Basta un debito di 100 euro per essere dichiarato in default. Ecco la norma Ue che spaventa le imprese (e scatta tra poco)

Dal 1° gennaio 2021 cambieranno le regole per valutare i debitori. La preoccupazione di Confindustria e Confesercenti

Sostegno alle imprese e fiducia nella ripartenza, si è detto sperando nella ripresa post Coronavirus. E invece dal 1° gennaio 2021 (termine ultimo entro il quale le banche dovranno applicare le nuove regole) cambieranno i criteri per classificare in default le aziende che siano in debito anche di poche centinaia di euro.


Per le aziende piccole, basteranno appena cento euro per finire nella lista nera e rischiare di non poter disporre più dei propri beni per fare investimenti o indebitarsi ulteriormente con gli istituti di credito. La cosa è finita quasi del tutto fuori dal dibattito politico, anche se dopo una segnalazione di Affaritaliani, ne ha parlato Giorgia Meloni. Il governo al momento non se ne occupa, sebbene la preoccupazione tra esperti e associazioni di categoria stia montando.


Come cambiano le regole

Fino a oggi – si legge sul sito dell’Abi – era previsto che la banca dovesse classificare in default l’impresa che, per oltre 90 giorni consecutivi, fosse in arretrato di un pagamento “rilevante”, sulle scadenze previste nel finanziamento bancario.

Con le nuove norme europee, spiega l’Abi su una guida redatta con le principali associazioni di rappresentanza delle imprese, viene quantificato il concetto di «rilevanza». Per le aziende più strutturate, per arretrato rilevante si intenderà ora un ammontare superiore a 500 euro (relativo a uno o più finanziamenti) che rappresenti più dell’1% del totale delle esposizioni dell’impresa verso la banca. Per le persone fisiche e le piccole e medie imprese, con esposizioni nei confronti della stessa banca per un ammontare complessivamente inferiore a 1 milione di euro, l’importo è ridotto a 100 euro.

Delle nuove norme Abi ha dato conto sul suo sito già nel maggio 2019. L’obbligo di adozione per tutti, però, scatterà a gennaio 2021 e contemporaneamente è cresciuto il timore che, tanto più dopo la pandemia, questa stretta possa risultare fatale a molte imprese. Perché, insieme alla classificazione di default, scatta anche la segnalazione alla Centrale dei rischi, con conseguenti difficoltà future per gli imprenditori a ricevere ulteriori finanziamenti.

La guida sul default di Abi

L’allarme di Confindustria e Confesercenti

Da Confindustria spiegano a Open che sono state fatte già tante cose su questo tema, perché «si conosce da tempo, già da prima del Covid. Avevamo già risposto a suo tempo, nel 2015, alle consultazioni dell’Eba sul tema, contestandolo. È passata una versione leggermente migliorativa rispetto alle consultazioni, ma comunque ha una forma che non ci piace. Abbiamo fatto ogni tipo di comunicazione in proposito, anche con l’Abi, compresa una guida per le imprese. In questi mesi drammatici abbiamo chiesto la sospensione di questa definizione di default».

Per Confindustria la definizione di default va, quantomeno, rinviata per le banche che l’hanno già adottata. «Il pericolo non è in funzione della normativa che arriverà, il pericolo è già insito nella normativa vigente», spiega a Open il direttore generale di Confesercenti Giuseppe Capanna, allargando lo spettro di analisi.

«La normativa vigente – prosegue Capanna – prevede che alle imprese, per essere bancabili, venga attribuito un rating. Le modalità di attribuzione del rating sono più propriamente vicine all’impresa caratteristica del Nord Europa. Le nostre sono imprese scarsamente patrimonializzate e familiari».

«Non hanno capacità di respiro – continua Capanna -, una struttura interna in grado di poter governare un’evoluzione dal punto di vista tecnologico, finanziario, e quindi si approcciano con metodi piuttosto “rudimentali”. Nove volte su dieci, anche una piccola e media impresa solida, non risulta bancabile, perché il rating assegnatole non corrisponde a quello necessario per poter avere il finanziamento».

«Agli Stati generali abbiamo proposto una riforma per migliorare il finanziamento delle piccole e medie imprese», conclude Capanna, diversamente «le imprese che già sono in difficoltà inenarrabili avrebbero praticamente il colpo di grazia. Bisogna modificare alla radice il problema e rendere le Pmi bancabili».

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