Omicidio Cerciello Rega, prima udienza del processo ai due americani: i ministeri di Difesa e Interno saranno parti civili

La difesa di Natale Hjorth chiede come prova il video che avrebbe girato Varriale del ragazzo bendato prima dell’interrogatorio: «È stato modificato»

È iniziato oggi, 26 febbraio, il processo in Corte d’Assise per l’omicidio del vicebrigadiere dei Carabinieri Mario Cerciello Rega, ucciso nella notte tra il 25 e il 26 luglio scorso a Roma. Imputati i due ventenni americani Finnegan Lee Elder e Natale Christian Hjorth.


Il ministero della Difesa e quello dell’Interno hanno chiesto e ottenuto di costituirsi parti civili, così come è stata accolta l’istanza della famiglia del Carabiniere – la vedova, Maria Rosaria Esilio, la mamma, Silvia, il fratello Paola e la sorellina minorenne. Accolto anche come parte civile Andrea Varriale, il collega che era con Cerciello la notte dell’omicidio.


In aula c’è la vedova del vicebrigadiere, Maria Rosaria Esilio: vestita di nero, siede accanto a Paolo, il fratello di suo marito, e accanto al suo avvocato Massimo Ferrandino. In tribunale c’è anche, seduto dall’altra parte dell’aula, Andrea Varriale, il collega che era con Cerciello la notte dell’omicidio.

E ci sono Ethan e Leah Elder, i genitori di Finn. «Siamo felici che questo processo abbia avuto inizio e speriamo che resti focalizzato sui fatti accaduti quella notte. Auspichiamo che la verità venga a galla, e che Finn torni a casa», dice la famiglia al termine dell’udienza attraverso il suo legale americano Craig Peters.

Il video di Natale Hjorth bendato

Francesco Petrelli, legale di Gabriel Natale Hjorth (accusato, insieme a Finnegan Lee Elder, dell’omicidio di Mario Cerciello Rega) ha chiesto alla Corte di acquisire il video girato da Andrea Varriale, il collega di Cerciello che era con lui quella notte e che è stato lievemente ferito, in cui compare Natale Hjorth bendato in caserma. Sono i momenti prima dell’interrogatorio dei carabinieri a via in Selci, poche ore dopo l’omicidio. «Chiediamo che rientri in questo processo per quello che testimonia: il trattamento che ha subito un arrestato in un momento in cui era ristretto nella libertà personale. Noi riteniamo che questo video doveva essere nel fascicolo principale e invece è confluito nell’ambito dell’indagine per abuso di autorità», spiega Petrelli. Che chiede anche di poter analizzare anche la “copia forense” del cellulare del militare, perché il video sarebbe stato modificato: l’orario del file originale non corrisponderebbe, questa la tesi, a quello del file agli atti.

La pm Maria Sabrina Calabretta ha chiesto l’acquisizione delle intercettazioni ambientali dei colloqui avvenuti a Regina Coeli. Colloqui – in inglese- sulle cui trascrizioni, secondo i legali dei due imputati, ci sarebbero grossi errori.

L’udienza

«Sono ragazzi, hanno vent’anni, evitiamo il caos». Comincia così l’udienza, con un appello da parte della presidente della giuria ai giornalisti. Capelli corti, entrambi. Finnegan sembra terrorizzato. Gabriel è una maschera. «È un fatto di cronaca rilevante e non posso negare l’accesso alle telecamere. Ma chiedo agli imputati se vogliono farsi riprendere o meno», dice la presidente. No, Finnegan no. Quando entra in aula il figlio, Leah e Ethan, sguardo duro, si alzano in piedi e lo seguono con gli occhi. Lei appoggia la mano sulla schiena del marito.

Natale Hjorth invece acconsente a essere ripreso. Ma le immagini del dibattimento potranno essere diffuse solo dopo la sentenza «per assicurare un lavoro sereno alla Corte», dice la presidenza.

Brugiatelli

Ha chiesto di costituirsi parte civile anche Sergio Brugiatelli, l’uomo di cui si è parlato come intermediario dei pusher per la droga cercata dai due ragazzi e a cui i due ventenni avevano portato via il famoso zaino. La richiesta é stata accolta solo per il reato di tentata estorsione.

«Leggo dal documento di costituzione che il Brugiatelli lamenta l’aver patito di essere stato presentato come persona ambigua», dice l’avvocato di Elder, Renato Borzone. «Lamenta sofferenze psichiche e patemi d’animo, non per il reato di estorsione ma per vicende circolarmente estranee alla causalità prevista dalla fattispecie incriminatrice. Lamenta di essere stato in pratica protagonista storico della vicenda. Sta lamentando le modalità con cui la pubblica informazione ha dato notizia alla sua figura. Ma questo è danno non imputabile agli imputati nè alla condotta di tentata estorsione».

Il cameriere

Decisive saranno le testimonianze, rilasciate al Nucleo investigativo, di quattro persone. Prima di tutto – come ricostruisce la Repubblica – le parole di un cameriere di 23 anni che vive e lavora a pochi metri dal luogo in cui si è consumato il delitto. E che quella sera stava passeggiando con il suo cane quando ha visto «due giovani correre, come se fossero spaventati, verso l’hotel».

I senza fissa dimora

Poi ci sono le testimonianze, in realtà assai lacunose, di due senza fissa dimora. Il primo ha spiegato che, pur trovandosi ad appena 10 metri dal luogo del delitto, stava dormendo: si è svegliato solo per le «sirene dei soccorsi». Il secondo, invece, sentito solo due settimane dopo, ha raccontato di essere stato «svegliato dalle voci di due giovani», di aver visto dopo «5 minuti l’arrivo di altri due uomini che si fermavano a parlare con i due giovani» e poi «dopo un breve colloquio, uno dei due è diventato aggressivo facendo indietreggiare il più grosso dei suoi interlocutori». Poi, però, va a dormire e il suo racconto si ferma qui.

La ragazza del piano di sopra

Infine c’è una giovane che vive al secondo piano del palazzo di fronte al luogo del delitto. Lei è stata svegliata da un uomo che «gridava più volte il nome Mario e che diceva “Mario, mi senti” e poi ha udito la parola “sangue”». All’arrivo dell’ambulanza, la donna avrebbe sentito «voci di persone che colloquiavano in modo agitato e una donna che ha esclamato “è un ragazzo africano”». E questo punto andrà chiarito anche alla luce del presunto depistaggio sugli autori del delitto.

La vedova

È «il settimo mese del barbaro assassinio di mio marito Mario, credente, valoroso Carabiniere, che aveva dedicato la propria vita cristiana al servizio del prossimo e in particolare degli ultimi, assassinio che non può e non deve restare impunito», ha scritto ieri in una nota la vedova di Cerciello, Maria Rosaria Esilio.

In copertina ANSA/ Massimo Percossi | L’aula del processo, a carico degli studenti americani Finnegan Lee Elder e Christian Gabriel Natale Hjort, per l’omicidio del vicebrigadiere Mario Cerciello Rega, Roma, 26 febbraio 2020

Leggi anche: