L’impatto del lockdown sul clima è «trascurabile»: il riscaldamento globale si è ridotto di appena lo 0,01 °C – Lo studio

I dati sulla mobilità di Google e Apple sono serviti ai ricercatori per tracciare in tempo reale la posizione delle persone e individuare i livelli di trasporto, e quindi le emissione dei gas inquinanti

Durante i mesi di lockdown da Covid-19 era servito un cielo notturno più limpido e un animale selvatico trovato fuori dalla porta di casa a far riflettere su quanto, quel blocco forzato dalle attività antropiche, stesse facendo bene alla natura. Erano stati i dati della riduzione di Co2 nell’aria a farci anche immaginare che, da quel momento in poi, un mondo più rispettoso dell’ambiente sarebbe stato possibile.


Una presenza ingombrante quella dell’uomo che è riuscito a comprendere quanto fosse di troppo solo durante un’assenza forzata e inaspettata. Come molti temevano però, la maggior parte delle abitudini nocive per il pianeta sono ripartite insieme al resto del mondo. A questo proposito, la notizia ancora più determinante arriva dalla ricerca scientifica pubblicata su Nature Climate Change.


Il blocco delle attività ha prodotto certo un calo delle emissioni di carbonio ma, secondo gli scienziati guidati dal professor Piers Forster dell’università di Leeds, può definirsi del tutto «trascurabile» per l’impatto sulla crisi climatica. Un riscaldamento globale cioè ridotto di appena lo 0,01°C entro il 2030, che non porterà certo l’umanità al raggiungimento degli obiettivi sostenibili dell’Agenda Onu.

Questo perché, spiegano i ricercatori dello studio, «la CO2 è così persistente nell’atmosfera che le riduzioni delle emissioni a breve termine derivanti dai blocchi della pandemia sono state quasi irrilevanti per il riscaldamento». Non solo. Attraverso modelli computerizzati, il team di scienziati ha ipotizzato la proroga della situazione di lockdown fino alla fine del 2021, rilevando come anche un più duraturo periodo di fermo avrebbe prodotto una piccola riduzione.

E, per chi fa affidamento sugli scenari di recupero che i governanti prospettano per il futuro, gli studiosi hanno sottolineato che «se la ripresa rispecchia gli investimenti fatti dopo la crisi finanziaria del 2008, che includeva anche un importante sostegno ai combustibili fossili, la temperatura globale aumenterà di oltre 1,5 °C entro il 2050». Una prospettiva che oltre a disattendere gli accordi di Parigi del 2015 sul clima, comporterebbe danni diffusi in tutto il mondo.

I dati attraverso la mobilità di Google e Apple

Per valutare i cambiamenti nei livelli di trasporto, di lavoro in ufficio e fabbrica e quindi le emissioni di 10 diversi gas serra e inquinanti atmosferici, la ricerca ha utilizzato i dati sulla mobilità di Google e Apple, che tracciano la posizione delle persone. Numeri che hanno riguardato 123 Paesi, insieme responsabili del 99% delle emissioni di combustibili fossili. I ricercatori hanno scoperto che le emissioni globali di CO2 sono diminuite di oltre il 25% nell’aprile 2020 e gli ossidi di azoto (NO x) del 30%.

«Il recente accesso senza precedenti ai dati sulla mobilità globale da Google e Apple offre un’opportunità unica per confrontare le tendenze in molti paesi con un approccio coerente», scrivono i ricercatori nello studio, spiegando come il vantaggio, rispetto agli altri approcci, è la possibilità di «analisi in tempo reale, granularità nazionale e approccio sistematico coerente tra le nazioni e nel tempo». Tra gli svantaggi, la necessità di fare ipotesi sulla «connessione diretta tra energia utilizzata ed emissioni relazioni».

Confronto tra i Paesi sulla variazione media prevista delle emissioni di ossidi di azoto (NOX) per il periodo dal 1 ° gennaio all’ 11 maggio 2020. La dimensione del cerchio indica la massa di ossidi di azoto emessa ogni giorno per quel Paese. La linea blu mostra la linea di migliore adattamento

«Make or break»

Nel gergo inglese: «decidere le sorti». Fare e costruire o rompere definitivamente. Il bivio a cui gli scienziati pongono l’umanità è questo, soprattutto dopo esiti di studi come quello del prof.essor Forster. «Una forte ripresa verde che investe l’1,2% del PIL globale in tecnologie a basse emissioni di carbonio» spiega la ricerca, «e non supporta i salvataggi per le aziende di combustibili fossili, può ridurre il riscaldamento di 0,3° C».

Non basta dunque fermarsi o essere assenti dal mondo per migliorarlo, i cambiamenti radicali, spiegano gli scienziati, «riguardano l’intero sistema di produzione ed economico. Zero emissioni, trasporti verdi, edifici con energie rinnovabili, seppellendo definitivamente la CO2».

Foto copertina: Pierse Foster|riduzioni di CO2

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