Mafia, il Capitano Ultimo e l’addio all’Arma: «Lascio dopo 42 anni di servizio»

In tempi recenti ha affrontato un percorso complesso, fatto di ricorsi al Tar e al Consiglio di Stato, per non perdere la scorta

Il Capitano Ultimo, l’ufficiale dei carabinieri divenuto famoso per aver arrestato il Capo dei Capi, Totò Riina, e che è stato processato e poi assolto per favoreggiamento alla mafia, ha deciso di abbandonare l’Arma.


Una notizia che arriva dopo la nomina di Sergio De Caprio – questo il suo nome all’anagrafe – ad assessore all’Ambiente della Regione Calabria e che non ha ancora trovato ufficialità, nonostante De Caprio si sia messo in aspettativa. Oltretutto il prossimo anno raggiungerà l’età del congedo e nulla fa pensare che possa tornare nei ranghi.


«Da carabiniere dopo 42 anni di servizio pensavo chissà cosa dirò quando lascerò l’Arma dei Carabinieri. Poi ti ci trovi e non dici niente. Sì, in fondo ho parlato già», ha scritto sul suo account Twitter. Nato nel ’61 a Montevarchi, in provincia di Arezzo, il padre – anche lui carabiniere – gli ha trasmesso l’amore per l’Arma. Così agli inizi degli anni ’90 De Caprio entra nel neonato Ros e, a Palermo, crea una squadra di cacciatori di latitanti denominata Crimor, Unità militare combattente. Il 15 marzo 1993 l’arresto di Riina.

Nel 2000 chiede e ottiene di essere trasferito. Finisce al Nucleo operativo ecologico ma torna nei carabinieri nel 2017. Minacciato dalla mafia – diversi pentiti hanno raccontato che quello di ammazzarlo fosse un chiodo fisso di Provenzano – De Caprio ha vissuto sotto scorta, fino a che, in tempi recenti, gli è stata tolta. Ne è seguita una schermaglia a colpi di ricorsi al Tar e al Consiglio di Stato fino a quando il servizio di tutela gli è stato definitivamente riassegnato: «La minaccia è ancora attuale», ha dichiarato.

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