Hong Kong, anche Conte critica Pechino. Ma la “svolta cinese” di Grillo continua

La dichiarazione del premier segna una distanza dal Movimento più accondiscendente nei confronti della Cina

«Ho visto le dichiarazioni dell’ambasciatore cinese, e francamente non le possiamo accettare nel modo in cui sono state formulate». Anche il premier Giuseppe Conte è intervenuto sul caso nato dal tweet dell’ambasciatore di Pechino in Italia in cui dava degli «irresponsabili» ai politici italiani che hanno fatto una videoconferenza con Joshua Wong, giovane attivista pro-democrazia di Hong Kong.


Wong – definito un «traditore» dalla Cina – doveva venire in Italia, dove era in programma anche un incontro con alcuni deputati italiani, quando l’Alta Corte di Hong Kong ha deciso di vietargli la trasferta a causa del pericolo di fuga. (Wong è attualmente sotto indagine – è libero su cauzione da agosto – per aver partecipato a manifestazioni non autorizzate).


Su iniziativa di Fratelli d’Italia e dal Partito Radicale alcuni senatori hanno comunque voluto “ospitare” Wong via Skype a Palazzo Madama, guadagnandosi il biasimo dell’ambasciata cinese. Nel suo intervento Wong aveva chiesto il sostegno dell’Italia al movimento che da marzo rivendica maggiore autonomia e democrazia per Hong Kong.

Le ambiguità di Grillo (e del Movimento)

All’incontro via skype con Wong hanno partecipato anche senatori del Pd, di Forza Italia e della Lega, ma non del Movimento 5 Stelle, considerato più vicino alla Cina. Lo stesso schema si è ripetuto quando è arrivato il momento di replicare alle affermazioni dell’ambasciatore cinese.

Forza Italia, Fratelli d’Italia e Pd hanno risposto esigendo maggior rispetto per il parlamento italiano, come ha rivendicato lo stesso Conte.

Sono arrivate le critiche anche per Luigi di Maio – da poco reduce da un viaggio in Cina dove non ha glissato sui fatti di Hong Kong – e per il Movimento, accusato di essere troppo ambiguo nei confronti della Cina. Sotto accusa anche Beppe Grillo che pochi giorni fa avrebbe cenato proprio con l’ambasciatore cinese in Italia, Li Junhua, come scrive Repubblica.

«Non siamo una provincia cinese (anche se magari Grillo la pensa così) e per noi democrazia libertà e diritti umani sono dei valori irrinunciabili», ha dichiarato Matteo Salvini mentre Di Maio si è limitato a ribadire che i rapporti con Pechino sono «sempre ottimi».

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