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Financial Times: Conte legato a un fondo di investimento vaticano sotto inchiesta. La replica di Palazzo Chigi: «Nessun conflitto di interesse»

28 Ottobre 2019 - 01:00 Redazione
Nuove ombre sui rapporti tra il premier e il fondo di Mincione

Dietro al gruppo di investitori che ha assunto Giuseppe Conte come legale prima che diventasse primo ministro c’era un fondo di investimenti che farebbe riferimento al Vaticano al centro di un’indagine per corruzione. Lo rivela il Financial Times, aggiungendo che l’attuale presidente del Consiglio era stato assunto per lavorare su un accordo solo poche settimane prima di ricevere l’incarico di premier.

I legami con Conte solleverebbero secondo il quotidiano ulteriori dubbi sulle attività finanziarie della Segreteria di Stato del Vaticano e della burocrazia della Santa Sede, che sarebbe oggetto in questo momento di un’indagine interna per transazioni finanziarie sospette. Nonché del conflitto di interesse che potrebbe esistere tra Conte e i suoi ex clienti.

«Conte era un accademico poco conosciuto prima di essere assunto nel maggio 2018 per fornire un parere legale a Fiber 4.0, una società di capitali che voleva aggiudicarsi il controllo di Retelit», si legge sul FT. Il principale investitore di Fiber 4.0 era il fondo Athena Global Opportunities, sovvenzionato dalla Segreteria Vaticana e di proprietà di Raffaele Mincione, un finanziere italiano. Investimento, quello Vaticano, che non era pubblicamente noto fino all’inizio dell’indagine interna alla Santa Sede su un accordo stretto da Athena per una proprietà immobiliare di lusso a Londra.

Questo accordo prevedeva un investimento da parte di Athena di 129 milioni di sterline a Chelsea, a Londra, probabilmente per costruire 49 appartamenti. Il caso aveva portato al licenziamento di 5 persone.

La Athena Global Opportunities di Mincione possedeva circa il 40% di Fiber 4.0. Questa possedeva già il 9% di Retelit, che ha registrato entrate per 73 milioni di euro nel 2018. Documenti del fondo Athena mostrano che l’investimento fatto da Mincione in Retelit era stato fatto utilizzando i 200 milioni di dollari che gestiva per la Segreteria Vaticana.

Mincione contava di essere eletto a far parte del Consiglio di Amministrazione di Retelit, ma le sue aspettative sono state deluse: gli azionisti hanno votato al suo posto per un gruppo tedesco e per l’azienda di telefonia di Stato libica. Mincione ha allora assunto Conte per cambiare il risultato del voto degli azionisti.

In una nota ai suoi clienti, di cui il Financial Times ha potuto prendere visione, Conte ha scritto che il voto avrebbe potuto essere annullato se fossero state applicate a Retelit le regole del «golden power» che permettono al governo italiano di bloccare il controllo straniero sulle aziende italiane considerate di importanza strategica nazionale. Tutto questo 15 giorni prima di essere incaricato presidente del consiglio. Conte, come premier, a giugno, applicò proprio la regola del golden power su questo tema.

Conte ha sempre negato di avere conflitti di interesse con i suoi vecchi clienti, ma se l’inchiesta del Financial Times si rivelasse vera, potrebbe cambiare le carte in tavola.

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