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I furbetti del bonus, l’avvocato esperto di privacy: «L’Inps non ha motivo di occultare i nomi» – L’intervista

10 Agosto 2020 - 20:59 Valerio Berra
Per l'avvocato Gallus, interpellato da Open, le leggi sul tema sono chiare: «Per un ente pubblico è obbligatorio pubblicare la lista di chi riceve un contributo di almeno mille euro, senza una contropartita»

Lo avrebbero chiesto in cinque, lo avrebbero ottenuto in tre. Farebbero parte di Lega, Movimento 5 Stelle e Italia Viva. Tutti sarebbero stati eletti alla Camera dei Deputati. Giornalisti e lettori non vedono l’ora di togliere tutti questi condizionali dalla storia che in questi giorni sta infiammando le chat dei parlamentari. Al momento però solo l’Inps ha in mano la lista dei cinque parlamentari coinvolti in questo scandalo.

E allora: perché l’ente per la previdenza sociale non ha ancora rivelato chi nel mezzo della pandemia da Coronavirus, potendo contare su uno stipendio più che dignitoso, ha comunque richiesto il bonus? Privacy, si continua a dire. Eppure secondo il parere dell’avvocato esperto di privacy Giovanni Battista Gallus e secondo una delibera dell’Autorità nazionale anticorruzione (Anac), quei nomi potrebbero già essere noti a tutti.

L’avvocato Gallus: «Bisogna fare un accesso civico. E nel caso ricorrere al Tar»

Per Giovanni Battista Gallus le leggi su questo tema sono chiare: «Per un ente pubblico è obbligatorio pubblicare la lista di chi riceve un contributo di almeno mille euro, senza una contropartita. Ci sono però delle condizioni in cui non possono essere pubblicati dati identificativi: quando possono lasciar emergere dati di salute o situazioni di disagio economico sociale».

Se i parlamentari avessero richiesto sia il primo che il secondo bonus quindi non dovrebbe esserci nessun problema, visto che la somma dei due bonus arriverebbe a 1.600 euro. Il problema arriverebbe se i parlamentari avessero ricevuto soltanto il primo bonus, quello da 600 euro. In questo caso però la soluzione potrebbe essere un accesso generalizzato.

«Gli atti potrebbero essere negati se ci fosse un pregiudizio concreto. Ma in questo caso non ci sarebbe perché con la concessione di questo bonus non rivela né uno stato di salute, né un disagio economico o sociale». Oltre a questo la Corte costituzionale, in una sentenza recente, ha chiarito che occorre trovare un bilanciamento tra trasparenza e privacy.

«Visto il ruolo pubblico, una richiesta di accesso generalizzato in cui si chiedono i nomi dei parlamentari sarebbe legittima, farla per il mio vicino sarebbe solo voyeurismo». Discorso diverso invece per il conduttore televisivo che, secondo le prime rivelazioni, avrebbe chiesto il bonus: «Qui bisogna vedere. C’è da capire se si tratta di un personaggio pubblico o meno. Se lavorasse in Rai poi ci sarebbe qualche possibilità in più, visto che si tratterebbe di un’azienda pubblica».

La delibera dell’Anac del 2013

Fra i documenti a sostegno di queste tesi c’è anche la delibera di Anac del 2013. Di cui riportiamo il passaggio principale:

Per quanto attiene l’ambito oggettivo di applicazione, si rileva che l’art. 26, c. 2, impone la pubblicazione, nella sezione “Amministrazione trasparente”, sotto-sezione di primo livello “Sovvenzioni, contributi, sussidi, vantaggi economici”, degli atti di concessione di sovvenzioni, contributi, sussidi ed ausili finanziari alle imprese, e comunque di vantaggi economici di qualunque genere a persone ed enti pubblici e privati ai sensi dell’art. 12 della l. n. 241/1990, di importo superiore a mille euro. Tale pubblicazione costituisce condizione legale di efficacia del provvedimento concessorio.

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