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Terapie intensive e nuova ondata: l’Italia è pronta a convivere con il Coronavirus negli ospedali?

Il governo punta a superare gli 8mila posti entro l'autunno, a fronte dei 9mila messi a disposizione in maniera emergenziale nella prima fase della pandemia. Ma il ruolo delle Regioni potrebbe essere cruciale

«Oggi siamo pronti. Lo siamo anche in termini di posti in terapia intensiva e gestione ospedaliera». Il viceministro alla Salute Pierpaolo Sileri non ha dubbi. A oggi, con in media 40/45 posti letto occupati per Covid-19 quotidianamente in Italia (con tutte le semplificazioni del caso), la situazione Coronavirus negli ospedali è pienamente sotto controllo.

I nuovi focolai non spaventano il ministero e, anche in vista di una seconda ondata, gli interventi sulla sanità avrebbero lasciato il peggio alle spalle. Eppure, ottimismi leciti a parte, molti restano i dubbi sul futuro dei ricoveri in vista dell’autunno. E la domanda sulle terapie intensive (oggi in crescita di +1, quota 46) torna a farsi strada.

Prima che l’emergenza sanitaria travolgesse le strutture ospedaliere a marzo di quest’anno, in Italia si contavano 5.179 posti letto di terapia intensiva tra pubblico e privato (dati del Ministero della Salute). Ad aprile, nel pieno picco della pandemia, i numeri dei posti hanno raggiunto quota 9mila: un aumento dovuto sia agli interventi straordinari di riconversione dei reparti, sia alle scelte drammatiche e obbligate dei medici di sacrificare altre patologie sull’altare del Coronavirus.

La soluzione d’emergenza adottata durante il ciclone, come da definizione, non sarebbe potuta durare per sempre. Conscio della necessità di un intervento aggiuntivo, il governo aveva stanziato a maggio – con il dl Rilancio – 3 miliardi e 250 milioni per la sanità, di cui 1,4 destinati all’incremento dei posti letto in terapia intensiva e sub intensiva (con un progetto di crescita di, rispettivamente, +3.443 e +4.213 unità).

Venerdì 7 agosto, il ministero della Salute ha dichiarato di aver raggiunto quota 6.570 posti letto disponibili: una cifra inferiore rispetto a quelli occupati nel picco della prima ondata, ma che mira a salire entro ottobre fino a 8.500. Il numero, inoltre, si riferisce solo agli interventi diretti sul Sistema Sanitario nazionale, e tralascia le eventuali aggiunte – temporanee o meno – delle Regioni. Lungi dall’avere una visione univoca, le varie giunte si sono mosse molto diversamente tra loro nel corso di questi mesi.

I numeri dei ricoveri

Come ormai noto, in Italia l’alert sulle terapie intensive scatta immediato quando i posti letto occupati superano il 30% del totale. Un indice di allarme è dato anche dal riempimento di oltre il 40% dei posti letto nelle aree mediche rilevanti – dove per aree mediche rilevanti si intendono Malattie Infettive e Tropicali (area 24), Medicina Generale (area 26) e Pneumologia (area 68). In pratica, per monitorare il rischio di sovraccarico bisogna tenere un occhio sia sui dati delle terapie intensive, sia su quelle dei ricoveri. Il punto zero, è, ovviamente, la curva dei contagi.

Come spiegato da Lorenzo Ruffino di YouTrend, attualmente il livello di occupazione delle terapie intensive in italia viaggia sotto l’1% – con un “picco” del 2,4% in Friuli Venezia Giulia. Per quanto riguarda i reparti rilevanti, i posti letto sono riempiti circa al 2%, con un picco massimo dell’8% registrato in Valle d’Aosta. Al momento, dunque, non pare esserci alcuna situazione d’emergenza dal punto di vista ospedaliero.

Parallelamente, i dati sulla curva epidemica in Italia non lasciano indifferenti: nelle ultime due settimane, l’andamento del trend dei contagi è stato crescente, fino ad arrivare a un picco di 552 nuovi casi raggiunti venerdì 7 agosto. Stando all’ultimo report dell’Istituto superiore di Sanità, inoltre, l’età media dei positivi sta pian piano riprendendo quota. «I dati usciti ieri – dice Ruffino – ci dicono chiaramente che ad ammalarsi non sono solo i giovani».

I punti interrogativi per l’autunno

Nonostante il numero contenuto di ricoveri in terapia intensiva, la situazione non è statica. Come nota Ruffino, nei reparti continuano a entrare e uscire pazienti legati alla Covid-19. Nei 7-8 giorni precedenti al 10 agosto sono state ricoverate circa 167 persone, e almeno 15 sono entrate in Terapia Intensiva. Una cifra «piuttosto bassa», che non ci restituisce una prospettiva chiara per l’autunno.

Quel che è certo, dice Ruffino, è che «quando si assiste a un aumento costante dei casi, dopo un po’ si assisterà anche all’aumento dei ricoveri e dei decessi». Gli Stati Uniti, ricorda, hanno raddoppiato il numero del persone ricoverate nel giro di un mese, e in Spagna, scossa dai cluster catalani e non, sono stati centinaia gli ingressi in ospedali nell’ultima settimana.

Accanto al punto interrogativo sulla prossima ondata resta l’incognita regioni: essendo la sanità lasciata alla gestione delle varie giunte, buona parte dell’organizzazione dipenderà dalla gestione territoriale. Per quanto riguarda l’ospedale in Fiera Milano, per esempio, attualmente al centro di un’indagine giudiziaria della Procura del capoluogo lombardo, dalla struttura fanno sapere che i 220 posti (circa) costruiti in “tempi record” tra marzo e aprile resteranno disponibili almeno fino alla prossima estate.

«I macchinari sono in funzione – spiegano a Open – e contiamo di rimanere a disposizione almeno fino al prossimo giugno». Nel conteggio effettuato dal ministero della Salute, i posti “straordinari” – e cioè non direttamente integrati nel Sistema sanitario nazionale – restano fuori. Il conteggio risulta, quindi, variabile. Su una base di 6.570 posti letto attualmente dichiarati, bisognerà poi aggiungere l’eventuale intervento delle Regioni. Non sempre, però, le giunte forniscono dati chiari e puntuali.

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