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Negata la prima richiesta di suicidio assistito in Italia. Ecco la lettera dell’Asl con le motivazioni

Per l’associazione Luca Coscioni, che avvierà un’azione legale contro l’azienda sanitaria, nel 2019 la Consulta aveva stabilito «dei passaggi specifici» per fare la richiesta tramite il Ssn

Quando nel settembre del 2019 la Consulta si era espressa sul caso di Marco Cappato, l’attivista dell’Associazione Luca Coscioni che aveva aiutato dj Fabo a suicidarsi in una clinica in Svizzera, dichiarando che era legittimo «a determinate condizioni» agevolare «l’esecuzione del proposito di suicidio», Cappato aveva dichiarato «da oggi siamo tutti più liberi». A distanza di un anno però, questa libertà risulta ancora incompleta. Per la prima volta da allora, come riferisce l’associazione Coscioni, una richiesta di suicidio assistito è stato è stata respinta da un Asl all’interno del territorio italiano.

La richiesta bocciata dall’Asl

A farne richiesta è stato un uomo di 42 anni. Proprio come Fabio Antoniani (dj Fabo), è rimasto tetraplegico in seguito a un incidente stradale che ha portato alla frattura della colonna vertebrale e lo ha lasciato in coma. Uscito dal coma dopo un mese, ha avuto un arresto cardiaco ed è stato costretto ad utilizzare un pacemaker. Attualmente non riesce a muoversi, a parlare, bere o a mangiare e dipende da trattamenti sanitari e di assistenza per fare tutto. Però, come previsto nella sentenza della Corte Costituzionale, è considerato pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli. Nonostante questo, a distanza di oltre un mese dalla sua richiesta, ha ricevuto una lettera dall’Asl che la bocciava. Nella lettera, ottenuta da Open si legge:

«Al momento, tuttavia, non risulta che il Parlamento abbia provveduto nel senso indicato dalla Corte Costituzionale, normando con il necessario rigore le condizioni che devono sussistere e le relative modalità di esecuzione da applicare una simile delicatissima e complessa fattispecie. Pertanto, questa Direzione ritiene che, allo stato attuale della normativa vigente, non sia possibile esprimere un parere favorevole alla Sua richiesta».

Il paziente «potrà comunque legittimamente avvalersi […] delle cd. “disposizioni anticipate del trattamento” che prevedono la rinuncia ai trattamenti sanitari necessari alla sopravvivenza del paziente a la garanzia dell’erogazione di una appropriata terapia del dolore». Questo vuol dire che potrebbe rifiutare i trattamenti sanitari e iniziare le cure palliative in attesa della morte: si tratterebbe però di una fine che arriverebbe dopo un percorso lungo ed incerto, proprio quello che il paziente vorrebbe evitare.

Per Filomena Gallo, avvocato e Segretario Nazionale dell’Associazione Luca Coscioni, che si prepara a dare battaglia e ad avviare un’azione legale contro l’azienda sanitaria, la Consulta aveva stabilito «dei passaggi specifici per tutti quei pazienti affetti da patologie irreversibili che in determinate condizioni, possono far richiesta di porre fine alla propria sofferenza, atraverso un iter tramite il Sistema sanitario nazionale». Sbagliato dunque appellarsi al vuoto normativo. Cappato parla di «gravissima violazione dei rapporti tra istituzioni» e dice di voler «chiedere risposte al Ministro Speranza, al segretario Zingaretti, al Presidente della Repubblica Mattarella, al Presidente Giuseppe Conte». Nel frattempo, la richiesta del paziente dovrà attendere.

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