Mafia, il superpentito Gaspare Mutolo: «Cerco il perdono dei parenti di chi ho ucciso»

«La legge sui pentiti – prosegue Mutolo – è cambiata in peggio. Ora è più difficile che qualche mafioso inizi a collaborare, non ha garanzie e si deve fare la galera»

«Non ho mai avuto la possibilità di chiedere perdono ai parenti delle persone che ho ucciso e il ricordo mi crea dolore». A dirlo, in un’intervista a il Centro – Quotidiano dell’Abruzzo, è il superpentito Gaspare Mutolo, ex uomo di Cosa nostra ed ex autista di Totò Riina, che decise di collaborare con lo Stato dopo esser rimasto «deluso» dal boss mafioso. 


Mutolo, nel tempo, è diventato pittore perché mentre nella pittura ha trovato il modo di «dimenticare chi sono». «Mi sento un altro e vorrei essere quello – raccontava in un’intervista a Il Fatto Quotidiano nel 2012 – ma non posso cambiare il passato. Finché sarò in vita sarò sempre l’assassino che ha fatto quello che ha fatto». 


«La legge sui pentiti – prosegue Mutolo – è cambiata in peggio. Ora è più difficile che qualche mafioso inizi a collaborare, non ha garanzie e si deve fare la galera», sostiene il superpentito. 

Mutolo, nell’intervista a pochi giorni dalla chiusura della mostra personale a Giulianova, in Abruzzo, si definisce «malato di pittura». «I miei quadri preferiti sono due: uno sulla strage di via d’Amelio e mi ricorda Borsellino, l’altro è sulla piovra a 8 tentacoli. Non li vendo, li tengo con me accanto al letto».

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