Effetto domino sovranista in Europa: che cosa succede se Viktor Orban entra nel gruppo di Giorgia Meloni

Dopo l’addio al Ppe, Viktor Orbán potrebbe entrare nell’Ecr di Giorgia Meloni e del PiS polacco. Per la leader di FdI però potrebbe anche essere un problema

Il primo ministro ungherese Viktor Orbán ha annunciato il ritiro degli eurodeputati del suo Fidesz dal Partito popolare europeo (Ppe), il gruppo dei principali partiti di centro-destra europei. La decisione del premier magiaro è una mossa d’anticipo, una reazione immediata per giocare d’anticipo dopo che Ppe ha approvato il nuovo regolamento che permette la sospensione definitiva di Fidesz. Nella missiva rivolta a Manfred Weber, leader del gruppo, Orbán scrive «gli emendamenti alle regole del gruppo sono chiaramente una mossa ostile contro Fidesz e i nostri elettori», e poi ha aggiunto: «I nostri eurodeputati continueranno a parlare per chi rappresentano, i nostri elettori, e difenderanno il miglior interesse del popolo ungherese». 


I rapporto di Orbán con il Ppe sono pessimi da anni, disaccordi sempre più imbarazzanti che hanno portato a dissidi insanabili in quello che nell’Unione europea è il gruppo politico della CDU/CSU tedesca di Angela Merkel. Le modifiche al regolamento sono state accolte con 148 voti favorevoli, 28 contrari e 4 astensioni. Secondo fonti del Ppe, i contrari sono gli esponenti dei partiti francesi, sloveni, ungheresi, croati e gli italiani di Forza Italia. Tuttavia, ci sono ancora delle cose da chiarire. Fonti del Ppe hanno detto che Fidesz non ha notificato alla segreteria l’intenzione di andarsene. Se gli ungheresi dovessero impuntarsi, ciò comporterebbe una situazione senza precedenti. Donald Tusk – membro del Ppe che si sta occupando della questione – ha detto che Fidesz è ancora soggetto al voto sull’espulsione, da tenersi non appena sarà possibile riunirsi di persona. 


Ancora più a destra, verso Giorgia Meloni

Orbán però ha già trovato dei nuovi (vecchi) amici, e tutto lascia pensare che sia pronto a raggiungerli molto presto. Secondo fonti interne e le indiscrezioni palesi, la prossima mossa di Fidesz è chiedere di entrare a far parte del Gruppo dei conservatori e riformisti europei (Ecr), partito a destra del Ppe, euroscettico, con 62 eurodeputati al Parlamento europeo. La presidente del gruppo è Giorgia Meloni. Nei comunicati stampa Ecr ha definito la decisione del Ppe «politicamente motivata, democraticamente indegna, una mossa chiaramente ostile nei confronti degli elettori ungheresi, non lasciando agli eurodeputati di Fidesz altra opzione che quella di lasciare il gruppo».

Il co-presidente di Ecr, Raffele Fitto, ha detto: «Tutto ciò è aggravato dalle loro rivendicazioni di “patenti” di democrazia, apparentemente assegnati a governi democraticamente legittimi, solo sulla base che gli piacciano o no». Teoricamente la delegazione ungherese potrebbero anche rimanere “libera” dai vincoli di gruppo finché lo desidera, ma questo limiterebbe lo spazio d’azione, e i diritti e i privilegi, degli europarlamentari. 

Viktor e Giorgia

In una lettera di domenica, Orbán ha già strizzato l’occhio all’Ecr rivolgendosi direttamente alla leader di Fratelli d’Italia, chiedendo una cooperazione tra i due partiti. Matteo Salvini, dal canto suo, mercoledì ha scritto a Orbán per ribadire «amicizia e vicinanza con il popolo ungherese», ma stavolta non è lui il protagonista della partita.

Nella lettera, Orbán dice: «Abbiamo bisogno di compagni di battaglia affidabili che abbiano una visione comune del mondo e diano risposte simili alle sfide dei nostri tempi. Mi auguro che la collaborazione tra Fidesz  e Fratelli d’Italia continui in futuro, e che potremo mantenere le nostre relazioni amichevoli basate sulla politica del buon senso, sui valori cristiani e conservatori»

Pro e contro

La mossa è stata vista da tutti come un’anticipazione dell’ingresso nel gruppo di cui fa parte il partito Legge e Giustizia (PiS) al governo in Polonia già alleato dell’Ungheria di Orbán. Con 24 seggi, il PiS è il membro principale dell’Ecr, seguito dai FdI con 6 seggi, dallo spagnolo Vox e dal ceco Civid con 4 seggi ciascuno, e altri partiti più piccoli. Con Fidesz, l’Ecr arriverebbe a 74 eurodeputati, superando i 73 dei Verdi e posizionandosi sotto ai 75 di Identità & Democrazia (ID), il gruppo della Lega. 

Il partito della Meloni però è destinato a crescere. Fratelli d’Italia sta beneficiando della decisione di Salvini di sostenere il governo di Mario Draghi. Tutto lascia pensare che la Meloni trarrà ancora più benefici dallo status di unica opposizione significativa in Italia, con la concreta possibilità in un futuro non tanto lontano di diventare leader del governo di centro-destra.

Ma ci sono anche delle controindicazioni. Orbán è un leader controverso, e se entrasse nell’Ecr, non lo farebbe certo per moderarsi. Fino adesso, quando i suoi comportamenti avevano eco in Italia, i suoi alleati politici nella penisola si rifugiavano in un comodo «ma Orban non è mica un fascista, in Europa è nel Ppe, il partito della Merkel». Questo non sarà più possibile. Inoltre, l’alleanza tra Polonia e Ungheria persegue un’agenda spesso in contrasto con gli interessi dell’Italia, e per l’aspirante leader del centro-destra e del prossimo governo potrebbe essere un problema.

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