazione del sociale, una città nella città che rischia di essere cancellata», si legge.

La Torre di viale Rosseau

Telecamera in spalla, abbiamo fatto un tour dei luoghi simbolo sgomberati e abbandonati per anni. Come il centro sociale La Torre di Viale Rosseau, a Casal de’ Pazzi, a Roma nord-est. È il 4 giugno 1994 quando la Torre di viale Rousseau – Villa Farinacci – viene occupata: «uno spazio pubblico abbandonato al degrado», dice chi occupa. «Negli anni viene sgomberata due volte, di cui una violentemente, addirittura con gli elicotteri», racconta oggi a Open Daniele Lombardi del Csa La Torre. «Un quartiere completamente militarizzato».

Per «salvaguardare 3 anni di attività e dare continuità ai progetti, constatata l’impraticabilità della difesa del posto», a maggio 1997 si decide di dare seguito alla trattativa con il Comune e le associazioni che animano il centro sociale accettano di trasferirsi in un nuovo spazio, in via Bertero 13.

Da allora la Torre di viale Rousseau – questa la denuncia – ha vissuto 20 anni di abbandono. «Solo recentemente, e dopo parecchi fondi spesi in ristrutturazione, è stata riattivata. Ma ci si limita a iniziative spot», racconta ancora Daniele. La Torre di via Bertero, invece, «è in piena attività, restituita al quartiere e alla città tutta». Un casale di proprietà del Comune che è oggi, però, di nuovo sotto sgombero.

La “nuova” Torre

«Tutta Roma lo è», sorride Daniele. «Certo, non siamo in cima alla lista degli sgomberi, ma le liste – si sa – sono frutto del momento politico. Ci chiedono canoni arretrati e non riconoscono il valore sociale e culturale che nel frattempo abbiamo creato qui. Pensare che quando siamo arrivati qui c’erano siringhe dappertutto. Ora ci sono iniziative di ogni genere, c’è uno spazio giochi per bambini, una palestra popolare, e c’è anche un orto biologico coltivato con i ragazzi disabili della nostra associazione».

La “nuova” Torre

Il Teatro Valle e il Rialto

In pieno centro, a Roma, a due passi da Largo Argentina e dal Senato, c’è un teatro – uno dei più antichi della città – che non è un teatro. È il Valle. Occupato da artisti e attivisti il 14 giugno del 2011, dopo che aveva sospeso le attività circa un mese prima, ha vissuto tre anni di autogestione, tra iniziative culturali e spettacoli che hanno dato vita a un’esperienza inedita in città. L’occupazione è finita nell’agosto del 2014 con un auto-sgombero, racconta oggi Daniele del Valle Occupato.

Lo sgombero era annunciato da tempo e lo stabile è stato liberato senza l’intervento delle forze dell’ordine. Dopo due anni di nulla, gli occupanti decidono di rientrare nel teatro l’11 giugno 2016. Un’azione dimostrativa, per denunciare il fatto che quel teatro che doveva essere restituito alla città ed entrare nel circuito dei teatri nelle promesse delle istituzioni invece era ancora lì. Eravamo dieci, quindici: sono arrivate le forze di polizia, alcune persone sono state aggredite, ci hanno denunciati e comunque nessuno ci ha risposto, dice oggi Daniele a Open.

Il Teatro Valle a Roma

«Da 669 giorni e 669 notti il Teatro Valle è chiuso», si leggeva nel comunicato diffuso quella mattina da artisti e occupanti. «Per il restauro non esiste ancora un progetto. I fondi non sono mai arrivati, i lavori non sono cominciati, la manutenzione non è stata fatta. Qui dove si sono sperimentate forme di partecipazione viva, da due anni il buio in sala non annuncia nessuna apertura di sipario».

Il Teatro Valle «sarà restituito alla città nel pieno rispetto della legalità», promettevano all’epoca il ministero dei Beni culturali e la Gestione Commissariale di Roma Capitale. «Oggi il teatro apre poche ore al giorno, quando ci sono delle mostre», conclude Daniele. «Si apre il foyer, a volte il teatro. Ma il palco è chiuso, i camerini e i bagni sono in condizioni disastrose, l’interno non viene arieggiato né pulito. E la muffa avanza».

Rialto Sant’Ambrogio

A pochi passi dal Valle c’è il Rialto Sant’Ambrogio, palazzo del ghetto sgomberato definitivamente nel 2015. «Era stato assegnato dal Comune ad inizio degli anni 2000 come luogo in cui spostare le realtà che nel 1999 avevano occupato lo stabile sopra il cinema Rialto in Via IV Novembre: il frutto di un accordo con tanto di assegnazione formale, purtroppo mai finalizzata, e protocollo d’intesa con il Comune», raccontano a Open da quelle associazioni che hanno avuto sede nel palazzo per anni, lo hanno manutenuto e fatto vivere. Oggi è in stato di abbandono.

