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Mes, vertice fiume nella maggioranza: «Si deciderà solo dopo la risoluzione del Parlamento»

02 Dicembre 2019 - 00:15 Alessandro Parodi
Il M5S non arretra: «Per noi tante cose nell'Unione Economica e Monetaria vanno riviste».

Si è concluso dopo più di quattro ore a Palazzo Chigi il vertice di maggioranza sul Mes (il fondo Salva-Stati) che nelle ultime settimane ha creato non pochi grattacapi all’interno dell’esecutivo giallorosso. Da una parte il Movimento 5 Stelle, che chiede una revisione del trattato, dall’altra il Partito Democratico che lo giudica indispensabile per non perdere credibilità all’interno della Ue e non mettere in agitazione i mercati.

A conclusione dell’incontro la presidenza del Consiglio informa con una nota che il governo andrà in Europa a trattare sulla riforma del Mes in un’ottica “di pacchetto”. Questa la mediazione raggiunta a tarda notte. Il Parlamento dovrà comunque approvare ogni eventuale decisione di questa maggioranza. Il prossimo appuntamento alle Camere sarà l’11, in vista dell’Eurogruppo del 12 dicembre

Spiega nel dettaglio la nota che i punti 12 e 13 della risoluzione del giugno 2019, a firma Molinari-D’Uva (allora era in carica il governo M5S-Lega) impegnano il governo: «a promuovere, in sede europea, una valutazione congiunta dei tre elementi del pacchetto di approfondimento dell’unione economica e monetaria, riservandosi di esprimere la valutazione finale solo all’esito della dettagliata definizione di tutte le varie componenti del pacchetto, favorendo il cosiddetto « package approach», che possa consentire una condivisione politica di tutte le misure interessate, secondo una logica di equilibrio complessivo».

Fonti del M5S dopo il vertice sembrano non arretrare: «Il Parlamento è sovrano ed è un bene che si sia deciso di non dare nessuna luce verde fino a quando il parlamento non ne discuterà. È il Parlamento che parla per primo. Per noi tante cose nell’Unione Economica e Monetaria vanno riviste».

Dal tavolo è sparita la parola rinvio, fanno notare dopo il vertice fonti Pd. «In sostanza si sostiene il lavoro di Gualtieri che andrà nei prossimi giorni all’Eurogruppo, prima dell’eurosummit ci sarà un voto su mozioni l’11 in parlamento».

«Bene l’incontro di stasera sul Mes», dice Dario Franceschini sempre dal Pd. «Nessuna richiesta di rinvio all’UE ma un mandato che rafforza il ministro Gualtieri a trattare al meglio l’accordo sul tavolo europeo già dal 4 dicembre. Ovviamente sarà poi il Parlamento a pronunciarsi definitivamente sulle decisioni assunte».

Conte riferisce alle Camere

Il governo inoltre si impegna «a render note alle Camere le proposte di modifica al trattato Esm, elaborate in sede europea, al fine di consentire al Parlamento di esprimersi con un atto di indirizzo e, conseguentemente, a sospendere ogni determinazione definitiva finché il Parlamento non si sia pronunciato».

Il passaggio cardine sarà comunque quello di domani, lunedì 2 dicembre, quando il premer Conte riferirà in Parlamento, prima alla Camera, poi al Senato e dovrà difendersi anche dall’attacco di Matteo Salvini che l’ha accusato di aver firmato il provvedimento senza l’avvallo delle Camere e di aver mentito agli italiani: un’accusa di tradimento a cui il presidente del Consiglio ha reagito minacciando querela.

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Prima del vertice

Conte dovrà ancora una volta mediare fra gli alleati, che sembrano su posizioni inconciliabili: c’è chi vede nel fondo Salva-Stati il possibile capolinea dell’esecutivo giallorosso, con il M5S vicino alle posizioni della Lega. All’incontro a Chigi erano presenti, oltre ai capi delegazione Di Maio, Franceschini e Speranza, anche il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Riccardo Fraccaro e il ministro per gli Affari Europei Vincenzo Amendola.

Il M5S favorevole al rinvio

Di Maio era stato chiarissimo: «Quel trattato ha bisogno di molti miglioramenti, noi non possiamo pensare di firmare al buio. Quando avremo letto tutto potremo valutare se convenga all’Italia, è sano non accelerare in maniera incauta e aspettare la fine dei negoziati su vari aspetti».

Il Pd: «Sul Mes ci giochiamo la credibilità»

Insomma, per il leader pentastellato la strada maestra era quella del rinvio (su cui si è espresso favorevolmente anche il ministro Roberto Speranza di Liberi e Uguali). Ma il Pd era deciso a non arretra ed era stato Dario Franceschini, il pontiere fra le diverse istanze dell’esecutivo, che aveva chiarito: «Prendiamo per buone le parole di Di Maio e vediamo se da qui a lunedì alle intenzioni seguiranno i fatti e i comportamenti, perché ci sono anche i comportamenti in politica», spiega Franceschini.

Il ministro per i Beni culturali continuava tracciando il solco della posizione dei dem: «Sul Mes ci giochiamo la credibilità del Paese, l’andamento dello spread e dei mercati. Non si può giocare col fuoco». Sulla stessa posizione Graziano Delrio, per cui «non ci sono elementi di merito che mettono in discussione la nostra sovranità nazionale, quindi è molto importante che diamo una dimostrazione di serietà e affidabilità, le legittime critiche del nostro alleato mi auguro non portino a provocare una crisi di credibilità per il Paese».

Italia Viva diserta il vertice

Intanto Italia Viva aveva fatto sapere che non avrebbe partecipato al vertice. La decisione era stata presa dopo una consultazione tra i massimi dirigenti del partito guidato da Matteo Renzi. Italia Viva legge il vertice come un momento di chiarimento tra Pd e M5s, dopo che sabato si è alzato il tono del confronto fino a divenire scontro. Iv aveva ribadito al premier Conte e al ministro Gualtieri che appoggia le loro decisioni.

La posizione era stata chiarita dallo stesso Renzi, che a Non è l’Arena su La7, intervistato da Massimo Giletti, ha spiegato: «Il presidente di Italia Viva Rosato ha spiegato al presidente Conte, visto che il nuovo litigio della maggioranza è sul Mes e noi siamo i pacificatori, che non abbiamo nulla su cui litigare, se la vedessero tra loro. Gli italiani – ha aggiunto – sono stanchi di questi vertici ogni tre giorni, vogliono risposte. Sembrano delle serie come Beatiful», aveva aggiunto.

Renzi: «Mes non danneggia Italia, ma aiuta banche tedesche»

«Questo accordo, il Mes – aveva detto ancora Renzi a Non è l’Arena – a differenza di altri che penalizzavano l’Italia in passato, come il Fiscal Compact, non fa danno all’Italia, ma sicuramente aiuta le banche più in difficoltà, quelle tedesche. I tedeschi se la sono costruita bene. È un meccanismo troppo debole, non troppo pesante», il Mes secondo l’ex premier.

«Il Mes dovrebbe stare dentro un pacchetto, che non comprenda solo il Mes, ma anche stesse regole per tutti per la fiscalità e uguali diritti per tutte le aziende europee», aveva aggiunto Renzi.

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