I timori dei medici di fronte a una possibile seconda ondata in Europa: «Siamo stanchi. Non abbiamo le forze per affrontare tutto di nuovo»
Con i casi di Coronavirus in aumento in tutta Europa e nuove preoccupazioni per una seconda ondata, i medici alzano bandiera bianca: il timore è di un ritorno a marzo, le terapie intensive stracolme, i pazienti che muoiono lontano dalle braccia dei propri famigliari. Un costo psico-fisico enorme anche per chi lavora negli ospedali: eroi, che però non vogliono essere martiri. Le testimonianze arrivano da molti Paesi d’Europa: il rischio, è quello di un burnout collettivo, con serie conseguenze per la tenuta dei sistemi sanitari nazionali.
Spagna
In Spagna i casi sono tornati ad aumentare vigorosamente nelle ultime settimane. «La situazione al momento non regge il confronto con come andavano le cose a marzo e aprile», racconta al Guardian Sara Gayoso, medico all’ospedale di El Escorial vicino Madrid in Spagna. «Ci occupiamo di pochi casi al giorno, alla maggior parte di loro è permesso tornare a casa, a meno che non siano molto anziani».
Ma l’idea di una seconda ondata è fonte di enorme preoccupazione. «Non voglio nemmeno pensarci», racconta. «Ovviamente dovremmo fare tutto il possibile, ma siamo ancora così stanchi che non so se avremmo la forza per affrontare tutto di nuovo. Se dovesse esserci un’altra ondata come quella, sarebbe una catastrofe». Sabato scorso un gruppo di 20 medici spagnoli ha scritto alla rivista The Lancet per chiedere un’inchiesta indipendente sul perché il sistema sanitario spagnolo – uno dei migliori al mondo – ha retto con difficoltà la prima ondata.
Regno Unito
A fine luglio l’associazione di medici britannici (BMA) si rivolgeva ai cittadini britannici per chiedere maggiore cautela. Il rischio, così recita il loro appello, è che il servizio nazionale di sanità non regga a una seconda ondata. A inizio agosto invece il giornale britannico The Telegraph riportava che i giorni di assenza tra personale medico erano aumentati di 165mila unità: un segno del costo psicologico dell’emergenza.
Un recente sondaggio condotto su 106 operatori sanitari di un centro cardiaco nel nord-ovest dell’Inghilterra, fatto per valutare il carico psicologico del Covid-19 sulla forza lavoro, ha rilevato che soltanto il 40% degli intervistati si sente “abbastanza” o “molto” preparato mentalmente a lavorare durante la pandemia e la maggioranza (81%) ha detto di aver paura di contrarre il Covid-19.
Inoltre, solo il 19% si è detto fiducioso che non avrebbe sofferto un burnout se la pandemia si fosse estesa nella seconda metà del 2020. Un dato che gli autori descrivono come «certamente preoccupante».
Francia
Anche in Francia, dove sono stati registrati ben 2.288 nuovi casi di Coronavirus nelle ultime 24 ore e 9.330 nell’ultima settimana, le paure sono le stesse. «Le cifre sono scese e ora stanno salendo, quindi è un’impennata. Il virus è ancora lì. Non possiamo tornare alla vita com’era prima come se nulla fosse accaduto», racconta al Guardian il dottor Serge Smadja, medico di base e segretario generale di SOS Médecins.
«Non vogliamo rivivere quello che abbiamo passato prima – continua Smadja -. Siamo in prima linea. Molti dei nostri medici sono stati infettati dal Covid-19. Avevamo una mancanza di attrezzature. Gli ospedali erano al loro limite di saturazione. Avevamo pazienti, nessun test e nessuna idea di cosa avremmo potuto fare». Attualmente i medici in Francia sono alle prese con un altro problema: non ci sono abbastanza operatori sanitari per fare i test – molti sono andati in vacanza – e la domanda sorpassa l’offerta.
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