La storia, smentita, del 35enne che chiude il suo studio di commercialista per diventare un rider felice
«Da commercialista a rider felice» titola un articolo pubblicato su La Stampa il 15 gennaio 2021, dove si racconta di un tale Emiliano Zappalà che avrebbe chiuso il suo studio di commercialista, a causa dell’emergenza sanitaria Covid19, per prendere letteralmente la strada del rider. Una storia di successo e positiva, ma qualcosa non quadra.
La fonte sarebbe un’intervista pubblicata da Il Messaggero lo stesso giorno, di cui però non si ha traccia nel sito. L’unico articolo, dal titolo «Covid e crisi, il disoccupato diventa fattorino: rider raddoppiati. Così chi ha perso il lavoro prova a rimettersi in pista», non riporta affatto il nome di Emiliano e di un presunto commercialista. Attraverso una ricerca troviamo però un salvataggio, quello fornito da Dagospia.
Come suo solito, Dagospia riprende fedelmente gli articoli che ritiene validi per il proprio sito e in questo caso la storia di Emiliano risulta ghiotta da proporre ai propri lettori. Ecco il testo dell’intervista:
Faceva il commercialista, ora consegna pranzi e cene a domicilio. «All’ inizio dello scorso anno ho chiuso lo studio che avevo avviato da poco, oggi guadagno in media più di duemila euro netti al mese e sto pure mettendo da parte i soldi per aprire un mutuo e comprare casa con la mia compagna. Insomma non mi posso lamentare».
Emiliano Zappalà, 35 anni, rider di Deliveroo da ormai quasi un anno, è uno dei tanti che a causa del virus si è dovuto reinventare per riuscire ad arrivare a fine mese e avverare i suoi sogni. E visto che il business delle consegne a domicilio era quello che gli offriva più garanzie sotto il profilo dei guadagni, non ha esitato un secondo nel 2020 a inforcare lo scooter e gettarsi in pista pure lui.
Quanti chilometri percorri al giorno?
«Un centinaio. Ieri per esempio ne ho fatti 110 in tutto. Senza contare quelli per tornare a casa»Quante ore lavori come rider?
«Una decina di ore al giorno, per sei giorni alla settimana. Ultimamente ho rallentato un pò però: mi è capitato per esempio di prendermi qualche sabato libero, un lusso che all’ inizio non mi concedevo tanto facilmente. Ora che fa molto freddo a volte smetto prima, verso le dieci di sera stacco e torno a casa»E quante consegne riesci a fare in una giornata lavorativa?
«Anche trenta, nei giorni migliori, che sono il sabato e la domenica. Altrimenti mi fermo a venticinque. Con gli uffici in smart working sono diminuite le consegne a pranzo durante la settimana, ma l’ aumento della domanda all’ ora di cena ha più che coperto il buco che si è venuto a creare».Soddisfatto?
«Sotto il profilo lavorativo, tutto considerato, il mio 2020 non è stato niente male, nonostante il Covid-19. C’ è molta gente che se la passa peggio di me in questo momento, anche tra quelli a cui porto la cena a casa la sera. Nel mio mese più produttivo sono arrivato a guadagnare quasi quattromila euro, una somma di tutto rispetto. Però in quel caso ho lavorato ventisei giorni nell’ arco del mese, per dieci ore al giorno. Non mi fermavo un attimo».Tornerai presto a fare il commercialista?
«Non penso proprio, prima di tutto perché non so quando tutto questo finirà e non riesco a fare progetti a lungo termine ora come ora. E poi perché sinceramente non è facile arrivare a guadagnare queste cifre con il lavoro che facevo primo: avevo aperto da poco, c’ era tutta una serie di spese fisse da affrontare, e i clienti che avevo si contavano sulle dita di una mano».E la fatica?
«Quando ti abitui a guadagnare duemila, ma anche tremila euro al mese quando gira tutto nel verso giusto, tornare a un lavoro sulla carta più gratificante professionalmente, ma meno redditizio, non è poi tanto facile. Il problema è che arrivati a un certo punto non si riesce più a fare a meno di questo lavoro».
Cercando il nome di Emiliano Zappalà negli elenchi dell’Albo dei Commercialisti non se ne trova traccia. Non si trovano annunci o riferimenti a uno studio di commercialisti, ma soprattutto di quale città? L’intervista non riporta affatto un luogo, potrebbe essere Milano come Roma o Cepletischis (provincia di Udine).