Le occupazioni abitative e l’ex cinema Astra

«Roma si barrica», recita lo striscione appeso sull’ex scuola di via Cardinal Capranica a Primavalle, nelle ore immediatamente precedenti allo sgombero: abitata da qualche centinaio di persone, tra cui un’ottantina di bambini, e sgomberata con gli idranti a metà luglio scorso. Molti occupanti hanno la residenza qui. Oggi non c’è nulla se non – ancora, a quattro mesi di distanza – la puzza di bruciato delle barricate date a fuoco all’alba. Qualcuno, di notte, ancora si intrufola nell’ex scuola per dormirci.

Come ci sono ancora persone che dormono e occupano l’ex fabbrica di penicillina su via Tiburtina. Sgomberata a dicembre dello scorso anno, è stata per anni – e continua a essere – rifugio di disperati, migranti, rifugiati, poveri. Un rifugio pieno di amianto e di rifiuti chimici, in uno dei quartieri più popolosi della Capitale. Con gli idranti era stato sgomberato, ad agosto 2017, anche il palazzo di via Curtatone, a piazza Indipendenza, a due passi dalla stazione Termini. Una notizia che ha fatto il giro del mondo: lo stabile, ora animato da ferventi lavori e gru e che dovrebbe ospitare in futuro una palestra della Virgin, era casa di rifugiati eritrei ed etiopi.

I lavori per il palazzo di via Curtatone

Occupazione abitativa – almeno in parte – era anche quella dell’ex cinema Astra su viale Jonio. «Era uno dei cinema più importanti della zona ed era famoso perché il tetto si apriva», racconta a Open Luca Blasi. «Per anni è stato abbandonato: noi lo abbiamo occupato il 21 maggio del 2003 con il movimento di Action, con un gruppo di famiglie. Famiglie che – tra l’altro – solo due settimane fa, dopo dieci anni in centri di accoglienza e residence, hanno avuto le case popolari qui al Tufello. Hanno vinto la loro battaglia, anche se dopo decenni».

«Quando occupammo anche il cinema, questa è diventata il primo caso di occupazione socioabitativa di Roma», dice ancora Luca. «Qui sono passate le prime formazioni di teatro di strada, ha visto la luce il primo album dell’orchestra di piazza Vittorio con Jovanotti e Claudia a Pandolfi». Rassegne di musica sperimentale, artisti da tutto il mondo. «Il nostro sogno di è infranto nel 2004, quando il comune di Roma ci ha detto che dovevamo andare via. La proprietà, la Filmauro, ‘ne ha un urgente bisogno e noi non vogliamo trattare’. Sono passati 15 anni da allora, e il cinema è ancora completamente abbandonato. Cadono i cornicioni, c’è l’acqua dentro e temiamo che crolli».

L’ex cinema Astra di viale Jonio

«In Olanda – e questa è una battaglia che proporremo – c’è una legge che dice che se sei un proprietario privato di un bene, non lo puoi lasciare vuoto», dice ancora Luca Blasi. «Che la proprietà privata è garantita – e questo lo prevede anche la nostra Costituzione – in base alla sua funzione sociale. Quindi se una proprietà privata viene lasciata in abbandono e degrado, si fa un danno alla comunità. Ecco perché in Olanda, in questi casi, il provvedimento è quello di moltiplicare anno dopo anno le tasse su quell’immobile: per ripagare il danno arrecato alla collettività»

Come nel caso della Torre, anche l’esperienza del centro sociale Astra si è spostata in un altro stabile della zona. «Ci è stato assegnato questo posto: era uno scantinato abbandonato, senza gradini e finestre. Lo abbiamo rimesso a nuovo con i soldi della comunità», dice ancora Luca. «Qui facciamo oggi assemblee e dibattiti». Ma a minaccia di sgombero è arrivata anche qui: «Ci è arrivato l’ordine di sgombero dal comune, sì», dice Luca. «Lo stesso comune che ce lo aveva assegnato. Ci chiedono anche 250mila euro di danni: dicono che siamo un’attività commerciale. Noi non chiediamo soldi neanche per le feste, non viene fatta alcuna attività commerciale. Ora c’è il ricorso in tribunale. Per noi questo è semplicemente un luogo che è stato strappato al buio e ridato alla luce».

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