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Pedofilia, il cardinale Pell lascia il carcere. Prosciolto dall’Alta corte australiana

Condannato a 6 anni, era stato accusato nel 2017 di aver abusato di due adolescenti quando era arcivescovo della città di Melbourne negli anni '90

Innocente al di là di ogni ragionevole dubbio. Il verdetto dell’Alta corte australiana, che aveva respinto un suo primo ricorso, ha spazzato via le gravi e pesanti accuse di pedofilia nei confronti del cardinale Pell, ex tesoriere del Vaticano, nominato cardinale da Giovanni Paolo II, la figura più senior della Chiesa cattolica ad essere accusata di crimini di questa entità. Accuse che inizialmente avevano portato a una sua condanna a 6 anni di carcere e alla interdizione dall’esercizio del suo ministero da parte del Vaticano.

La sentenza

Alla fine non la dovrà scontare. L’Alta corte d’Australia ha giudicato che la Corte di Appello dello stato di Victoria che lo scorso agosto aveva confermato la sentenza di condanna del cardinale «ha mancato di affrontate la questione del dubbio, se cioè rimaneva una ragionevole possibilità che il reato non avesse avuto luogo». Troppo debole la tesi dell’accusa – così ha ritenuto l’Alta corte – che si basava principalmente sulla testimonianza di uno delle due presunte vittime di Pell. L’altra presunta vittima è morta di overdose nel 2014, lo stesso anno in cui Pell venne nominato tesoriere del Vaticano da parte di Papa Francesco. Più convincenti le testimonianze da parte di chi sosteneva che dopo aver celebrato la messa Pell, allora arcivescovo di Melbourne, era solito trattenersi sulla scalinata della Chiesa per salutare i parrocchiani e quindi difficilmente avrebbe potuto sorprendere i due giovani coristi – allora 13enni – a bere il vino della messa ed abusare di loro, come invece ha sostenuto l’accusa.

«Non era un referendum sulla Chiesa»

Pell – che è stato portato in un monastero Carmelita a Melbourne immediatamente dopo essere stato liberato dal carcere – ha sempre sostenuto la sua innocenza, da quando è stato accusato nel giugno del 2017. Adesso pare intenzionato ad evitare possibili strumentazioni: in un comunicato diffuso poco dopo la sua assoluzione, Pell ha detto come il suo processo «non era un referendum sulla Chiesa cattolica, né su come le autorità della Chiesa in Australia hanno trattato il crimine della pedofilia tra i preti», aggiungendo di aver «sofferto una grave ingiustizia» che «è stata rimediata oggi». Pell adesso sembra cercare la pace – «Non voglio che il mio proscioglimento aggiunga altra sofferenza e amarezza che tanti sentono», ha aggiunto – e bisognerà aspettare per vedere se potrà riprendere il suo lavoro a Roma, dove era stato incaricato di rivedere le finanze del Vaticano e dove sicuramente è stato tirato un grande sospiro di sollievo.

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