Nessun tetto ma bastava un’autocertificazione per avere i soldi. Anche la Germania ha i suoi furbetti del Coronavirus

La Germania è stata tra i primi Paesi ad approvare un fondo di aiuti «senza precedenti». Ma anche lì non sono mancate le frodi allo Stato

In Italia ora sono nell’occhio del ciclone. Non si aspetta altro che conoscere i nomi dei cinque parlamentari che hanno chiesto il bonus da 600 euro – poi mille – riservato alle partite iva e pensato dal governo come aiuto durante l’emergenza Coronavirus. Cinque nomi (+1, considerando il conduttore tv) che si aggiungono alla lunga lista degli imprenditori che hanno sfruttato la cassa integrazione per risparmiare sui costi del lavoro.


Ma la truffa ai danni dello stato e dei cittadini non è una prerogativa tutta italiana: anche la Germania ha dovuto fare i conti con frodi dello stesso tipo. Proprio come quello italiano, anche il governo tedesco ha sostenuto imprese e liberi professionisti con aiuti finanziari durante la pandemia.


Negli ultimi mesi, però, sono migliaia le truffe su cui stanno indagando le autorità. Siti fasulli, attacchi phishing tramite e-mail, autocertificazioni truccate, riciclaggio di denaro: tutte tattiche messe in pratica da chi, nel Paese, ha cercato di trarre profitto dal sistema di welfare pensato per aiutare le categorie più in difficoltà.

Le condizioni della richiesta del bonus

Tra le discussioni che hanno più animato la polemica sulla gestione dei sussidi da parte del governo italiano, c’è stata la non condizionalità del reddito per fare richiesta. In Germania le cose sono state diverse solo in parte. I lavoratori autonomi e professionisti tedeschi hanno potuto ricevere un indennizzo una tantum di 5mila euro spalmati su un periodo di tre mesi (che si alza a 9mila o 15mila per le imprese con dipendenti) senza condizioni o limitazioni di reddito per richiedere il sussidio.

C’è una sola richiesta: il richiedente deve confermare di aver incontrato difficoltà economiche a causa della pandemia. Da qui, la valanga di autocertificazioni fasulle. Come si legge sul sito del Ministero delle Finanze, possono farne richiesta «lavoratori autonomi, liberi professionisti e piccole imprese, compresi gli agricoltori, con un massimo di 10 dipendenti (a tempo pieno) che sono economicamente attivi». In Italia, questo limite è scattato solo dopo aprile, ma non nei primi due mesi di emergenza: da maggio si richiede la certificazione di perdita di incassi di almeno il 33% rispetto all’anno precedente. Non nei mesi precedenti, però, e di qui lo scandalo che avrebbe coinvolto cinque parlamentari e un conduttore tv.

I numeri delle frodi

Stando agli aggiornamenti di luglio, in totale le autorità stanno indagando su «almeno» 5.100 casi sospetti. Situazioni che variano dal riciclaggio di denaro (i soldi venivano richiesti per aziende non esistenti o chiuse da tempo) alla falsificazione delle autocertificazioni e allo spionaggio dei dati – come riportato dall’agenzia di stampa tedesca DPA.

Nella Renania Settentrionale-Vestfalia, il sistema di aiuti è stato sospeso per una settimana ad aprile a seguito della scoperta di più di 100 siti falsi destinati alle truffe. Come riportato dal The world, a fine maggio c’erano ancora 18 siti falsi operativi in più della metà delle regioni tedesche.

Nello stesso periodo, stando sempre alla stampa locale, c’erano indagini aperte su almeno 2.200 casi sospetti. Numeri esatti sulle frodi ancora non si conoscono. Secondo le autorità tedesche si tratta di una situazione in continua evoluzione e cambiamento – il che rende gli investigatori cauti nel rivelare troppe informazioni. L’incertezza regna anche sull’ammontare del danno in denaro apportato allo Stato: secondo le prime stime, si tratterebbe di circa 22 milioni di euro pubblici. Proprio come in Italia, anche lì non sono ancora stati divulgati i nomi di tutti i responsabili.

I sussidi approvati in Germania

Il sistema di sussidi tedesco si chiama Corona-Soforthilfe-Zuschuss (sovvenzione per gli aiuti di emergenza per il Coronavirus), ed è stato pensato dal ministro delle Finanze tedesco Olaf Scholz – vicecancelliere di Angela Merkel, nonché candidato alla leadership del Partito Socialdemocratico Tedesco (Spd). La Germania è stata tra i primi e i più veloci paesi europei ad approvare un piano di aiuti, per evitare di affondare in quella che il ministro dell’Economia Peter Altmaier ha descritto come «la peggiore recessione del dopoguerra».

Il Corona-Soforthilfe-Zuschuss consiste in un fondo da 600 miliardi di euro destinato alle grandi aziende, in finanziamenti rapidi (e quasi a fondo perduto) fino a 500mila euro per le medie imprese, e in un fondo da 50 miliardi di euro indirizzato alle piccole realtà, ai lavoratori autonomi e ai liberi professionisti. Tutti gli aiuti sono a fondo perduto: come aveva detto lo stesso Scholz, «si tratta di sovvenzioni, non di prestiti».

La riforma è stata annunciata il 23 marzo scorso – sulla scia della rapidità d’intervento che la stessa Germania ha sempre chiesto all’Italia. La velocità con cui sono stati emanati i sussidi è variata di regione in regione (essendo la Germania una Repubblica Federale): per quanto riguarda l’area di Berlino, ad esempio, in alcuni casi i fondi sono arrivati ai richiedenti anche nel giro di 24-48 ore. Essendo gestito in maniera autonoma dai vari stati federali, comunque, la rapidità è cambiata nelle differenti aree del paese.

Un male comune sia agli italiani che ai tedeschi, dunque? Di sicuro è presto per tirare le somme su entrambi i sussidi, e non bastano gli abusi di alcuni per farsi un’opinione completa sul sistema di welfare tedesco – tra i più acclamati nel mondo. Allo stesso modo, il caso dei 5 parlamentari sembra – in percentuale – un risultato statisticamente troppo basso per puntare il dito contro un sussidio che è arrivato a tutti e nella maniera più veloce possibile (con tutti i limiti del caso). Anche – e soprattutto – grazie ai pochi vincoli stabiliti dal governo.

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