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Navi all’Egitto, i genitori di Regeni: «Traditi dal fuoco amico». Amnesty e Rete Disarmo pronte a denunciare il governo

12 Giugno 2020 - 22:00 Angela Gennaro
Paola Deffendi e Claudio Regeni sono intervenuti a "Propaganda Live" per commentare la vendita di due navi militari al Paese che ancora non svela la verità sul ricercatore ucciso nel 2016

Traditi «dal fuoco amico, non dall’Egitto». Così si sentono Paola Deffendi e Claudio Regeni, i genitori di Giulio. Dall’Egitto non si aspettano né si aspettavano nulla: in questi 4 anni e mezzo di ricerca di verità e giustizia per la morte del figlio, il ricercatore torturato e ucciso nel Paese africano nel 2016, hanno avuto solo silenzio, menzogne e depistaggi. E adesso l’Italia dice sì alla vendita di due navi militari all’Egitto.

«Uno non può aspettarsi di lottare contro il proprio Stato per ottenere giustizia», scandisce Paola insieme al marito, in collegamento a La7 su Propaganda Live. «Lo Stato italiano ci ha tradito – hanno aggiunto – il 17 luglio del 2017 quando ha rinviato l’ambasciatore al Cairo e adesso vendendo le armi. Un tradimento per tutti gli italiani, per quelli che credono nella giustizia e nella inviolabilità dei diritti. Non possiamo sentirci certo traditi dall’Egitto per tutto quello che hanno fatto a nostro figlio, dopo quattro anni e mezzo di menzogne e depistaggi», dicono.

Il consiglio dei ministri

È la sera dell’11 giugno quando le agenzie battono una notizia che fa storcere più nasi, anche dalle parti della maggioranza: il dossier relativo alle fregate Fremm all’Egitto sarebbe stato discusso nel corso del Consiglio dei ministri (che ha poi varato il Family Act e il nuovo Decreto del presidente del consiglio dei ministri, Dpcm, per la fase 3 della gestione dell’emergenza Coronavirus). E il premier Giuseppe Conte avrebbe detto che sì, si può procedere alla firma, che verrà dunque apposta dall’Uama, l’Unità per le autorizzazioni dei materiali di armamento, nelle prossime ore. Il passaggio in Cdm, scrive l’Ansa, ha assunto un carattere del tutto politico nell’esecutivo in virtù della sensibilità del dossier.

Nessun ministro o ministra – Pd, Movimento 5 Stelle, LeU, Italia Viva – si sarebbe opposto. È la società civile a mettersi di traverso: senza un passaggio parlamentare, Amnesty International, Rete della Pace e Rete italiana per il Disarmo si dicono pronte a portare la vendita delle due navi militari in procura.

Il nodo politico

Il nodo è certamente di politica estera e interna. Dopo la conferma iniziale, nei giorni scorsi, il titolare della Farnesina Luigi Di Maio aveva parzialmente ridimensionato l’operazione o almeno la tempistica, parlando di una vendita ancora da autorizzare delle fregate – che avrebbero, tra l’altro, dotazione Nato. Oggi, 12 giugno, non è solo Matteo Orfini a “protestare” dalle fila della minoranza dem.

A Montecitorio è il Movimento 5 Stelle a presentare un’interrogazione a risposta scritta al ministero degli Esteri presieduto dall’ex capo politico. La Relazione governativa annuale sull’export di armamenti, trasmessa al parlamento a maggio, «evidenzia che i dati della Relazione riportano che la tendenza degli ultimi anni è quella di un forte aumento dell’export di armamenti da parte del nostro Paese», scrivono i deputati grillini Paolo Lattanzio, Giorgio Trizzino, Rina De Lorenzo, Simona Suriano, Elisa Siragusa, Yana Chiara Ehm e Doriana Sarli. E tra gli 84 Paesi destinatari, quello col «maggior numero di autorizzazioni per nuove licenze» sarebbe proprio l’Egitto dove Regeni è stato torturato e ucciso, e dove il giovane studente Patrick Zaky è ancora recluso.

ANSA / Fabio Frustaci | Il murale di Laika a Roma, sul muro dell’ambasciata egiziana, con Giulio Regeni che abbraccia Patrick Zaky.

La vendita all’Egitto

«Se hanno dovuto decidere di fare un passaggio politico di questa natura vuol dire che considerano la vendita qualcosa di straordinario», commenta Francesco Vignarca, coordinatore nazionale di Rete italiana per il Disarmo. L’organizzazione, insieme ad Amnesty International Italia e Rete della Pace e Rete italiana per il Disarmo, ha lanciato in questi giorni l’appello #StopArmiEgitto e promette di essere pronta ad andare fino in fondo. Fino alla denuncia in procura.

«Il passaggio in Consiglio dei ministri configura una vendita di armamenti del tutto eccezionale per caratteristiche e modalità visto che si tratta di navi già costruite e destinate alla nostra Marina per il suo ammodernamento», spiegano le organizzazioni. Ora invece, «senza alcun piano d’investimento, con una alquanto dubbiosa procedura d’urgenza e in violazione di una legge nazionale, il governo decide di venderle all’Egitto, paese coinvolto in guerre e incapace di proteggere i diritti umani». Ancor più, allora, questa eccezionalità «impone il passaggio e il parere del Parlamento, come indica chiaramente la legge 185 del 1990 sull’export di armamenti». 

In caso contrario, spiega Vignarca, sono pronti ad andare in procura a denunciare. «Quando si intendono superare i principi e i criteri che regolano la materia, è necessario, secondo il comma 6 dell’articolo uno della legge, che le deliberazioni del Consiglio dei ministri siano adottate “previo parere delle Camere”», spiegano le organizzazioni. Che per questo chiedono «che tale passaggio parlamentare venga svolto al più presto, e fanno appello alle forze politiche e a tutti i deputati e senatori affinché lo richiedano con forza. E che in tale dibattito portino avanti posizioni conformi all’articolo 11 della Costituzione e al perimetro della legge 185/90». 

Il governo «è ancora in tempo», conclude Francesco Vignarca. «E può soprattutto fermare una vendita di armamenti che andrebbe a sostenere un Paese come l’Egitto responsabile di gravissime violazioni dei diritti umani e coinvolto in due guerre, in Libia e nello Yemen». Anche perché il paradosso è dietro l’angolo: «Il comando della missione Irini per sostenere l’embargo delle armi alla Libia è italiano», nota Vignarca. «Cosa faremo, ci vedremo costretti a fermare navi da noi stesse prodotte inizialmente per la nostra Marina quando l’Egitto, come sappiamo già fa, lo violerà?».

In copertina Marina Militare | La Fregata Europea Multi Missione (FREMM) Carlo Margottini della Marina Militare nel porto di Karachi in Pakistan

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