Caccia ai 3 mila potenziali “untori” passati dal Billionaire, ecco come le Asl setacciano i rientri dalle vacanze

Alle Asl di Roma e dintorni sarà presto fornito un test rapido in grado di restituire il risultato in meno di mezz’ora. In Romagna preoccupano di più le discoteche della propria Riviera

Il Coronavirus ha preso d’assedio la Sardegna, con particolare predilezione, pare, per la costa che affaccia sulla Penisola. E adesso che le vacanze sono finite, verso la terraferma si dirigono i turisti che hanno cercato lo svago sul tratto costiero della Gallura del Nord-Est. Con il rischio di innescare catene di contagio nelle città di provenienza. L’ultimo dei focolai in terra sarda si è acceso nella patria di Flavio Briatore: 59 dipendenti del suo locale, il celebre Billionaire, sono risultati positivi. Lo stesso imprenditore si trova ricoverato al San Raffaele di Milano. Ma il compito più difficile, adesso, è rintracciare gli oltre 3mila clienti che nella settimana di Ferragosto hanno visitato il club esclusivo.


Molti di loro potrebbero aver dato numeri di telefono falsi all’ingresso della discoteca e, nel frattempo, essere tornati a una vita normale. In tal caso, sarà impossibile rintracciarli e testarli. Mentre in Italia vige l’obbligo di tampone per i viaggiatori che rientrano da Grecia, Spagna, Malta e Croazia, per gli spostamenti interni il ministero della Salute non ha diramato nessuna direttiva specifica. Per chi deve ancora salpare dall’isola, Regione Lazio e Regione Sardegna sembrano vicine a un accordo che potrebbe essere esteso ad altre regioni: test rapidi all’imbarco e, in caso di positività, smistamento in comparti diversi dell’imbarcazione oppure su navi allestite appositamente per traghettare verso casa gli infetti.


Mentre i governatori Nicola Zingaretti e Christian Solinas definiscono l’accordo, coordinati dal ministro degli Affari regionali Francesco Boccia, le regioni si muovono autonomamente per limitare gli effetti del fatto che chi ha contratto il virus in Sardegna possa riprendere a circolare a cuor leggero nella propria regione. È il caso dello stesso Lazio che, nell’ultima settimana, ha visto gli incrementi più alti dei contagi dall’inizio della pandemia, ma anche dell’Emilia-Romagna che, contemporaneamente, deve affrontare il problema delle infezioni autoctone, causate dalla movida in Riviera. La Lombardia, per il momento, non ha attuato una strategia particolare per chi proviene dalla Sardegna: l’indicazione, valida per tutti i viaggiatori interni, è di contattare il medico di famiglia qualora si avvertano sintomi sospetti.

La strategia del Lazio

«Mediamente, il 50-60% dei contagi che stiamo registrando in queste settimane ha una storia legata alla Sardegna». A dirlo è Angelo Tanese, direttore generale della Asl Roma 1. «Importiamo più casi dall’isola italiana che dai quattro Paesi individuati dal ministero della Salute». L’Asl Roma 1 si rivolge a un milione e 100mila abitanti della Capitale ed è stata tra le prime in Italia, lo scorso aprile, ad allestire un drive-in per effettuare i tamponi. Nel presidio dell’ospedale Santa Maria della Pietà, dopo Ferragosto, i test da somministrare sono quadruplicati.

Direttore, come vi siete organizzati per la gestione dei flussi di rientro dalle vacanze?

«In seguito all’ordinanza del 12 agosto, per gli arrivi da Spagna, Malta, Grecia e Croazia i tamponi vengono fatti, principalmente, all’aeroporto o nei drive-in. Per questa tipologia di viaggiatori esiste l’obbligo di sottoporsi al test. Per chi arriva dalla Sardegna, invece, la ricerca del Sars-CoV-2 avviene su base volontaria. Gli sforzi maggiori, oltre a quelli organizzativi, riguardano la comunicazione: è importantissimo per chi è andato in vacanza in Costa Smeralda sottoporsi al tampone. Lo offriamo gratuitamente: basta presentare il documento di viaggio o una richiesta del medico di base direttamente al drive-in. In caso di positività, inizia il contact tracing e la presa in carico della persona infetta».

La risposta dei viaggiatori che arrivano dalla Sardegna è stata buona?

«Direi di sì: prima di Ferragosto al drive-in da noi gestito eseguivamo una media di 200 tamponi al giorno. Adesso i numeri sono quadruplicati. Erano già aumentati con l’ordinanza del ministero per i quattro Paesi esteri, ma l’exploit è avvenuto dopo il 21 agosto: poiché i casi dalla Sardegna sono aumentati, la Regione ha previsto la possibilità di effettuare il tampone gratuitamente. E i test somministrati giornalmente sono quadruplicati. Lunedì, 24 agosto, ne abbiamo effettuati 915, ieri 814. Presso la struttura di Santa Maria della Pietà abbiamo aggiunto altre due postazioni di drive-in. In questo momento tutte le persone che ritornano dalla Sardegna tendono a fare il tampone, diventa una sicurezza per loro e per le famiglie».

Cosa succede se una persona risulta positiva?

«In caso di positività riusciamo a dare la risposta al paziente nell’arco di 24 ore: la velocità è indispensabile, perché dobbiamo procedere all’isolamento e rintracciare subito i contatti stretti del soggetto. In questi giorni il numero di casi positivi è ritornato alla situazione di qualche mese fa e la causa non può che essere il rientro dalle vacanze. Solo che, adesso, il contagio riguarda prevalentemente i giovani: l’età media dei casi è scesa sotto i 30 anni. A volte, anche se si tratta di ragazzi, compaiono i sintomi, ma restano pochi i casi per cui dobbiamo ricorrere al ricovero ospedalieri. Direi che il 95% dei casi è gestito a domicilio».

