Perché la variante «newyorkese» osservata in Italia non è considerata preoccupante

Il lignaggio B.1.526 proveniente dagli USA non rappresenta un ostacolo per i vaccini

Sono due i tamponi molecolari con cui i virologi degli Ospedali riuniti di Ancona hanno potuto certificare la presenza della variante Covid B.1.526, emersa per la prima volta in due studi ancora da revisionare (preprint). Proviene dagli Stati Uniti ed è meglio nota come newyorchese. Sono migliaia le varianti emerse che interessano una regione particolare della glicoproteina Spike (S), l’antigene del nuovo Coronavirus, ovvero il mezzo con cui il virus attacca le cellule e può a sua volta essere riconosciuto dagli anticorpi del nostro Sistema immunitario. 


In gran parte parliamo di «variants of interest» (VOI). Non ci preoccupano particolarmente, in quanto non sono emersi indizi significativi di una loro pericolosità. Quelle che suscitano maggiore preoccupazione, le «variants of concern» (VOI), sono tre:  B.1.1.7 (variante inglese); B.1.351 (un lignaggio della variante sudafricana chiamata «scozzese»); P.1 (variante brasiliana). Di queste la prima mostra maggiori indizi di una potenziale pericolosità, al netto del fatto che al momento, nessuna risulta mettere in significativa difficoltà i vaccini attualmente in distribuzione.


Cosa dicono gli studi preliminari

La variante newyorkese, per quanto presenti la mutazione «E484K» (che desta maggiori grattacapi) nella Spike (S), è da considerarsi VOI: abbiamo qualche ragione di pensare che sia potenzialmente in grado di evadere le difese immunitarie; molto poche di una maggiore pericolosità. Il lignaggio B.1.526 è apparso per la prima volta a New York nel novembre 2020. Negli Stati Uniti la variante risulterebbe già da febbraio in un quarto dei sequenziamenti depositati nel database GISAID, secondo quanto riporta il New York Times. I due studi preprint a cui si fa riferimento sono quello del Caltech e della Columbia University

Un notevole gruppo di sequenziamenti si è distinto nelle analisi dai lignaggi noti, portando i ricercatori a categorizzarli nella variante B.1.526, questa può presentarsi in due rami, a seconda della presenza o meno della mutazione «S477N». Assieme a E484K e N501Y, è tra le mutazioni da tenere maggiormente d’occhio, perché mostrerebbero maggiori indizi di una potenziale capacità di evadere le nostre difese. A New York, dove la variante sembrerebbe più diffusa, i pazienti che la presentavano erano mediamente in più anziani, con una storia di frequenti ricoveri ospedalieri. Guardando al resto degli USA i ricercatori osservano che B.1.526 appare più diffusa nel Nord-est del Paese.  

Foto di copertina: ANSA/STEFANO SACCHETTONI | Covid19: Ambulanze parcheggiate davanti al Pronto Soccorso degli Ospedali Riuniti di Ancona.

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