Parte l’offensiva europea contro i paradisi fiscali. Ma la Corte di Giustizia Ue dà ragione a Apple sulle tasse

Linea dura della Commissione Ue sull’evasione fiscale. Presentato un nuovo pacchetto di misure

Nuova offensiva della Commissione europea contro l’evasione fiscale delle aziende in Europa. L’obiettivo è colpire quei Paesi che concedono non solo «misure preferenziali» ma che hanno in piedi «regimi fiscali che possono avere gli stessi effetti dannosi», togliendo gettito ai governi e quindi ai cittadini. La proposta che arriva da Bruxelles è quella di modificare il Codice di condotta della tassazione per le imprese, che finora ha regolato il concetto di “concorrenza fiscale equa” all’interno della Ue.


Obiettivo una «tassazione equa per riprendersi dalla crisi»

«Una tassazione equa è il trampolino di lancio che aiuterà l’economia a riprendersi dalla crisi – ha detto il commissario per l’Economia Paolo Gentiloni -. Dobbiamo rendere la vita più facile a cittadini e imprese onesti quando si tratta di pagare le tasse, e più difficile per truffatori e imbroglioni fiscali». La Commissione intende quindi agire per gradi.


Prima di tutto attraverso un piano d’azione «per una tassazione equa e semplice che sostenga la ripresa», che contiene 25 iniziative da attuare entro il 2024. «Per combattere evasione e frodi si è fatto molto ma il lavoro è lontano dall’essere completato: l’evasione fiscale internazionale degli individui in Ue ammonta a 46 miliardi di euro all’anno, quella delle imprese a 35 e le frodi sull’Iva transfrontaliera a 50 miliardi. È uno scandalo che non può più essere tollerato», ha detto Gentiloni.

Le misure sul tavolo

Tra le misure in programma c’è la riduzione degli ostacoli amministrativi per le imprese, attraverso una «semplificazione fiscale», che vada anche verso un sistema europeo dell’Iva. Altre misure prevedono di aiutare le autorità a condividere dati in modo efficiente per combattere frode ed evasione, oltre che rivedere la direttiva sulla cooperazione amministrativa per estendere le regole sulla trasparenza anche alle piattaforme digitali.

Gli Stati si scambieranno così automaticamente le informazioni sulle entrate generate dai venditori online, cosa che aiuterà non solo le autorità nazionali a identificare dove le tasse devono essere pagate, ma ridurrà anche il peso amministrativo delle imprese che non dovranno rispettare i diversi obblighi di reporting.

C’è poi la riforma del Codice di condotta per la tassazione delle imprese, per assicurare che possa effettivamente individuare e contrastare tutte le forme di concorrenza fiscale sleale e dannosa. Non è ancora una proposta legislativa, ma per ora solo una comunicazione su cui gli Stati potranno confrontarsi. 

Ma intanto arriva la doccia fredda su Apple

La presentazione del pacchetto di misure contro l’evasione arriva nello stesso momento in cui circola la notizia che la Corte di giustizia dell’Unione europea (CGUE) ha annullato la decisione della Commissione Ue sui “tax ruling” irlandesi a favore di Apple. «Il Tribunale annulla la decisione in questione perché la Commissione non è riuscita a dimostrare in modo giuridicamente adeguato l’esistenza di un vantaggio anticoncorrenziale ai sensi dell’Articolo 107», si legge nella sentenza. 

Secondo il Tribunale, «la Commissione ha sbagliato a dichiarare che la Apple ha avuto un vantaggio selettivo e quindi, per estensione, un aiuto di Stato». Bruxelles «ha concluso erroneamente» che le autorità fiscali irlandesi «hanno dato ad Apple un vantaggio selettivo», avendo consentito loro di non imputare alle loro filiali irlandesi i redditi ottenuti dalle vendite fuori dall’America.

Per il Tribunale quindi «la Commissione avrebbe dovuto dimostrare che il reddito rappresentava il valore delle attività realmente portate avanti dalle filiali irlandesi». Inoltre «la Commissione non è riuscita a dimostrare errori metodologici nel tax ruling contestato che avrebbe portato ad una riduzione dei profitti di Apple in Irlanda».

«Nonostante il Tribunale si rammarichi della natura incompleta e talvolta inconsistente del tax ruling contestato, i difetti individuati dalla Commissione non sono, da soli, sufficienti a provare l’esistenza di un vantaggio», scrive il Tribunale.

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