TikTok lascia Hong Kong dopo la legge sulla sicurezza. Scatta la censura sui libri a scuola. La governatrice: «Conseguenze gravi per chi viola le regole»

«Avverto quei radicali di non tentare di violarla perché le conseguenze saranno molto gravi», ha detto la governatrice. Intanto, l’app del social network cinese ha sospeso le condivisioni a Hong Kong

La famosa app di condivisione TikTok, con sede in Cina, ha dichiarato ieri sera, 6 luglio,di star interrompendo il servizio a Hong Kong a causa dei «recenti eventi». La mossa di TikTok, di proprietà della ByteDance, arriva quando Facebook, Google e Twitter (con sede negli Usa) hanno bloccato le richieste del governo e della polizia di Hong Kong mosse per avere informazioni sugli utenti. Parallelamente, gli Stati Uniti stanno valutando di bandire le applicazioni dei social media cinesi – tra cui TikTok – come anticipato da Pompeo. L’app in questione è stato più volte accusato dai funzionari americani di essere una minaccia alla sicurezza nazionale, in linea con la politica anti-Pechino di Donald Trump.


La stretta dopo la legge sulla sicurezza

Sono passati 7 giorni dall’approvazione delle nuova legge sulla sicurezza nazionale varata a Hong Kong su imposizione di Pechino, e che prevede pene fino all’ergastolo per chi sarà accusato di sovversione, secessione, terrorismo e di collusione con le forze straniere. La governatrice di Carrie Lam ha difeso il provvedimento, dicendosi «certa» che sarà «d’aiuto a ripristinare fiducia e stabilità».


Nella conferenza stampa del martedì prima di riunire il suo gabinetto, Lam ha assicurato che la legge sarà «applicata con vigore. Avverto quei radicali (gli attivisti pro-democrazia, ndr) di non tentare di violarla o di attraversare la linea rossa perché le conseguenze previste sono molto gravi». «Diritti e autonomia – ha aggiunto – sono tutelati».

Spariscono i libri

Il governo di Hong Kong ha ordinato alle scuole di rimuovere i libri che potrebbero violare la legge sulla sicurezza imposta dalla Cina. Tra i primi a reagire è stato il capo della diplomazia americana Mike Pompeo, che ha denunciato ieri sera l’atto di «censura» cinese, definendolo «orwelliano». «Mentre l’inchiostro è ancora fresco sulla repressiva legge sulla sicurezza nazionale – ha detto Pompeo, che rappresenta il Paese attualmente più in conflitto aperto con la Cina – le autorità locali, in un atto orwelliano, hanno iniziato a rimuovere i libri critici al Partito comunista cinese (Pcc) dagli scaffali delle biblioteche, a vietare gli slogan politici e a chiedere alle scuole di imporre la censura».

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