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Finisce il sogno degli angeli speciali della danza: «La nostra scuola per disabili rischia di sparire» – L’intervista

05 Aprile 2021 - 08:08 Fabio Giuffrida
La denuncia di Martina e Virginia Di Carlo, proprietarie della scuola di danza per bambini e ragazzi disabili a Druento, in provincia di Torino, che grazie al metodo innovativo aveva registrato un boom di iscrizioni con l'apertura

«Avevamo aperto a settembre 2019, abbiamo lavorato per quattro mesi, poi il Covid, a marzo, ci ha costretti a chiudere. Da quel momento abbiamo continuato a pagare le rate del mutuo, ma adesso i soldi sono praticamente finiti. Questo significa che si fa sempre più vicino il giorno in cui io e mia sorella saremo costrette ad abbassare definitivamente le serrande». A parlare a Open è Martina Di Carlo, 24 anni, insegnante di danza caraibica che gestisce, insieme alla sorella Virginia, la Special Angels Dance School a Druento, comune di 8 mila abitanti in provincia di Torino. Non una scuola di danza qualsiasi: quelle sale ospitavano soprattutto bambini e ragazzi speciali. Dagli autistici ai bambini con problemi psichici e motori passando per gli allievi con sindrome di down. Una scuola di vita più che una scuola di danza. 100 gli iscritti in appena quattro mesi: un boom di iscrizioni perché Martina e Virginia, a Druento, erano davvero un punto di riferimento.

OPEN | In foto Virginia e Martina Di Carlo

La condizione dei disabili, costretti a stare a casa per la pandemia

Virginia, presidente della scuola di danza, è una ragazza di 28 anni, disabile, con una tetraparesi spastica a causa di un’asfissia neonatale. Ha problemi al linguaggio e a tutti e quattro gli arti. È stata lei, che danza da quando è piccola, a voler aprire la scuola e a dare una mano ai ragazzi con disabilità. «Le avevano dato 18 anni di vita e, invece, mia sorella è ancora qui – racconta Martina -. Sta bene e grazie alla danza è migliorata tantissimo. Prima nemmeno camminava, man mano ha raggiunto l’equilibrio, ha preso la patente: guida l’auto ed è una spericolata. Ha preso la laurea in Scienze motorie e ha acquistato autostima grazie al ballo che le ha cambiato la vita, l’ha salvata».

Martina sa che spesso disabilità ancora oggi è sinonimo di discriminazione: «È come se le persone avessero paura dei disabili, che spesso vengono messi da parte o chiusi a casa. Io non ho mai visto la disabilità in mia sorella, la vedevo come me. Al massimo notavo che parlava diversamente ma non ci prestavo attenzione. Ero la sua ombra, stavo sempre vicino a lei per paura che cadesse».

Nel 2017 Virginia è stata nominata Cavaliere della Repubblica per meriti sportivi e culturali. Al Capo dello Stato Sergio Mattarella non è passata inosservata la sua determinazione. Oggi la grinta e l’ottimismo della giovane piemontese sono minacciati dalla pandemia: «Stando a casa a non fare nulla, da sola e senza sfoghi, la sua testa fa spesso brutti pensieri». Quello dei disabili, chiusi in casa senza poter far più nulla è un tema delicatissimo di cui poco si parla ma che rischia di scoppiare da un momento all’altro.

OPEN | Virginia Di Carlo con il Capo dello Stato

Scuola di danza come scuola di vita

Il Covid ha mandato in fumo il sogno delle due sorelle, a cominciare dall’investimento di 75mila euro per la ristrutturazione dei locali della scuola di danza. In questi mesi – tranne qualche breve sospensione del mutuo – Martina e Virginia hanno dovuto pagare 1.000 al mese (oltre alla luce, intorno ai 300 euro al mese). Adesso i soldi «sono finiti»: «Per questo chiediamo aiuto. Rischiamo di non poter più riaprire, di non poter dare una speranza ai tanti ragazzi che sono venuti da noi a ballare, a “vivere”».

«Con noi – prosegue Martina – i bambini si trovano bene perché, a differenza di quello che avviene di solito, li trattiamo “normalmente”. Grazie alla danza c’è chi riesce a fare i primi passi senza perdere l’equilibrio, chi a comportarsi meglio a casa. Come dimenticare, ad esempio, quella mamma emozionata quando suo figlio autistico per la prima volta ha giocato e si è divertito con un altro bambino. Non era mai successo, era sempre stato emarginato. Vedere felici questi bambini ti apre davvero il cuore».

OPEN | In foto alcuni allievi della scuola di Virginia e Martina

Nessun aiuto

Di fatto, Virginia e Martina, dopo la chiusura di marzo, non hanno più riaperto se non per una breve parentesi a settembre – durata appena un mese – dove, però, hanno fatto recuperare le lezioni perse durante il lockdown. In altre parole, non hanno visto un centesimo. Anzi, ci hanno rimesso di tasca loro. Se riapriranno – al momento non c’è nemmeno una data – molti clienti dovranno ancora usufruire degli abbonamenti trimestrali: una “voragine” economica che difficilmente riusciranno a sostenere.

Di fondi, intanto, nemmeno l’ombra: «Avevamo chiesto al nostro commercialista ma non abbiamo avuto risposta. Io lo scorso anno sono riuscita ad avere solo il contributo da collaboratore sportivo da 600 euro», spiega Martina. Tuttavia anche un commercialista più scrupoloso non avrebbe risolto la situazione economica: «Avremmo pagato al massimo 2-3 mesi di mutuo». Per il 2021 le sorelle dovrebbero accedere ai 1.200 euro previsti per i primi tre mesi dell’anno come sancito dal decreto Sostegni. Una cifra che certo non coprirà i debiti della scuola.

Le Di Carlo non sono le sole a soffrire in questo momento. Come denuncia AssoDanza, i problemi per gli operatori del settore (sono 30mila circa le scuole di danza in Italia) sono tantissimi. Per questo l’associazione sta chiedendo «provvedimenti urgenti che possano assicurare la ripresa delle attività in sicurezza e il sostegno necessario ai lavoratori ed imprenditori del settore».

OPEN | Lezioni alla Special Angels Dance School

«Impossibile fare lezioni online, non vedo ancora una luce»

Inutile, in questo caso, ipotizzare di fare lezioni online. «Ci abbiamo provato ma non c’è storia: a noi serve il contatto. I ragazzi non seguivano bene davanti a un pc. Da tempo ci dicono che vogliono ritornare, che gli manchiamo. E, intanto, mentre la mia scuola deve restare chiusa, vediamo centinaia di persone fare ciò che vogliono ai giardinetti. Senza considerare tutti i soldi spesi per riaprire e poi chiudere 30 giorni dopo. Che senso ha avuto?». Martina non è ottimista: «Non vedo una luce in fondo al tunnel. Ho anche pensato di aprire (sfidando le normative come hanno fatto altre strutture, ndr) ma poi mi sono detta: già non abbiamo niente, pensa se ci fanno pure una multa…. Nel frattempo, per sopravvivere, faccio la babysitter. Mi piacerebbe, un giorno, avere una famiglia e una casa. Così ci riuscirò mai?». Per aiutarli si può effettuare una piccola donazione a questo link.

Foto di MARTINA DI CARLO

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