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Iran, la magistratura potrebbe far slittare l’esecuzione dei tre ventenni

Tutti under 30, i tre erano stati arrestati durante le proteste del novembre scorso contro il caro benzina e la crisi economica

Grazie a una campagna social che ha chiesto lo stop all’esecuzione, la magistratura iraniana potrebbe far slittare la pena dei tre giovani condannati a morte dopo essere stati arrestati in seguito alle proteste di novembre per il caro benzina. Per la prima volta i loro avvocati hanno infatti avuto accesso ai documenti e alle accuse formulate contro i loro clienti.

La campagna social

La conferma della pena ha scatenato un’ondata di proteste in tutto l’Iran. Gli appelli per bloccare l’esecuzione sono stati lanciati da migliaia di utenti grazie all’hashtag persiano «do not execute», ritwittato 5 milioni di volte, chiedendo anche una moratoria generalizzata delle esecuzioni nella Repubblica islamica, che negli ultimi giorni hanno visto una recrudescenza.

Diversi i personaggi pubblici che si sono uniti all’iniziativa, tra cui i registi Asghar Farhadi – due volte premio Oscar – e Tahmineh Milani e gli attori Mahnaz Afshar, Tarane Alidousti e Navid Mohammadzadeh. Secondo il sito di monitoraggio Netblocks, l’accesso a internet in Iran è stato rallentato la scorsa notte durante il picco della protesta.

La condanna

Martedì la Corte Suprema dell’Iran aveva confermato la condanna a morte per tre cittadini iraniani. Saeed Tamjidi, 26 anni, Mohammad Rajabi, 28, e Amirhossein Moradi, 26, erano stati arrestati durante le proteste del novembre scorso contro il caro benzina e la profonda crisi economica che ha investito il Paese in seguito delle sanzioni americane. Le confessioni – hanno riferito i loro avvocati – sono state estorte in condizioni aberranti. I gruppi per i diritti umani hanno stimato che durante quelle proteste almeno 300 manifestanti sono stati uccisi e altri 7000 arrestati.

Rajabi e Tamjidi avevano chiesto asilo in Turchia e dopo aver trascorso alcune settimane in un campo profughi a fine dicembre sono stati espulsi. Dopo il processo – che si è chiuso a gennaio – i tre sono stati condannati tra le altre cose per rapina mano armata, sabotaggio e fuga illegale dal Paese. Mentre erano in detenzione, i tre giovani under 30 sarebbero stati anche picchiati, torturati con scosse elettriche e appesi a testa in giù per lunghi periodi di tempo.

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