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Covid, varianti «preoccupanti» e «interessanti»: qual è la differenza e perché i vaccini funzionano lo stesso

12 Marzo 2021 - 07:33 Juanne Pili
La distinzione tra variants of concern e variants of interest. E le ragioni per cui non è ancora il caso di cadere nel panico

Tra le migliaia di varianti emerse del nuovo Coronavirus, solo alcune dozzine hanno un insieme di mutazioni che interessano la glicoproteina Spike (S), ovvero l’antigene che il virus utilizza per legarsi ai recettori delle cellule e così infettarle. Inoltre, si tratta anche del principale bersaglio del Sistema immunitario, che impara a riconoscere il virus sviluppando anticorpi specifici. Cambi di conformazione dell’antigene possono quindi comportare un SARS-CoV-2 più virulento o capace di evadere meglio le nostre difese immunitarie.

Tutte queste sono “variants of interest” (Voi), ovvero varianti potenzialmente interessanti, che solo in via teorica potrebbero avere conseguenze significative. Solo su tre di queste abbiamo indizi più concreti negli studi fatti in laboratorio: B.1.1.7 (variante inglese); B.1.351 (variante sudafricana); P.1 (variante brasiliana). Pertanto sono definite variants of concern (Voc) e in quanto tali ha senso che si spendano particolari energie per monitorarle e studiarle.

Le tre varianti più preoccupanti

Le mutazioni nel genoma virale che troviamo spesso associate alle Voc sono E484K e N501Y. È difficile capire ancora oggi se siano collegate causalmente con un rilevante incremento dei casi di Covid-19 o se determinano quelli gravi. Non di meno, possiamo essere sufficientemente sicuri del fatto che non causino particolari problemi ai vaccini anti-Covid attualmente in distribuzione; tanto meno sembrerebbero eludere i test diagnostici più efficienti, come l’analisi molecolare RT-PCR, basata proprio sul trovare la presenza diretta di SARS-CoV-2, mediante il riconoscimento del suo genoma.

«Serve tempo e serve metodo, e certamente quello che non serve a nessuno è prevedere imminenti apocalissi legate all’arrivo di varianti di cui, di fatto, non sappiamo ancora nulla. A maggior ragione, questo è vero in un momento in cui abbiamo già a che fare molto da vicino con una variante che ormai conosciamo piuttosto bene e che è decisamente insidiosa», continua l’esperto di genomica comparata Marco Gerdol in un recente post su Facebook.

«Ignorare la differenza tra VOI e VOC porta al rischio concreto di ripetere l’errore comunicativo fatto per il mink cluster V dei visoni danesi, presentata frettolosamente a mezzo stampa come una VOC sulla base di dati preliminari, nonostante poi la sua circolazione nella popolazione umana si sia esaurita prima ancora di iniziare».

Maggiori evidenze sulla variante inglese

Si stanno raccogliendo ormai maggiori evidenze riguardo alla migliorata capacità di trasmettersi del SARS-CoV-2 fortemente correlata con la variante inglese. Questa maggiore contagiosità intrinseca è stata osservata anche tra bambini e ragazzi. Ed è forse una delle ragioni per cui case farmaceutiche come Johnson & Johnson si prefiggono di estendere i test al vaccino anche a questa fascia di età. Abbiamo invece meno evidenze riguardo alle varianti brasiliana e sudafricana, per quanto sia stata osservata una certa capacità di evadere gli anticorpi. Un conto però sono i test fatti sui vetrini in laboratorio, un altro è tenere conto delle dinamiche di un vero e proprio sistema immunitario. Insomma, riscontrare una certa capacità immunoevasiva non implica necessariamente maggiore contagiosità. Del resto le due varianti risultano ancora poco diffuse in Italia.

Ad ogni modo, i vaccini di Pfizer, di Moderna, di AstraZeneca e di quello – forse – in arrivo di Johnson & Johnson, non sembrano risentire significativamente delle Voc. Esistono alcuni limiti nell’accertare eventuali influenze negative delle varianti sui vaccini, per esempio, quelli dovuti al focus principale delle sperimentazioni che hanno portato all’approvazione di questi farmaci. Quindi non siamo sicuri se i vaccini anti-Covid proteggano solo dal manifestarsi della malattia o permettano anche di essere schermati dall’infezione, impedendo al vaccinato di infettare a sua volta. Al momento infatti è stato solo verificato che proteggono dalla malattia. Per maggiori informazioni trovate la nostra guida Facciamo il punto sui vaccini anti-Covid.

Foto di copertina: Alexandra_Koch | Varianti Covid.

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