L’editore di SenzaFiltro Osvaldo Danzi, attraverso un post su Linkedin, interviene criticando gli articoli sul presunto commercialista:
Si chiamerebbe Emiliano Zappalà, il Covid gli ha fatto chiudere lo studio di commercialista, ma ora è un “rider felice” che guadagna fino a 4000 euro al mese. “Si chiamerebbe” perchè sui social non esiste e se si digita il suo nome in rete non viene fuori nulla.
Il sig. Zappalà non risulta iscritto all’albo dei Commercialisti (e per scrupolo nemmeno a quello dei Consulenti del Lavoro, casomai i giornali “a volte” avessero confuso le due professioni). Non voglio arrivare a credere che sia una figura di fantasia; forse, molto semplicemente non c’era nessun “studio da chiudere” e si tratta di un praticante.
La notizia, che sui social è diventata preda di chi ama condividere “storie di successo”, è stata pubblicata da La Stampa ed ha il sapore amaro di un favore offerto a chi deve rifarsi il trucco dopo la recente condanna del Tribunale di Bologna per l’utilizzo improprio dell’algoritmo con cui si gestiscono i riders, dopo la delegittimazione del CCNL da parte di tutte le sigle sindacali e dopo la notizia della morte di un rider di qualche giorno fa.
Proprio per questo, la parola “dignità” tanto abusata nell’articolo, dovrebbe riguardare più da vicino chi fa il mestiere del giornalista. E che a volte la dignità se l’è dimenticata.
Nei commenti interviene un certo Emanuele Zappala che, senza indugio, afferma di essere il rider dell’intervista riportando alcune doverose precisazioni:
Ci sono inesattezze, il rider sono io emanuele zappala età 37 anni, ho studiato ragioneria, sono stato tirocinante in uno studio commercialistico addetto alle buste paga. Ho anche altre esperienze lavorative, non sono passato direttamente dal commercialista al rider , sicuro al telefono ci siamo capiti male . Detto questo come detto mille volte , ho guadagni per dimostrare il tutto, e sono a disposizione di chiunque voglia fare una giornata di lavoro con me, al signor danzi L ho proposto mille volte , e ne approfitto per riproporlo. Saluti
Possiamo notare i vari interventi di Emanuele Zappala dal suo profilo Linkedin, tutti commenti di risposta alla vicenda raccontata o criticata sul social. Nel profilo stesso scopriamo che lavora per Deliveroo dal 2018, anno in cui non c’era affatto l’emergenza Covid19.
Cercando qualche riferimento su Emanuele Zappala scopriamo che non è affatto un nome nuovo. Il 16 settembre 2020 viene citato da Tgcal24.it in un articolo dal titolo «Lavoro, firmato primo contratto CCNL in Europa tra AssoDelivery e UGL per tutelare i rider». All’interno troviamo anche un video dove interviene proprio Emanuele:
Cercando il nome di Emanuele Zappala troviamo anche un argomentato articolo sul sito Thesubmarine.it, dal titolo «La strana storia del rider “commercialista” dalla parte delle aziende», dove vengono anche riportati alcuni calcoli in merito al presunto guadagno del rider riportato da Il Messaggero:
Ma è davvero possibile guadagnare tutti questi soldi facendo il rider? Per guadagnare “più di duemila euro netti al mese,” Zappalà — o chi per lui — dovrebbe lavorare un monte ore spropositato: ipotizzando un già solido pagamento per il settore di 7,5 € lordi all’ora, si traduce in 9 ore al giorno, tutti i giorni della settimana. Per arrivare ai fantomatici quattromila euro — sempre lordi, per giunta — bisogna lavorare quindi quasi 18 ore al giorno!
In merito ai guadagni lo stesso Emanuele Zappala risponde in alcuni commenti su Linkedin mostrando una schermata dell’applicazione che utilizza per lavoro, una schermata del 25 aprile (forse 2020).
Insomma, stando alle dichiarazioni del rider Emanuele Zappala, ci sarebbero state delle incomprensioni con il giornalista dell’intervista. Di certo, come sua stessa ammissione, non ha chiuso alcuno studio di commercialista e visto il suo profilo Linkedin non lavora come rider dal 2020.
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