Il piano di Soleimani di attaccare le forze Usa in Iraq

Il generale a metà ottobre si sarebbe incontrato in una villa con le milizie sciite irachene per progettare attacchi contro gli Stati Uniti

«Abbiamo prove: Soleimani stava preparando un attacco gravissimo contro cittadini e funzionari americani». Con queste parole il segretario di Stato, Mike Pompeo, ha giustificato ieri, 3 gennaio, il raid Usa condotto a Baghdad in cui ha perso la vita il generale iraniano, considerato una leggenda. Nessuna informazione in più sul presunto attacco, nessun dettaglio sul piano del generale tanto da far dubitare alcuni analisti, che nel caos delle notizie che giungevano dal Medio Oriente, hanno ipotizzato che l’ordine di Trump fosse mosso da ritorsione e non ci fosse dietro un piano prestabilito vista la tempistica dell’attacco. Ma per l’agenzia Reuters, il generale Soleimani aveva davvero in mente di colpire gli Stati Uniti e avrebbe discusso del suo piano a metà ottobre, in una villa sul fiume Tigri. Qui il generale avrebbe incontrato le milizie sciite irachene per poi mettersi in contatto anche con Hezbollah.


Lo scopo dell’incontro sarebbe stato appunto quello di progettare attacchi contro le forze statunitensi presenti nella regione. La strategia, secondo fonti citate da Reuters, era di convogliare la rabbia della popolazione contro gli Stati Uniti, per disperdere le crescenti proteste contro l’influenza iraniana in Iraq. In quella villa, Soleimani, ritenuto lo stratega e la mente della politica estera dell’Iran, ordinò ai guardiani della rivoluzione di far arrivare in Iraq nuove armi molto sofisticate e disegnò anche il percorso che avrebbero dovuto seguire per farle entrare nella regione che lui diceva di conoscere come «il palmo della sua mano», poi ordinò anche di creare un nuovo gruppo militare, ma che avesse un basso profilo, per non essere riconosciuto dagli americani. Per attaccare gli Stati Uniti, Soleimani si sarebbe anche messo in contatto con gli Hezbollah, capaci di guidare i droni. Da qui l’escalation che ha portato al conflitto sempre più aperto con gli Stati Uniti, fino all’assedio dell’ambasciata Usa e il conseguente raid americano a Baghdad, costato la vita proprio a Soleimani, che ha perso la vita in un attacco portato avanti proprio da un drone.


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