L’Ungheria vieta le adozioni per le coppie omosessuali e il cambio di sesso. Per farlo modifica la Costituzione

Nell’emendamento alla Costituzione approvato martedì dal Parlamento ungherese il matrimonio viene limitato all’unione tra uomini e donne, una decisione che nei fatti limita anche le adozioni da parte delle coppie omosessuali

Dopo aver fatto cadere il veto sul budget europeo e incassata la proroga sul rispetto dello stato di diritto, l’Ungheria dei pieni poteri pandemici a Viktor Orbán è corsa a cambiare la propria Costituzione. A rimetterci saranno di nuovo i cittadini Lgbtq+, i cui diritti sono andati progressivamente diminuendo durante l’era Fidesz, il partito di Orbán, ma anche di Joseph Szajer, l’eurodeputato ungherese fermato mentre scappava da un’orgia di soli uomini in pieno lockdown a Bruxelles. Le riforme approvate martedì dal Parlamento ungherese – che entreranno in vigore nel 2023, dopo le prossime elezioni – non riguardano soltanto la comunità Lgbtq+. Innanzitutto, viene allentato il controllo sulla spesa pubblica, permettendo al governo di disporre del denaro pubblico (quindi anche delle risorse europee) con maggiore autonomia, al riparo dagli sguardi indiscreti dell’opposizione, della magistratura o dei media. Inoltre, tramite un emendamento alla Costituzione è stata abbassata la soglia richiesta per dichiarare lo stato di emergenza che porta con sé i famosi pieni poteri. Limitando il matrimonio all’unione tra un uomo e una donna, lo stesso emendamento impedirebbe alle coppie omosessuali di adottare bambini in Ungheria.


Visto che soltanto le coppie sposate potranno adottare, oltre a escludere le coppie omosessuali, l’emendamento potrebbe anche rendere più difficile l’adozione da parte dei genitori single. Ma non finisce qui. L’emendamento introduce nella Costituzione anche il concetto di genere, indicando il sesso di nascita come quello di appartenenza. Già a maggio di quest’anno il Parlamento ungherese aveva stabilito che a determinare il genere individuale doveva essere solo ed esclusivamente il sesso biologico basato sui cromosoni e i dati anatomici alla nascita, una decisione che era stata riassunta come il divieto da parte dei cittadini di cambiare il genere sui propri documenti, mandando in escandescenza le organizzazioni in difesa dei diritti Lgbtq+ che avevano accusato Orbán di usare l’epidemia per distogliere l’attenzione del pubblico dai temi fondamentali per far passare invece la propria agenda conservatrice.


«Un giorno buio per la comunità Lgbtq+ ungherese»

Se per Orbán si tratta di una misura che serve semplicemente a «rafforzare la protezione delle famiglie ungheresi e la sicurezza dei nostri bambini», anche questa volta non sono mancate le critiche di omofobia e transofobia. Il portavoce di Amnesty International in Ungheria, ha definito la giornata di martedì 15 dicembre «un giorno buio per la comunità Lgbtq+ ungherese e un giorno buio per i diritti umani». «Queste nuove leggi discriminatorie, omofobiche e transfobiche sono solo l’ultimo attacco alle persone Lgbtq+ da parte delle autorità ungheresi», ha aggiunto Vig. Masen David, direttore esecutivo dell’organizzazione per i diritti umani Transgender Europe, ha invitato invece la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen «a occuparsi dei diritti dei genitori Lgbtq+, del tentativo di cancellare i bambini di genere diverso e del divieto di riconoscimento legale del genere nella valutazione della legge e procedimento ex articolo 7 Tue in corso contro l’Ungheria». Intervenendo il 16 dicembre alla plenaria del Parlamento europeo, von der Leyen ha imboccato la strada del rigore. «Voglio ribadire il mio messaggio sul regolamento della condizionalità: il regolamento entra in vigore il primo gennaio 2021, inizierà il monitoraggio e non sfuggirà nulla a nessuno», ha dichiarato. «La musica cambia, chi sgarra ne risponderà, contate su di me».

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