Conte favorisce il padre della compagna? Niente macchina del fango, aveva patteggiato e ha chiesto la revoca

Si torna a parlare della tassa di soggiorno non versata dal padre della compagna del presidente del Consiglio, ma non è un attacco infondato

Il 13 agosto 2020 alle ore 17:38 la giornalista Maria Giovanna Maglie pubblica un tweet in cui sostiene che il presidente del Consiglio Giuseppe Conte avrebbe aiutato il padre della compagna per i suoi problemi legali:

Hai un albergo 5stelle a Roma non versi i soldi della tassa di soggiorno,,ti tieni 2milioni,e’ #peculato,reato penale. Ma sei il padre della compagna di #Giuseppi,nell’ultimo decreto tra #266articoli una manina amica lo trasforma, da penale a solo sanzione.

Prima di procedere è bene leggere l’articolo de Il Giornale del 6 giugno 2019 per scoprire che Cesare Paladino, padre della compagna di Conte, aveva chiesto il patteggiamento. Attenzione però, è solo il punto di partenza di una storia più lunga.

Partiamo dalla richiesta leggendo quanto riportato nell’articolo dal titolo «Cesare Paladino padre della fidanzata del presidente Conte, patteggia per l’evasione della tassa di soggiorno»:

Ora, comunque, con la restituzione dell’ingente cifra e la richiesta di patteggiamento – che dovrebbe essere accordata senza intoppi – la vicenda dovrebbe essere definitivamente chiusa: già, perché la parola ultima spetta al gup, che deciderà nel mese di luglio se accettare il patteggiamento od optare per il rito ordinario con eventuale rinvio a giudizio o assoluzione dell’imputato.

Come è andata a finire con il Gup? Come riportato da Open, alla fine il patteggiamento è diventato realtà:

D’altra parte il papà della fidanzata del premier era già finito nelle maglie della magistratura penale per avere evaso circa 2 milioni di euro di tassa di soggiorno che l’Hotel Plaza aveva riscosso ma non girato come doveva alle casse del comune di Roma, e proprio il mese scorso aveva patteggiato una condanna di poco superiore a 1 anno e due mesi.

Finito tutto? No! Arriviamo al 2020 quando nel decreto Rilancio, all’articolo 180, viene toccato proprio il reato di peculato come riporta Il Sole 24 Ore:

Il Decreto Rilancio (D.L. n. 34/2020, convertito con la L. n. 77/2020), all’art. 180, comma 3, prevede, infatti, che sia sanzionata in sola via amministrativa la condotta del gestore della struttura ricettiva che ometta la dichiarazione o presenti una dichiarazione infedele in materia di imposta di soggiorno, ovvero ne ometta o ritardi il versamento, anche parzialmente.

Arriviamo, infine, a un articolo de Il Fatto Quotidiano, condiviso in un tweet del 13 agosto 2020 alle 16:32 e precedente a quello della Maglie, dove si apprende che Cesare Paladino avrebbe chiesto la revoca del patteggiamento:

Il padre della compagna di Giuseppe Conte, Cesare Paladino, gestore del Grand Hotel Plaza, ha chiesto la revoca della sentenza di patteggiamento a un anno e due mesi di carcere con l’accusa di peculato […] Secondo i suoi avvocati il decreto Rilancio, che ha depenalizzato quella condotta in illecito amministrativo, si applica anche retroattivamente.

I soldi? Il Fatto ricorda che erano stati dati da Paladino alle autorità con tanto di risarcimento danni:

Paladino lo scorso anno aveva restituito la somma dovuta al Comune, insieme a un risarcimento danni. Il pm Alberto Pioletti e il procuratore aggiunto Paolo Ielo, che gli avevano contestato il reato, avevano stimato le cifre trattenute illecitamente in circa 300mila euro nel 2014, oltre 500mila nel 2015, 2016 e 2017 e infine 88mila euro nel 2018.

Risulta utile sapere che quelle somme non le avrà indietro, mentre la richiesta di revoca potrebbe invece favorirlo a livello penale ritrovandosi la fedina pulita. L’ultima parola, però, spetta al giudice competente.

Conclusione

Il tweet di Maria Giovanna Maglie ricollega correttamente il caso di Paladino (già spiegato da Il Fatto) alla depenalizzazione presente nel decreto, soprattutto perché avrebbe presentato richiesta di revoca del patteggiamento. Risulta difficile parlare di macchina del fango a colpi di fake news da parte della Maglie nei confronti dei protagonisti della vicenda, Paladino e Conte, ma è bene chiarire per dovere di cronaca che alla fine di tutta questa storia i soldi contestati sono stati versati nelle casse dello Stato.

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