Gli avvocati praticanti vincono la battaglia per l’Esame di Stato: niente scritti e doppio esame orale

Un esercito di 26 mila praticanti chiedeva da mesi di svolgere l’esame di abilitazione professionale. Ora la decisione della neo ministra Cartabia

Negli ultimi mesi gli avvocati praticanti hanno vissuto in un limbo. Da mesi il loro esame di abilitazione professionale veniva rimandato a data da destinarsi causa Covid. L’ex ministro della Giustizia Alfonso Bonafede si era impuntato: o scritto o niente. I praticanti chiedevano invece un orale abilitante. Il prima possibile. E oggi sono stati accontentati. La neo ministra della Giustizia Marta Cartabia lo aveva anticipato al Festival della Giustizia: la strada scelta era (ed è stata) quella di un doppio orale. Il primo volto a verificare le competenze normalmente testate dagli scritti, il secondo più simile alla prova tradizionale.


Soluzioni definite «di emergenza ma non meno selettive» che si sono rese necessarie dopo il no del Comitato tecnico scientifico agli scritti. Il Consiglio dei ministri, infatti, oggi 12 marzo, ha dato il via libera al decreto legge che autorizza la nuova modalità dell’esame di abilitazione professionale per gli avvocati italiani e che adesso attende solo la firma del Capo dello Stato.


Come funzionerà la prima prova orale

Entro la fine di aprile i 26 mila praticanti avvocati – già provati da prestazioni gratuite, rimborsi spese leggeri e poche tutele – conosceranno la data dei loro esami. Nello specifico si tratterà di due prove orali, nessuno scritto. Il candidato si presenterà nella sede d’esame, la commissione si collegherà da remoto. Per la prima prova orale l’aspirante avvocato dovrà presentare una sola materia, scelta dallo stesso candidato, tra le tre che dovevano essere verificate con gli scritti. Quindi diritto civile o diritto penale o diritto amministrativo.

Per ogni quesito, verranno preparate tre buste numerate e sigillate e, il candidato sceglierà la busta. In totale, il primo orale durerà un’ora dalla dettatura del quesito. Il candidato avrà mezz’ora per l’esame preliminare, mezz’ora poi per la discussione del caso pratico. Ed è su questi tempi – strettissimi rispetto alle 7 ore di esame scritto – che si stanno sollevando più critiche.

La seconda prova orale

In merito alla seconda prova, anche questa orale, che si terrà a non meno di 30 giorni di distanza dalla prima (troppo poco, forse, per prepararsi a un esame così imponente), si sa che sarà simile a quella tradizionale. In questo caso i candidati saranno chiamati a portare 5 materie: una tra diritto civile e diritto penale, una tra diritto processuale civile e diritto processuale penale, e tre tra diritto costituzionale, amministrativo, tributario, commerciale, diritto del lavoro, diritto dell’Unione europea, diritto internazionale privato, diritto ecclesiastico, oltre a ordinamento forense e diritti e doveri degli avvocati. Tra le materie scelte dal candidato, devono essere compresi il diritto civile e il diritto penale, materie già obbligatorie nelle prove scritte, se non già scelti per la prima prova orale.

Per Nello Mancuso di AIPAVV (Associazione italiana praticanti avvocati), però, la seconda prova, così come è stata pensata, non andrebbe affatto bene: «Perché un candidato che ha fatto pratica in diritto penale dovrà obbligatoriamente portare diritto civile e viceversa? In un momento storico in cui l’avvocatura richiede sempre di più una specializzazione, riteniamo sia opportuno che questo percorso debba iniziare già dall’esame di abilitazione». Insomma, bene l’orale ma non a queste condizioni.

Le perplessità del Consiglio nazionale forense

Perplessità sono state espresse dal Consiglio nazionale forense (Cnf) sulla prima prova relativamente all’«effettiva garanzia di equilibrio e parità di trattamento» nei confronti di chi affronterà il primo colloquio. Il Cnf, infatti, aveva chiesto che i quesiti del primo orale venissero «elaborati centralmente dal ministero stesso in modo da assicurare a tutti i candidati una condizione di omogeneità». Prima del Covid, gli esami di abilitazione professionale si tenevano una sola volta all’anno e consistevano in tre prove scritte e una orale.

In quella scritta i candidati erano chiamati a redigere un parere di diritto civile, uno di penale e un atto giudiziario a scelta tra civile, amministrativo e penale. Situazione analoga anche per gli aspiranti giornalisti la cui prova scritta è stata, ancora una volta, «rimandata a data da destinarsi». Era stata programmata per il 3 dicembre 2020, a Roma, ma al momento risulta sospesa in ottemperanza all’ultimo Dpcm.

Foto in copertina: ANSA/MATTEO BAZZI

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