State pensando a un’altra strategia per rintracciare il prima possibile i casi di rientro?

«Questa è un’assoluta novità: stiamo per introdurre una forma di screening rapido. È un test di natura molecolare, diverso dal tampone, simile a quello che si usa per la gravidanza e che si colora grazie a un reagente. È in grado di dare una risposta circa la presenza del virus in meno di mezz’ora. Ci consente di mettere in piedi uno screening molto veloce. Comodo perché chi arriva nei porti, negli aeroporti e nelle stazioni può farlo subito. Inoltre alleggerisce la pressione che abbiamo sui laboratori di analisi: il test viene processato direttamente sul luogo della sua somministrazione, mentre tutti i tamponi devono essere trasportati per forza nei laboratori. Anche nei drive-in introdurremo questo test rapido: chi risulterà positivo sarà poi sottoposto alla conferma del tampone».

La strategia della Romagna

Per chi proviene da Spagna, Grecia, Croazia e Malta l’Emilia-Romagna offre tre possibilità: o presentare l’esito di un tampone negativo fatto non oltre 72 ore dal rientro in Italia, o sottoporsi al tampone all’arrivo in porto o in aeroporto, oppure segnalarsi alla Ausl di competenza che indicherà il giorno e l’ora del test, da svolgersi entro 48 ore. «Per i rientri dalla Sardegna, invece, non abbiamo ancora un’indicazione. Ma il problema più grosso è causato proprio dalle nostre discoteche». Lo dicono a Open dalla Ausl Romagna 1, competente per l’altra zona d’eccellenza per la movida estiva, quella della Riviera romagnola.

Come mai non avete scelto di non adottare un protocollo particolare per chi arriva dalla Sardegna?

«Perché i casi positivi di viaggiatori che arrivano da quella regione ci sono, ma sono minoritari rispetto ad altre positività che abbiamo riscontrato su altre categorie di persone. L’obbligo di comunicazione alle aziende sanitarie competenti esiste solo per i quattro Paesi esteri indicati dal ministero. Ad ogni modo, chiunque avvertisse dei sintomi può effettuare un tampone: in Romagna, nel 90% dei casi, avviene nelle tende o in strutture che utilizzano il metodo del drive-in, per evitare il più possibile contatti con operatori e altri pazienti».

Quali sono le altre categorie di persone a cui faceva riferimento?

«Per badanti e colf che arrivano in Emilia-Romagna dalla Bulgaria e dalla Romania c’è l’obbligo di auto-dichiarare l’ingresso in regione. Dopodiché, le Ausl competenti contattano questi assistenti alla persona e concordano la data per un tampone da effettuare subito, e un secondo tampone che può essere effettuato o nel periodo compreso tra il settimo e il decimo giorno o alla fine del periodo di isolamento. Addirittura, se al primo tampone la persona risulta positiva e non può essere isolata nella sua abitazione per i più svariati motivi, la Regione fornisce a proprio carico un alloggio in una struttura alberghiera convenzionata».

La movida in Sardegna, quindi, non ha causato gli stessi problemi che sta riscontrando pe esempio il Lazio?

«Direi che la maggiore preoccupazione al momento è data dalla movida della nostra Riviera. Ci siamo resi conto, qualche giorno fa, che il numero di casi positivi stava aumentando in una fascia d’età bassissima: tra i 16 e i 20 anni. Molti di loro erano stati alla stessa serata di Ferragosto a una discoteca di Cervia. Questa situazione, con ogni probabilità, è comune a gran parte dei ragazzi che non hanno osservato il distanziamento nei club della nostra costa adriatica, durante le vacanze estive. Se andassimo a effettuare tamponi a tappeto su tutti gli under 20 che sono andati in vacanza in Riviera, troveremmo moltissimi casi positivi e asintomatici».

Non temete che questi giovani contagiati possano portare il virus nelle strutture dove la popolazione è più debole, gli ospedali ad esempio?

«Tutte le strutture in Romagna, e fa parte della nostra strategia di preparazione alla ripresa della mobilità scolastica e lavorativa di settembre, sono dotate di steward davanti a tutti gli ingressi. Gli addetti ti fermano, fanno la misurazione della temperatura corporea e fanno molte domande per indirizzare la persone direttamente nel posto giusto dell’ospedale. Una volta entrati nel reparto, bisogna consegnare un foglio in cui si racconta tutta la propria storia recente in relazione al Covid».

Quale altra soluzione state per adottare al fine di evitare una seconda ondata di contagi come accaduto la scorsa primavera?

«La Romagna si produrrà da sola, a partire da ottobre, dei test rapidi per la ricerca dell’antigene: riforniremo tutti gli ospedali della regione. Il laboratorio di microbiologia di Pievesestina è vicino a completare le ultime fasi prima della produzione di massa. È un’iniziativa unica in Italia alla quale stanno collaborando l’Unità operativa di microbiologia della Ausl di Romagna, l’Istituto ortopedico Rizzoli, il Sant’Orsola di Bologna e lo Spallanzani di Roma, coordinati dal professor Vittorio Sandri. Arriveremo a produrci da soli un test in grado di fornire in 10-12 minuti l’esito per la positività al Covid. Se il tampone, per il sistema sanitario, ha un costo che si aggira tra i 15 e i 20 euro, questo test ne costa circa 10. Una quantità pressoché illimitata di test rapidi ci consentirà di individuare e isolare prima i casi positivi».

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