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Coronavirus, il primario di Bergamo Lorini: «Dopo due anni le pandemie vanno via da sole. Lo insegna la storia»

23 Dicembre 2020 - 19:20 Redazione
Il capo delle terapie intensive dell’ospedale travolto dalla prima ondata dell’epidemia sarà tra i primi a vaccinarsi il prossimo 27 dicembre per dimostrare ai cittadini che è importante farlo

Luca Lorini è pronto per il vaccino che gli verrà somministrato il prossimo 27 dicembre, data ormai ribattezzata come V-Day, giorno in cui, per alcune categorie professionali come medici e infermieri, arriveranno in Italia le prime 9 mila dosi di farmaco contro il Coronavirus. Il direttore del dipartimento di emergenza, urgenza e area critica, cioè il capo delle terapie intensive dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo dice che su una questione del genere non bisognerebbe affatto indugiare. Vaccinarsi, spiega a la Repubblica, «è importante e vitale, e se facciamo le cose bene ci prepariamo a vivere finalmente momenti migliori di quelli che abbiamo vissuto».

La decisione è arrivata ieri mattina, 22 dicembre, durante una riunione. «C’erano venti vaccini per l’ospedale. Di comune accordo abbiamo individuato persone rappresentative, che sono state sul campo a curare i pazienti e che possono veicolare un messaggio. Non è elegante parlare in terza persona. Lo faccio solo per capirci: se i bergamaschi, dopo tutto quello che hanno visto e vissuto da febbraio a oggi, vedono che Lorini fa il vaccino, pensano: allora è bene che lo faccia anch’io».

Nessuno meglio di lui potrebbe fare dichiarazioni simili. A marzo, con la diffusione della prima ondata, ha lavorato sempre in prima linea. Quello che vedeva tra le corsie dell’ospedale era «qualcosa che ho realizzato e elaborato dopo. Mentre sei nel mare in tempesta e nuoti, cerchi di salvare tutta la gente intorno a te. Poi quando il mare torna calmo, capisci che cosa è successo. I morti, i sopravvissuti, la forza che ci hai messo. La seconda ondata è stata molto più debole».

Luca Lorini nel reparto di terapia intensiva

Per Lorini questo biennio, alla fine, rimarrà nella storia. «Come la febbre spagnola. Ma al netto di un dolore immenso a Bergamo qualche aspetto positivo resterà. Come ospedale abbiamo resistito a uno tsunami e la gente bergamasca si è dimostrata seria, dignitosa, forte. Siamo stati aggrediti alle porte dalle orde barbariche. Ma abbiamo retto».

Sul futuro non troppo remoto il primario assicura: «Avremo una grande popolazione di pazienti coperta. Tra quelli che hanno avuto il virus – che sono più dei 2 milioni di cui si parla – e i vaccinati, penso che metà del 2021 potremo viverla come nel periodo pre-Covid. Rimane, certo, l’incognita della capacità di variazione del virus. Ma di solito dopo due anni le grandi pandemie se ne vanno via da sole. Lo insegna la storia di 2 mila anni».

E a chi pone riserve sulla campagna vaccinale spiega: «Ho visto i dati dell’Iss. La seconda dose ha un’efficacia superiore al 90%. Se io oggi so che solo il 10 per cento si può infettare, vado tranquillo. Sono molto ottimista».

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