Crisi Usa-Iran, Teheran: «Ucciso il killer di Soleimani». Il Pentagono ammette: «50 feriti nell’attacco alla base Usa in Iraq»

Continua il botta e risposta tra Iran e Usa dopo il picco della crisi di gennaio

Si contano ancora in feriti nella base americana in Iraq, attaccata durante la notte tra il 7 e l’8 gennaio dai militari iraniani come vendetta per l’uccisione del generale delle forze Quds iraniane Soleimani da parte dell’esercito americano. Il responsabile dell’uccisione, sostiene Teheran, sarebbe morto lunedì in un attacco in Afghanistan.


L’attacco alla base Usa

Secondo i nuovi dati pubblicati ieri sera dal Pentagono sarebbero in totale 50 i soldati americani ad essere rimasti feriti durante il raid contro la base area di Bin al-Assad, 16 in più di quanto annunciato la scorsa settimana.


Tutti vittime di commozioni cerebrali. Tra questi, 31 sono stati curati sul posto e sono tornati in sevizio, mentre 18 soldati sarebbero stati evacuati in due ospedali americani in Germania e in Kuwait.

Teheran rivendica: «Ucciso il killer di Soleimani»

Secondo fonti dell’intelligence russa a bordo del Bombardier E-11A abbattuto in Afghanistan, nella provincia di Ghazni, lunedì 27 gennaio, c’era anche Michael D’Andrea, ex capo del Centro antiterrorismo della Cia.

Per l’Iran sarebbe stato D’Andrea, protagonista della caccia a Osama Bin Laden, ad aver coordinato l’attacco con drone in cui fu ucciso a Baghdad il generale iraniano Soleimani, intensificando le ostilità tra gli Stati Uniti e l’Iran a inizio 2020.

Il Pentagono per il momento fa sapere che nessun ufficiale di alto rango si trovava nell’aereo, come ha affermato al Washington Post un funzionario del Pentagono che ha voluto rimanere anonimo. In Afghanistan i talebani hanno già rivendicato l’abbattimento del jet. La tv americana Cbs conferma che un’indagine è in corso.

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