Il fallimento dei Navigator: mancano i braccianti mentre un milione di famiglie percepisce il reddito di cittadinanza

La “riforma dei centri per l’impiego”, parte essenziale del reddito di cittadinanza, non è mai decollata: i Navigator non hanno inciso e sono stati colpiti gli unici soggetti efficienti, le Agenzie per il lavoro.

Il reddito di cittadinanza è stata una delle riforme chiave del primo Governo Conte. Al di là delle valutazioni strettamente politiche su questa misura, è arrivato il momento di fare un bilancio sui risvolti occupazionali dell’intervento, che doveva costituire, almeno per una parte dei beneficiari del reddito, un “ponte” verso il rientro nel mercato del lavoro.


La mancata riforma dei centri per l’impiego

Questo ponte non è mai stato costruito e, a ben vedere, sono stati fatti dei passi indietro rispetto alla situazione precedente. La “riforma dei Centri per l’Impiego”, che avrebbero dovuto essere rivoluzionati da un’App venuta dal Mississipi, portata in dote dal nuovo Presidente dell’Anpal Mimmo Parisi, non è mai stata nemmeno avviata. Nessuna norma, nessun intervento organizzativo hanno modificato il sistema di funzionamento di queste strutture, a parte una sola, discutibile, misura: l’inserimento dei Navigator, una figura dai compiti poco chiari, il cui passaggio è stato a dir poco ininfluente (non si conosce un solo caso in cui i Navigator hanno inciso, almeno in parte, all’interno di un centro per l’impiego).


Il contratto da Navigator e l’app (mai vista)

Figura che ha ingenerato anche un clamoroso paradosso: i Navigator sono stati “assunti” con il contratto di collaborazione coordinata e continuativa, di durata biennale. E’ stato chiesto a questi ragazzi di cercare lavoro agli altri, ma il massimo che è stato offerto loro è stato un contratto precario. Un altro fallimento riguarda l’App che avrebbe dovuto miracolosamente far decollare i Centri per l’Impiego. Tale App non è stata introdotta e, a dirla tutta, forse questa non è una cattiva notizia: basta fare un giro sul web per trovare decine di sistemi di questo tipo, già pienamente funzionanti, che sono gestiti da imprese private. La creazione di un software pubblico avrebbe ingenerato costi aggiuntivi senza alcun reale beneficio per il mercato.

Le agenzie private per il lavoro

In questo scenario di mancate riforme, l’unica gamba del mercato del lavoro che erogava servizi efficienti alle imprese e ai lavoratori, le agenzie private per il lavoro, è stata colpita da provvedimenti durissimi (il Decreto dignità) e non è stata coinvolta nella gestione dei servizi per l’impiego, nonostante esistano sul territorio esperienze di successo fondate sulla collaborazione virtuosa tra pubblico e privato (es il modello della dote lavoro della Regione Lombardia).

Insomma, sono clamorosamente fallite le “norme anti-divano”, quelle disposizioni che avrebbero dovuto imporre ai percettori del reddito di cittadinanza la ricerca attiva di un’occupazione. Circostanza confermata in maniera efficace dalla notizia che l’agricoltura rischia di subire un blocco produttivo per carenza di braccianti, proprio quando i dati INPS raccontano che il numero di nuclei familiari che percepiscono reddito o pensione di cittadinanza si aggira intorno al milione.

Possibile che i due fenomeni non siano del tutto collegati (non è detto che ci percepisce il reddito sia in grado di fare il bracciante), ma una domanda “nasce spontanea”: era proprio impossibile tentare di far alzare qualcuno dal divano e proporre il lavoro stagionale?

Foto di copertina: Ansa | Il presidente dell’Anpal Mimmo Parisi

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