Dopo la scalata degli Agnelli-Elkann Gedi vola in borsa: +60%

In calo invece Cir (-4,76% a 1,12 euro) dopo gli alti e bassi di ieri, mentre Exor avanza dell’1,32% a 68,96 euro

La mappa della stampa italiana è cambiata in pochi giorni e ciò a seguito dell’operazione messa ai voti e confermata ieri dal Cda della Cir, la holding controllata al 46% dalla Cofide che fa capo ai tre figli di Carlo De Benedetti, Rodolfo, Marco ed Edoardo: per 102,4 milioni di euro è stata ceduta la quota di controllo del gruppo Gedi che passa alla famiglia Agnelli-Elkann attraverso la finanziaria Exor. Dietro l’operazione di acquisizione ci sarebbe John Elkann che, oltre a essere l’erede (designato) dell’avvocato per parte di madre, è nipote del fondatore del gruppo editoriale Espresso, Carlo Caracciolo. Insomma, nel solco della tradizione familiare. Oggi, dopo l’annuncio dell’accordo per la vendita della partecipazione di Cir a Exor al prezzo di 0,46 euro per azione, Gedi vola a Piazza Affari, con un premio di oltre il 60% rispetto alla chiusura di ieri 2 dicembre. Il titolo, dopo essere rimasto per alcuni minuti in asta, è entrato agli scambi segnando un rialzo del 60,49% a 0,455 euro, allineandosi al prezzo dell’Opa. In netto calo invece Cir (-4,76% a 1,12 euro) dopo gli alti e bassi di ieri, mentre Exor avanza dell’1,32% a 68,96 euro.


Il nuovo cambio al vertice arriva solo a quattro anni dalla fusione del gruppo Itedi, La StampaSecolo XIX (con a capo Fca), con quello Espressola Repubblica: nello stesso 2016 Fca cedette anche il controllo di Rcs (Corriere della Sera e Gazzetta dello Sport) a Urbano Cairo. John Elkann era già presente in Itedi con un, quasi simbolico, 6%: nessuno, pochi mesi fa, avrebbe immaginato che si sarebbe impegnato alla conquista del gruppo, soprattutto dopo l’offerta dello scorso ottobre di Carlo De Benedetti di acquistare il 30% di Gedi, controllata appunto da Cir e presieduta dal figlio Marco De Benedetti. Nell’occasione l’ingegnere non risparmiò un giudizio non del tutto lusinghiero sulla gestione del gruppo editoriale (e in particolare de la Repubblica) da parte dei suoi eredi. De Benedetti padre aveva offerto 25 centesimi ad azione, ma Cir gli aveva chiuso la porta giudicando «irricevibile» l’offerta.


L’Ingegnere aveva dato alla scalata anche un valore simbolico e ideale. In una lettera aperta aveva detto di voler concorrere «a rilanciare il gruppo al quale sono stato associato per lunga parte della mia vita e che ho presieduto per dieci anni, promuovendone le straordinarie potenzialità». De Benedetti era infine intenzionato a «rilanciare il gruppo Gedi e poi conferire le azioni in una fondazione». Le parole con cui il primogenito Rodolfo aveva però commentato l’iniziativa (intrapresa appunto dichiaratamente per scalzare i figli dal vertice) erano state dirette tanto quanto quelle del padre: «Sono profondamente amareggiato e sconcertato dall’iniziativa non sollecitata né concordata presa da mio padre e il cui unico risultato – aveva detto Rodolfo – consiste nel creare un’inutile distrazione, della quale certo non si sentiva il bisogno, rispetto al lavoro delle tante persone impegnate quotidianamente a garantire un futuro di successo al Gruppo Gedi, che da anni opera in un settore dei più sfidanti. I miei fratelli ed io, come azionisti di controllo del Gruppo Cofide-Cir, continueremo a dare il nostro pieno supporto al management in questo percorso».

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