Paragone verso l’espulsione? «Così il M5s si sta suicidando. O puniscono tutti o vado dagli avvocati»

«Ho appena scoperto che le mancate rendicontazioni a partire da agosto 2019 a oggi non verranno ritenute come ritardo», dice Paragone. Il Movimento sta «cambiando le regole in corsa»

«Una cosa è sicura. Io non mi fermerò. Chiederò al collegio dei probiviri il rispetto delle norme. Chiederò di sanzionare chi non è in regola con i rimborsi».


Parola di Gianluigi Paragone, il senatore M5s – ed ex direttore del quotidiano leghista La Padania – dissidente e ormai in lotta aperta con il suo partito dopo i voti sulla manovra e sul fondo salva-Stati.


«Non potrà finire tutto in maniera macchiettistica», dice in un’intervista oggi a Il Giornale. Il Movimento 5 Stelle non è ancora morto. Per Paragone «muore se lo fai diventare sistema. Il M5s non è sistema, ma oggi vorrebbe diventarlo».

I probiviri

Gianluigi Paragone racconta di rischiare l’espulsione. Lui che ha sempre rendicontato tutto, come Movimento vuole: «È vero, ho ricevuto la mail che mi notificava il procedimento. Proveniva da un indirizzo che non era neppure certificato. Insieme al mio avvocato abbiamo sorriso», dice nell’intervista.

A giudicarlo, il collegio dei probiviri di cui fa parte anche la ministra della Pubblica Amministrazione, Fabiana Dadone. «Se verrò espulso, per non aver votato la fiducia al governo, solleverò una questione di incompatibilità. I suoi due ruoli, probiviro e ministro, sono in conflitto», tuona Paragone.

«Dovrà essere Luigi Di Maio a decidere. Al ministro degli Esteri non chiedo di risolvere immediatamente la crisi libica, ma spero sia capace di risolvere almeno questa. Mi aspetto che il Movimento che esprime il ministro della Giustizia rispetti il senso di giustizia».

Le inadempienze

Il senatore ha fatto i nomi, nei giorni scorsi, «di coloro che, all’interno del suo partito – e al contrario di lui – sono inadempienti rispetto alla regola del M5s sulle mensilità rimborsate. Basta guardare sul sito Tirendiconto. Per me è una regola del gioco».

«Proprio mentre vi parlo ho ricevuto una comunicazione. Scopro, anzi, leggo insieme a voi, che le mancate rendicontazioni a partire da agosto 2019 a oggi non verranno ritenute come ritardo», dice Paragone a Il Giornale.

«Sono gli stessi che fino a pochi giorni fa intimavano il pagamento della quota di novembre entro 31 gennaio 2020». Un cambio di regole in corsa, è la denuncia. Paragone non ci sta. «Chiederò di giudicare tutti coloro che violeranno le regole delle restituzioni e nel caso ricorrerò alle vie legali ordinarie».

Il dissenso di Paragone non mira a guardare alla Lega, sua ex famiglia, assicura il diretto interessato. E il Movimento a essere cambiato, dice. «Posso solo dire che non sono isolato. C’è una parte del Movimento che mi scrive, mi sprona. Fra i politici che sui social sono più cresciuti nel mese di dicembre, io sono il primo».

A perdere di più, per Paragone, sono stati il fondatore, Beppe Grillo, e il capo politico Di Maio, con cui il senatore ammette di non avere contatti da un po’. «Forse ha paura della mia preparazione», chiosa. Mentre assicura di essere amico, invece, di Alessandro Di Battista.

Le sardine, elogiate da Grillo, sono per Paragone «fighettismo». «Un movimento nato sul vaffa, e che ha parlato quella lingua, non può risciacquare i panni in Arno. Quando hai paura della creatura che hai contribuito a far nascere, scompare il movimento e appare il partito».

E infine, l’affondo sul premier Giuseppe Conte: «È un pavone. Uno che si professa sovranista e populista e che poi si avvicina al Pd è degno della commedia dell’assurdo. Conte somiglia al Rinoceronte di Ionesco. Interpreta tutte le parti in commedia».

In copertina Gianluigi Paragone, in Aula del Senato durante le dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia sul maxiemendamento del ddl di bilancio 2020, Roma, 16 dicembre 2019. ANSA/Alessandro Di Meo

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