Torna la polemica sul vicesindaco di Ferrara, che gode di un pass disabili nonostante goda di ottima salute e resta barricato in una economica casa popolare
La vicenda del vicesindaco di Ferrara, Nicola “Naomo” Lodi, riesplode sui social dopo l’attacco dei comici Ficarra e Picone su Twitter. L’ultima intemerata del leghista lo aveva visto protagonista di un video, quando minacciava la redazione di Piazzapulita su La7 poco prima del voto delle Regionali in Emilia-Romagna: «Vi faremo un cu*** così». Le urne però hanno beffato le speranze del leghista, con la sua storia rimasta intatta nella memoria collettiva.
Il vicesindaco leghista di Ferrara #NaomoLodi vive in una casa popolare nonostante un reddito netto di 3.400 euro al mese. Ha un contrassegno disabili tuttavia corre, va in bici e solleva pesi. Ma, purtroppo per noi, non è tunisino.#primagliitaliani 🇮🇹 pic.twitter.com/8BKeNcgfe9
E sono Ficarra e Picone a ricordarla: «Il vicesindaco leghista di Ferrara #NaomoLodi vive in una casa popolare – scrivono i comici – nonostante un reddito netto di 3400 euro al mese. Ha un contrassegno disabili tuttavia corre, va in bici e solleva pesi. Ma, purtroppo per noi, non è tunisino #primaglitaliani». Il riferimento è alla citofonata di Salvini al Pilastro di Bologna, quando andò a suonare anche a casa di un 17enne chiedendo a sua madre: «Suo figlio spaccia?». Al citofono dell’appartamento Acer di Lodi, in “stile Hollywood” come raccontano le cronache locali, al momento però non è stato avvistato nessun ex ministro dell’Interno.
Siamo tutti presi dalle polveri sottili e dal “nuovo virus cinese“, ma nessuno sembra accorgersi di un’altra minaccia che incombe in Italia: quella dei farmaci nel latte. Il sito salutista greenMe annuncia infatti che «Il latte italiano è pieno di antibiotici e farmaci. Tracce in più della metà dei marchi analizzati», (copia cache).
Un nuovo test dimostrerebbe che «più della metà del latte in commercio è contaminato da antibiotici e altri tipi di farmaci». Il sito cita come fonte la rivista mensile il Salvagente, che nel suo portale online titola «Antibiotici e farmaci nel latte italiano: le analisi choc del Salvagente», (copia cache).
Negli allevamenti c’è il rischio di infezioni e malattie. La tesi di fondo è che spesso si abuserebbe di antibiotici e altri tipi di farmaci. Questi potrebbero quindi contaminare il nostro latte?
«Antinfiammatori, cortisonici e antibiotici – continuano gli autori – È quanto ha trovato un test del Salvagente condotto in più della metà delle 21 confezioni di latte, fresco e Uht, comprate in supermercati e discount italiani i cui risultati sono pubblicati sul numero in edicola da domani del mensile. Tra i marchi analizzati ci sono Parmalat, Granarolo, Coop, Conad, Lidl, Esselunga e Carrefour.
A svelarli è stato un nuovo metodo di analisi realizzato dalle Università Federico II di Napoli e da quella spagnola di Valencia e utilizzato dal mensile leader nei test di laboratorio, in grado di scoprire contenuti che ai test ufficiali passano inosservati».
Dunque, incuriositi da queste sensazionali rivelazioni, abbiamo acquistato l’ultimo numero della rivista in versione digitale, nella speranza di ottenere anche maggiori riferimenti riguardo al precedente studio citato.
Il Journal of Dairy Science ha pubblicato infatti nel novembre scorso una ricerca, condotta nelle Università di Valencia e del Federico II di Napoli, basata sull’analisi di 56 campioni.
Siamo rimasti però delusi fin dalle prime righe, perché sono di un taglio ben diverso da quello presentato nei due siti web. Innanzitutto nel titolo il Salvagente spiega che lo studio «mostra la presenza di piccole dosi di farmaci nel latte fresco e nell’Uht».
Fanno poi riferimento alla loro analisi dei 21 campioni, provenienti da diverse marche. Scopriamo poi perché il metodo ufficiale di eseguire i test non è lo stesso scelto dagli autori:
«A svelarli è stato un nuovo metodo di analisi, in grado di quantificare contenuti che ai test ufficiali sarebbero passati inosservati. Dunque concentrazioni sempre sotto i limiti di legge.
Che questo basti a farci tirare un sospiro di sollievo non convince gli esperti ai quali abbiamo inviato le nostre analisi su 21 latti e la ben più corposa ricerca delle Università di Napoli e Valencia su 56 campioni».
I test sono significativi?
In che modo 21 o 56 campioni possano essere ritenuti significativi dell’intera produzione di latte in Italia, non ci è dato saperlo. Tanto più che i risultati non presentano valori sopra quelli indicati dalla legge, che solitamente tende a fissarne ben prima che si raggiungano livelli critici, per ulteriore precauzione.
Ma gli autori de il Salvagente sono ugualmente preoccupati, soprattutto per i «bambini molto piccoli che fanno uso di latte una o più volte al giorno». Tuttavia per loro stessa ammissione «non c’è risposta certa».
«Non ci sono certezze – ripetono gli autori – che le dosi di farmaci che abbiamo trovato nel latte possano davvero rappresentare un rischio: servono studi su una situazione che forse era ipotizzabile, grazie all’uso massiccio di antibiotici negli allevamenti, ma che ora è innegabile».
I risultati dello studio precedente – come presentati su il Salvagente – parlerebbero di «sostanze farmacologicamente attive nel 49% dei campioni, a concentrazioni tra 0,007 e 4,53 mcg/kg». Facciamo notare però che in realtà nel testo originale dello studio si parla di nanogrammi:
«Pharmacologically active substances were detected in 49% of samples (range 0.007–4.53 ng/mL), including nontarget mycotoxins».
Nel test de il Salvagente emerge la presenza di almeno tre sostanze: amoxicillina (antibiotico), dexamethasone (cortisonico) e meloxicam (antinfiammatorio). Tutte in quantità irrilevanti.
«Le quantità sono in tutti i casi molto al di sotto dei limiti massimi previsti dal regolamento europeo 37 del 2010 – assicura il Salvagente – anzi, gli attuali metodi di analisi accreditati non ne avrebbero neanche rilevato la presenza. Tutti i farmaci, come vedremo nelle pagine seguenti, sono utilizzati per guarire gli animali dalle infiammazioni della mammella».
Conclusione: gli studi presentati sono insufficienti
La tesi degli autori sembra prescindere dai limiti di sicurezza: non importerebbero le dosi. Basta forse rilevare la presenza di una sostanza perché questa possa essere considerata pericolosa?
Si ipotizza che queste sostanze – nel lungo periodo – possano indurre una farmacoresistenza o squilibri nella flora intestinale dei bambini. Gli autori non citano però studi epidemiologici o analisi sistematiche significative, che dimostrino questo genere di correlazione. Insomma, i risultati non sono significativi, per la sessa ammissione degli autori.