Gender gap, Italia ancora ultima in Europa per divario occupazionale e reddito medio (quello delle donne è solo il 59,5% di quello degli uomini)

Nonostante i progressi, per il momento, sulla base dell’Eu Gender Equality Index il nostro Paese è ancora l’ultimo classifica a livello europeo sulle questioni di genere nel mondo del lavoro

L’italia è ancora agli ultimi posti in Europa sul fronte del divario di genere in ambito lavorativo. Nonostante gli sforzi degli ultimi anni per muovere dei passi in avanti, il reddito medio delle donne italiane resta di gran lunga inferiore rispetto a quello degli uomini e il gender pay gap è ancora lontano dall’essere colmato. Ecco perché le possibilità rappresentate dal Recovery plan appaiono come «un’occasione da non perdere» per intervenire, con «strumenti importanti» sul problema, a partire dalle leve di base essenziali per offrire pari opportunità a donne e uomini, come i servizi per la cura della persona e gli asili nido. A canalizzare l’impegno del governo in questa direzione precisa è la sottosegretaria all’Economia Cecilia Guerra che oggi ha illustrato alle Commissioni Bilancio di Senato e Camera la relazione sperimentale sul bilancio di genere 2019, messa a punto dal ministro dell’Economia e delle Finanze. In particolare, il reddito medio delle donne rappresenta circa il 59,5% di quello degli uomini a livello complessivo. Una marcata differenza che si riflette anche nel gettito fiscale con una minore aliquota media per le donne, con l’unica eccezione del più basso decimo di reddito. E non è solo una questione di stipendi, le diseguaglianze sono evidenti anche sul fronte occupazionale.


Se si analizza la partecipazione al mercato del lavoro delle donne, nella fascia di età 25-49 anni, si rileva un forte divario occupazionale (74,3%) tra le donne con figli in età prescolare e le donne senza figli, uno dei temi più seri di sempre per tutte le donne, che ha origine dalle difficoltà di conciliare vita professionale e vita privata. «Queste evidenze sulle disuguaglianze di genere nei redditi, quando non derivanti da vere e proprie discriminazioni sul mercato del lavoro a scapito delle donne – ha spiegato Guerra – sono in larga parte il riflesso della “specializzazione” di genere tra lavoro retribuito e non retribuito, in virtù della quale le donne più frequentemente accettano retribuzioni inferiori a fronte di vantaggi in termini di flessibilità e orari». Nonostante le difficoltà a colmare il gap occupazionale di genere e quello riferito alle pesanti differenze di reddito medio, l’Italia risulta essere il Paese che più si è impegnato in questo senso e che ha registrato i maggiori progressi nel periodo 2005-2017. Ma, per il momento, sulla base dell’Eu Gender Equality Index il nostro Paese è ancora l’ultimo classifica a livello europeo sulle questioni di genere nel mondo del lavoro. Per quanto riguarda gli asili nido, tra i mezzi più utili nel consentire alle donne di conciliare vita privata e vita lavorativa, «sono appena stati ripartiti tra le Regioni i 2 miliardi di fondi previsti dalla legge di stabilità dello scorso anno per il potenziamento delle infrastrutture – spiega Cecilia Guerra – costruzione e ristrutturazione degli edifici, mentre nella manovra di quest’anno è previsto un fondo strutturale di 100 milioni all’anno di spesa corrente a partire dal 2022 dedicato alla gestione degli asili nido».


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