Omicidio Sacchi, preso il Dna dalla mazza che avrebbe colpito Anastasia

Verifiche anche sulla macchina dei killer: è vero che uno dei due non sapeva della pistola?

Gli ultimi controlli, decisivi, per un mosaico in cui tutti i pezzi cominciano a trovare il loro posto. Ieri, la procura di Roma ha dato il via agli accertamenti scientifici, affidati ai carabinieri del Racis, su tutti gli oggetti trovati sulla scena la notte in cui è morto Luca Sacchi, il body builder ucciso tra il 23 e il 24 ottobre a Roma.


Quello più importante di tutti è sulla mazza da baseball con cui i due killer, Valerio Del Grosso e Paolo Pirino, hanno certamente colpito Luca e sulla quale si appoggia quasi per intero l’alibi di Anastasia, la fidanzata.


La ragazza ha sempre detto di essere stata vittima di una rapina, assieme a Luca, e di essere stata picchiata con una mazza da baseball dai due che volevano portarle via lo zainetto.

Le indagini hanno già negato in parte questa ricostruzione: sembra ormai certo che Del Grosso e Pirino avessero appuntamento con lei, e forse anche con Luca, per un grosso acquisto di droga. Nell’ambito di questa compravendita qualcosa è andato storto. Luca è stato prima picchiato e poi ucciso, il ruolo di Anastasia è perlomeno in dubbio. Secondo alcuni testimoni al momento della sparatoria era lontana, forse nel pub a pochi metri.

Se le analisi confermeranno che non è stata colpita, la sua posizione già molto difficile, potrebbe peggiorare.

I controlli fatti ieri devono chiarire anche un’altra cosa: Paolo Pirino ha sempre detto che non sapeva che Del Grosso fosse armato di una pistola quando entrambi si sono messi in macchina per andare all’appuntamento nel quartiere Appio Latino.

Sapere dove fosse la pistola mentre attraversavano la città potrebbe spiegare meglio anche chi ha fatto cosa e con quale ruolo.

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