L’Italia ha voltato le spalle a Cuba sull’embargo, dimenticando la solidarietà dei medici di L’Avana contro il Covid? No: ecco perché

Cuba non risulta menzionata nella risoluzione bocciata di recente alle Nazioni Unite, ma il testo è talmente generico che potrebbe favorire qualunque stato sanzionato per le violazioni dei diritti umani

L’Italia all’Onu ha votato contro la condanna dell’embargo a Cuba? Questa è l’accusa mossa contro il Governo Draghi tirando in ballo una presunta ingratitudine nei confronti di un Paese straniero che aveva fornito in aiuto i propri operatori sanitari durante i primi periodi dell’emergenza sanitaria Covid-19 in Italia. Vero o falso? La questione è molto più complessa di quanto potete immaginare e purtroppo è stata trattata con molta superficialità.


Tutto parte da una risoluzione votata il 23 marzo presso il Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite che esorta gli Stati ad astenersi nell’imporre misure coercitive contro altri Paesi, misure che impediscono – secondo i relatori – il loro sviluppo economico e sociale condizionando il processo di tutela dei diritti umani al loro interno. Il documento, promosso da Azerbaigian, Cina e Palestina, non fa alcun riferimento diretto a Cuba.


Il fatto che nel documento non fosse citato il paese caraibico ha in parte permesso di contestare le critiche contro il governo italiano. In parte con ragione, in parte no. Durante la sessione del Consiglio infatti ci sono stati diversi interventi, tra questi quello del rappresentante cubano Juan Antonio Quintanilla Roman che ha descritto il suo Paese come vittima di «azioni illegali e immorali» da parte di Stati stranieri, presentandosi dunque come parte lesa da tutelare attraverso la risoluzione.

La situazione cubana non è delle più rosee e di recente la sua posizione nei confronti degli Stati Uniti si è aggravata. Nel 2015 l’amministrazione Obama aveva rimosso L’Avana dalla lista dei Paesi “sponsor del terrorismo”, ma durante gli ultimi giorni dell’amministrazione Trump il segretario di Stato Mike Pompeo ha inserito nuovamente Cuba nella «lista dei cattivi» accusando i caraibici di fornire sostegno e un rifugio sicuro ai terroristi. Il neo Presidente americano Joe Biden aveva annunciato di voler migliorare le relazioni con Cuba, ma questa mossa da parte del suo predecessore non lo aiuta affatto.

Lasciando in disparte Cuba, dalla risoluzione potrebbero trarre profitto i Paesi cosiddetti «canaglia», dove verrebbero applicate le «misure coercitive» a seguito di dimostrate ed evidenti violazioni dei diritti umani. Tra coloro che hanno votato a favore della risoluzione troviamo il Venezuela, Stato per il quale lo stesso Consiglio Onu dei Diritti Umani aveva istituito una commissione d’indagine per indagare sulle gravi accuse rivolte al governo di Nicolas Maduro.

Nel 2020, a conclusione delle indagini, la commissione ritenne fondate le accuse affermando la presenza di violazioni sistematiche dei diritti umani da parte delle forze dell’ordine venezuelane. Pensiamo, infine, alla Cina che oltre ad essere una delle firmatarie della risoluzione venne sanzionata dall’Unione europea, insieme al Regno Unito, Stati Uniti e Canada, per i campi di internamento in cui sono reclusi centinaia di migliaia di uiguri nella regione dello Xinjiang.

Risulta almeno dubbio quindi che la risoluzione e la fine delle sanzioni per metterebbero a Stati già accusati di violare i diritti umani di mettere fine a queste violazioni. Inoltre, se al posto dei cubani fossero stati inviati degli operatori sanitari da uno Stato «canaglia» per aiutarci a fronteggiare l’emergenza sanitaria Covid-19, il voto contrario dell’Italia sarebbe stato ugualmente contestato anche dai sostenitori di Cuba?

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