L’aria condizionata favorisce i contagi di Coronavirus? Cosa dice il report dell’Iss sui rischi dell’ «effetto vento»

Il dibattito è ancora aperto, l’Istituto Superiore di Sanità parla di trascinamento delle gocce ma ribadisce l’efficacia del riciclo d’aria

L’aria condizionata favorisce i contagi di Covid-19? Una questione piuttosto dibattuta tra gli esperti, che nel pieno della stagione estiva continua a destare diversi dubbi. Il report dell’Istituto Superiore di Sanità aiuta a far chiarezza definendo le «modalità di contagio aerogeno mediato dagli impianti di climatizzazione e ventilazione».


Uno di questi modi è sicuramente il cosiddetto droplet. Goccioline di saliva che produciamo quando parliamo, tossiamo o facciamo uno starnuto. Le gocce più pesanti rimangono nell’aria per poco tempo, per poi depositarsi sulle superfici, automaticamente veicoli di contagio se in presenza di virus.


Il punto, per la questione condizionatori, starebbe invece nelle gocce di dimensioni più piccole, che evaporando rapidamente e creando un aerosol di nuclei residui, rimangono in sospensione nell’aria più a lungo. Il sospetto è che queste gocce più piccole possano, in condizioni di umidità e di scarso ricambio dell’aria, facilitare nuovi contagi.

Ma in che senso esattamente? A chiarire meglio la questione è Giovanni Rezza, a capo del dipartimento malattie infettive dell’Istituto Superiore di Sanità: «L’aria condizionata non trasmette il Covid19 ma può funzionare da vento per le goccioline». Il problema sarebbe dunque il cosiddetto “effetto vento”.

Il report dell’Iss, dedicato agli impianti di ventilazione e climatizzazione in luoghi chiusi (esclusi gli ospedali), parla di «velocità superiori a 2 metri al secondo che determinano il trascinamento di gocce, aumentando in modo significativo il rischio di sospensione di carica virale». Ma aggiunge anche che molto dipende da come si gestiscono impianti e ambienti.

L’immissione di aria esterna determina una diluizione dei patogeni, riducendo la carica virale media e quindi la probabilità di contagio, mentre il ricircolo può diventare fonte di rischio. «Qualora la ripresa dell’aria non avvenga nello stesso ambiente di immissione in modo bilanciato, può comportare la diffusione dei patogeni verso gli ambienti adiacenti».

La ventilazione è dunque uno dei criteri di utilizzo più efficace per evitare eventuali contagi. Sostituire cioè l’aria interna, eventualmente contaminata, con quella che arriva dall’esterno.

Il caso del ristorante in Cina

L’analisi dell’Istituto Superiore di Sanità si mostra dubbiosa sulla certezza di un ruolo importante dei condizionatori in fatto di facilitazione al contagio. Il caso delle possibili modalità di contagio tra gli ospiti di un ristorante a Guangzhou in Cina, in cui era presente una persona asintomatica che successivamente ha manifestato il virus, sembra alimentare i dubbi.

L’uomo aveva mangiato in un locale privo di finestre e dotato di un impianto di climatizzazione unico per l’intera sala. Gli studi hanno registrato che tra le 83 persone presenti nell’ambiente, tra ospiti e personale, quelli che si trovavano al di fuori dell’area interessata dal getto d’aria dell’impianto di climatizzazione sono risultate negative. Le conclusioni sono state che la diffusione sia avvenuta per effetto della diffusione di goccioline (droplet) dal soggetto infetto, senza trasmissione per aerosol.

Nonostante questo, vista l’evidenza di diffusione tramite aerosol di altri Coronavirus, come SARS-CoV e MERSCoV, gli studiosi continuano a «non ritenere nullo il rischio di tale ulteriori modalità di diffusione».

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