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La Turchia esce dalla Convenzione di Istanbul contro la violenza sulle donne. Manifestazioni in piazza: «Non potrete cancellare in una notte anni di lotte»

Dura condanna da parte del Consiglio d'Europa: «Enorme passo indietro che compromette la protezione delle donne in Turchia e in Europa»

Migliaia di donne turche sono scese in piazza questo pomeriggio a Istanbul per protestare contro la decisione del governo di Recep Tayyip Erdogan di uscire dalla Convenzione di Istanbul contro la violenza sulle donne, firmata da 45 Paesi e dall’Unione Europea nel 2011 nella più grande città turca. Le manifestazioni più numerose si sono svolte a Kadiköy, la roccaforte laica sulla sponda asiatica della metropoli sul Bosforo, dove si sono dati appuntamento diversi movimenti femministi, Ong e partiti di opposizione.

«Non potrete cancellare in una notte anni di nostre lotte. Ritira la decisione, applica la Convenzione» è lo slogan delle manifestanti al sit-in organizzato la piattaforma indipendente Fermiamo i femminicidi, che da anni monitora in modo indipendente i casi di violenza contro le donne in Turchia. L’associazione ha stimato che lo scorso anno in Turchia sono state almeno 300 le donne uccise, per lo più da mariti, partner e familiari, mentre altre 171 sono morte in circostanze “sospette” e poco chiare.

Cosa prevede la Convenzione di Istanbul

L’ultima decisione di Ankara arriva in un momento in cui il governo è quotidianamente accusato e criticato di favorire in qualche modo la violenza contro le donne. Tante le manifestazioni – soppresse dalla polizia – avvenute nelle ultime settimane per denunciare i continui abusi subiti dalle donne, e dalla comunità Lgbtq+ in Turchia. Secondo le stime fornite dall’Organizzazione mondiale della Sanità, il 38% delle donne turche è stata vittima di violenze da parte del partner almeno una volta nella loro vita. Una percentuale che in Europa è del 25%.

La Convenzione di Istanbul era stata promossa dal Consiglio d’Europa per offrire una piattaforma che spingesse gli Stati a combattere la violenza contro le donne. In particolare, l’iniziativa obbligava i governi ad adottare una legislazione di contrasto contro la violenza domestica e gli abusi simili, come la violenza coniugale e le mutilazioni genitali femminili, e di protezione anche della comunità Lgbtq+. Secondo i conservatori il provvedimento minerebbe l’unità familiare, incoraggiando il divorzio e dando spazio alla comunità Lgbtq+ per essere maggiormente accettata nella società.

La reazione del Consiglio d’Europa

La decisione della Turchia «è un enorme passo indietro che compromette la protezione delle donne in Turchia, in Europa e anche oltre», ha dichiarato il segretario generale del Consiglio d’Europa, Marija Pejcinovic Buric, dopo l’annuncio di Ankara. Bruxelles ha osservato che la convenzione «è stata firmata da 34 Stati europei ed è considerata lo standard internazionale per la protezione delle donne dalla violenza che subiscono quotidianamente». Il Consiglio d’Europa, fa sapere un suo portavoce, non ha avuto alcun preavviso. Ma la Turchia non è il primo Paese a lasciare la convenzione. A luglio 2020 era stata la Polonia, guidata dal partito conservatore di diritto e giustizia (PiS) a scegliere di abbandonare l’accordo ratificato a Istanbul. Secondo l’esecutivo ultra-conservatore polacco, il documento conteneva «concetti ideologici» non condivisibili, tra cui quello sul sesso «socio-culturale» in opposizione al sesso «biologico».

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