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Il vertice di oggi tra Europa e Cina e il rischio di chiudere il trattato bilaterale sugli investimenti

14 Settembre 2020 - 07:48 Federico Bosco
E' dal 2013 che l'Ue negozia con la Cina per ottenere l'accesso ai settori delle telecomunicazioni, della tecnologia dell'informazione e della comunicazione, della sanità, dei servizi finanziari e della produzione

In uno degli ultimi report la Corte dei conti europea ha identificato 18 rischi per l’Unione europea provenienti dalla strategia cinese di investimenti guidati dallo Stato. L’elenco è il primo nel suo genere, individua rischi di natura politica, economica, sociale, giuridica e ambientale; sottolineando il rischio che gli Stati membri accumulino un debito eccessivo nei confronti della Cina o che le imprese siano costrette a trasferire tecnologie ai cinesi. L’elemento più importante però è che il documento individua esplicitamente le questioni strategiche poste dal progetto cinese della Nuova via della seta, e questo rappresenta un vero punto di svolta.

Se la Nuova via della seta diventa un problema

L’Ue negli ultimi tempi stava già adottando un atteggiamento più duro nei confronti della Cina, al punto di identificarla come rivale sistemico. Prima d’ora però non si era mai indirizzata l’attenzione sulle opacità dei progetti legati alla Nuova via della seta, il che mette in dubbio l’intero accordo Ue-Cina sugli investimenti. Il report della Corte, pubblicato il 10 settembre, ha un tono schietto e sincero. Elenca i principali rischi politici, tra cui la proprietà cinese di risorse strategiche e infrastrutture nazionali, nonché minacce all’unità e coesione dell’Ue derivanti da iniziative come il formato di cooperazione 17+1 con i paesi dell’Europa orientale (dove loro sono i 17 e il +1 è la Cina), che servono a Pechino per aggirare le dinamiche dell’Unione. I progetti della Nuova via della seta vengono segnalati anche come un rischio per il Green Deal europeo, mettendo nero su bianco che, mentre i funzionari cinesi hanno pubblicamente promesso il loro sostegno alla cooperazione verde, all’atto pratico la Cina in Europa continua a perseguire progetti altamente inquinanti come le centrali a carbone.

Il vertice Ue-Cina di oggi

Il rapporto è stato pubblicato in tempo per il vertice in videoconferenza programmato per oggi 14 settembre tra la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, il presidente del Consiglio europeo Charles Michel, la cancelliera tedesca Angela Merkel e il presidente cinese Xi Jinping. L’ultima volta (il 22 giugno) non andò molto bene, non ci fu una conferenza stampa congiunta e l’Ue non ottenne da Pechino nessuna garanzia su questioni di rispetto dei diritti umani che includevano la repressione nello Xinjiang, in Tibet, e a Hong Kong. Questa volta potrebbe andare anche peggio. Il vertice di oggi potrebbe essere l’ultimo chiodo sulla bara del trattato bilaterale sugli investimenti. E’ dal 2013 che l’Ue negozia con la Cina per ottenere l’accesso ai settori delle telecomunicazioni, della tecnologia dell’informazione e della comunicazione, della sanità, dei servizi finanziari e della produzione. Dopo l’ultimo round di colloqui nell’aprile 2019, la scadenza è stata fissata per la fine del 2020. La Camera di commercio europea in Cina ha affermato che, dopo 30 round di dolorosi negoziati, nell’aria c’è una sensazione di «ora o mai più».

Rapporti diplomatici sempre più freddi

A inizio settembre il tour europeo del ministro degli esteri cinese, Wang Yi, non ha avuto il successo sperato. Wang è stato in Italia, Paesi Bassi, Norvegia, Francia e Germania ma l’accoglienza è stata piuttosto fredda, indicando che i paesi dell’Ue stanno giocoforza diventando più uniti nell’adottare una posizione di diffidenza nei confronti della Cina. In tutti i suoi incontri Wang ha criticato la postura da nuova guerra fredda adottata dagli Stati Uniti, e fatto appello al multilateralismo. Tuttavia, ogni ministro degli esteri europeo (compreso quello italiano) ha espresso critiche inequivocabili sul rispetto dei diritti umani in Cina, in particolare il tedesco Heiko Maas.

La svolta indo-pacifica della Germania, e dell’Europa

Inoltre, immediatamente dopo la partenza di Wang, la Germania ha adottato ufficialmente la dottrina strategica dell’Indo-Pacifico, dichiarando che l’Occidente politico è anche in Oriente e che la libertà di navigazione nella regione è una priorità della politica di Berlino. Il concetto di Indo-Pacifico è l’evoluzione del pensiero geopolitico degli Stati Uniti nella regione, un concetto che entra in diretto conflitto con l’idea cinese di Nuova via della seta. La decisione tedesca è significativa e si allinea a quella della Francia, che nell’Oceano Indiano e Pacifico ha anche basi militari, segnando l’inizio di un percorso che metterà in campo una strategia europea molto meno ambigua e conciliante rispetto al passato. Non è una svolta dai toni bellici, l’Ue vuole mantenere floride relazioni commerciali con la Cina, ma senza che esse diventino strumento di influenza politica o che pongano questioni di sicurezza nazionale. La pandemia da Coronavirus ha messo di colpo in luce la vulnerabilità delle catene globali del valore, e che avere il pieno controllo sulla produzione di asset critici (in campo sanitario, ma non solo) è una questione che va oltre l’economia.

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