Fuga da WhatsApp. In 72 ore 25 milioni di utenti su Telegram. «Nessuno scambia la privacy per un servizio»

di Valerio Berra

Dopo l’annuncio della nuova informativa sulla privacy di WhatsApp sono in molti ad aver scelto di abbandonare la piattaforma di Mark Zuckerberg

L’8 febbraio le regole per la gestione della privacy su WhatsApp cambieranno. Le informazioni raccolte dall’app verranno automaticamente condivise anche con Facebook. Nessuna possibilità di scelta: o si accettano le nuove condizioni o non si potrà più usare l’app. A giudicare dai dati delle piattaforme rivali sono in molti ad aver scelto questa seconda via. Dal 6 al 10 gennaio Signal ha guadagnato circa 7,5 milioni di utenti in più. Il vero salto però è quello di Telegram che nelle ultime 72 ore ha visto crescere nei suoi server 25 milioni di utenti in più. L’informativa sulla privacy è stata imposta a tutti gli oltre 2 miliardi di utenti che hanno questa app installata nel proprio smartphone. A tutti tranne a quelli dell’Unione Europea (e del Regno Unito), come abbiamo già spiegato su Open.


Pavel Durov: «Siamo il più grande rifugio per chi cerca privacy e sicurezza»

I risultati dell’app sono stati scanditi in un comunicato da Pavel Durov, Ceo e creatore (insieme al fratello) della piattaforma: «Telegram ha superato i 500 milioni di utenti attivi. I nuovi utenti arrivano per il 38% dall’Asia, per il 27% dall’Europa, per il 21% dall’America Latina e per l’8% dal Nord Africa e Medio Oriente». Dato che la somma di queste percentuali arrivaa al 94%, non è chiaro quanti nuovi utenti provengano dagli Stati Uniti, dove il dibattito sul potere delle Big Tech si è infiammato dopo la campagna di ban scatenata contro Donald Trump e i suoi sostenitori.


Per Durov questi numeri segnano un nuovo corso nel modo in cui vengono visti i servizi offerti dalle aziende attraverso il web:

Le persone non vogliono più scambiare la loro privacy con servizi gratuiti. Non vogliono più essere tenuti in ostaggio da monopoli tecnologici che sembrano pensare di poter sfuggire a qualsiasi cosa visto che hanno raggiunto una massa critica di utenti». E ancora, riprendendo un altro comunicato del 2018: «Noi non pensiamo a Telegram come un’organizzazione o una app. Noi pensiamo a Telegram come un’idea.

Revenge Porn, violenza e truffe. L’altra faccia della privacy

È vero, sicuramente in questo momento Telegram è una delle piattaforme che forniscono più tutele alla protezione dei dati degli utenti. È possibile nascondere il proprio numero, scegliere un nome fasullo e addirittura (con qualche astuzia) avere un account senza legarlo a un numero di telefono reale. Un territorio del genere fa gola a molti, soprattutto a chi è interessato ad attività che in altre piattaforme porterebbero a una denuncia penale. Una su tutte, il revenge porn come svelato dall’ultimo report di Permesso Negato. E allora una domanda. Se non siamo più disposti a condividere i nostri dati, qual è il prezzo che siamo disposti a pagare per la nostra privacy?

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