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Restituito lo stipendio alla prof di Palermo sospesa per le critiche a Salvini: il giudice dichiara illegittima la sanzione

14 Dicembre 2020 - 18:55 Redazione
L’insegnante era stata accusata di non aver vigilato sugli studenti che avevano paragonato le leggi razziali al decreto sicurezza dell’allora titolare del Viminale

Le restituiranno anche i quindici giorni di stipendio non ricevuto a causa della sospensione. Il giudice del lavoro Fabio Civiletti, oggi 14 dicembre, ha dichiarato illegittima la sanzione disciplinare alla professoressa di Palermo Rosa Maria Dell’Aria. La storia, nella primavera del 2019 fece parecchio scalpore e finì per mobilitare insegnanti e studenti, spingendo l’allora ministro Matteo Salvini a incontrarla. L’insegnante dell’istituto tecnico industriale Vittorio Emanuele III, docente da 40 anni, era stata sospesa per due settimane con l’accusa di non aver vigilato sui suoi studenti che, in un elaborato per la Giornata della Memoria, avevano accostato le leggi razziali al decreto sicurezza dell’allora titolare del Viminale.

L’insegnante ci rimase malissimo, anche perché, come spiegò anche ad Open, non vedeva nella scelta degli studenti nessun attacco politico: «Pensate che la foto di Salvini è stata aggiunta all’ultimo minuto. Lo ribadisco, nessun lavoro contro il Ministro dell’Interno. Erano slide sui diritti umani, i ragazzi hanno espresso liberamente una loro opinione, ovvero che alcuni punti del decreto Sicurezza violerebbero dei diritti. Nessun paragone col Duce, col fascismo», ci raccontò.

Dopo la mobilitazione in suo favore, lo stesso Salvini incontrò l’insegnante e si disse favorevole al suo ritorno in classe, avvenuto dopo le due settimane di sospensione. Ora, però, il ricorso presentato dai legali Fabrizio La Rosa e Alessandro Luna è stato accolto anche se il tribunale ha deciso di respingere la richiesta di risarcimento danni per diecimila euro. «Il giudice ha riconosciuto tutte le ragioni del nostro ricorso – dice l’avvocato Luna – non solo la docente ha esercitato la libertà di insegnamento nel fornire il materiale didattico, ma non sussiste nemmeno la culpa in vigilando sull’operato dei suoi alunni, perché se avesse controllato il contenuto dei loro lavori avrebbe violato la loro libertà di pensiero tutelata dalla Costituzione».

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