Governo Draghi, la rabbia dei ribelli Cinquestelle: «Ci hanno umiliato, serve un nuovo voto su Rousseau o non gli accorderemo la fiducia»

Sul banco degli imputati ci sono Di Maio, Patuanelli e Crimi. E il senatore Dessì ha già deciso: mi è tutto chiaro, a questo governo io voto no

Non sarà certo un esecutivo gialloverde, ma il nuovo governo Draghi è riuscito ad accomunare Lega e M5s in una cosa: nel malumore dei loro segretari e militanti. Se in casa del Carroccio è Matteo Salvini ad essere insoddisfatto, tra i pentastellati i problemi sono ancora più grandi. Perché il nuovo corso del premier incaricato suona per il Movimento come un demansionamento. Il peso della maggioranza relativa dei 5 Stelle in Parlamento è contato poco se si guarda ai ministeri affidati agli esponenti del Movimento.


Dopo aver perso Giustizia e Istruzione, la sconfitta più grande è forse quella che riguarda il ministero dello Sviluppo economico, pezzo fondamentale del piano del Recovery, tolto a Stefano Patuanelli e assegnato addirittura al numero due della Lega, Giancarlo Giorgetti. Il movimento, tra i ministeri di peso, può contare solo sulla riconferma di Luigi Di Maio alla Farnesina. Dadone perde l’incarico alla Pubblica amministrazione, un ruolo certo più operativo, per passare alle Politiche giovanili. E la ministra per l’Innovazione Paola Pisano scompare.


E se ai rapporti con il Parlamento viene confermato Federico d’Incà – ministro senza portafoglio – l’altro colpo di grazia per i pentastellati arriva dalla nomina del sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Il de facto braccio destro di Mario Draghi sarà Roberto Garofoli, magistrato, e capogabinetto dell’ex ministro all’Economia Giovanni Tria, che i 5 Stelle presero di mira durante la loro battaglia contro i burocrati, portando poi nel 2019 alle sue dimissioni. E ora se lo ritrovano al governo, proprio a fare da anello di congiunzione tra Palazzo Chigi e le forze parlamentari.

I primi «no» alla fiducia

Insomma, per i Cinque Stelle è un all-in che non ha pagato. E per usare le parole di Alessandro Di Battista molti ritengono che non ne valesse la pena. Sul banco degli imputati, oltre al reggente Vito Crimi, ci sono ovviamente Luigi di Maio e Stefano Patuanelli. E intanto iniziano già a spuntare i primi dissidenti: «Stamattina è tutto molto chiaro e mi permette di poter affermare con sicurezza che voterò NO al governo Draghi. Ci sarà modo, fin dalle prossime ore, per discutere insieme sui motivi di questa scelta», ha annunciato su Facebook il senatore del M5s Emanuele Dessì. Un malumore espresso anche dal deputato cinque stelle Pino Cabras: «Quelli che si sono messi a 90 Draghi vanno spazzati via».

La richiesta di un nuovo voto su Rousseau

C’è chi, come la senatrice Barbara Lezzi, tira in ballo direttamente il voto su Rousseau: «La previsione del quesito posta nella consultazione dell’11/02/21 non ha trovato riscontro nella formazione del nuovo Governo. Non c’è il super-ministero che avrebbe dovuto prevedere la fusione tra il Mise e il Ministero dell’Ambiente oggetto del quesito. Chiediamo che venga immediatamente indetta nuova consultazione. E’ evidente che, in assenza di riscontro, al fine di rispettare la maggioranza degli iscritti, il voto alla fiducia deve essere No». Una richiesta che un gruppo di consiglieri comunali del M5S in Lombardia ha invece lanciato con una petizione su Change.org per «mettere ai voti su Rousseau la scelta di dare la fiducia a questo Governo, affinché vi sia il pieno consenso o meno da parte degli iscritti».

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