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Il voto a 16 anni, la cannabis, la fuga di cervelli. La ministra Dadone a Open: «Non è un Paese per giovani» – L’intervista

22 Maggio 2021 - 09:47 Valerio Berra
Nell'ultimo governo Conte, era ministra della Pubblica Amministrazione. Con Draghi ha iniziato ad occuparsi di Politiche Giovanili. L'abbiamo intervistata per capire le sue posizioni sui temi che riguardano più da vicino i nostri lettori

Classe 1984, eletta per la prima volta in Parlamento con il Movimento 5 Stelle nel 2013, Fabiana Dadone è tra i tre ministri ad aver superato il passaggio tra il Governo Conte II e il Governo Draghi. Prima ministra per la Pubblica Amministrazione, dal febbraio 2021 ricopre l’incarico di ministra per le Politiche Giovanili. L’abbiamo intervistata su Open_Talk, il canale che abbiamo aperto su Twitch. Insieme a noi c’era anche Alessandro Masala, al web Shy, volto di Breaking Italy. Ecco un estratto dell’intervista, in fondo all’articolo potete trovare il video completo. Non dimenticate di seguirci sul nostro canale per non perdervi le prossime live.

Quello delle Politiche Giovanili è uno dei ministeri senza portafoglio. Per capire meglio cosa prevede il suo incarico ci può dire a cosa sta lavorando in questi giorni?

«Come consiglio dei ministri abbiamo appena finito il Decreto Ristori Bis. Oltre a definire come dare ristori a chi ha subito una perdita per il lockdown abbiamo anche inserito una norma sul fondo garanzia per l’acquisto della prima casa e una per migliorare il supporto psicologico che viene offerto ai ragazzi. E questo è stato il lavoro di una sola giornata».

Tre mesi fa ha deciso di aprire un canale Twitch in cui intervista giovani creatori. Cosa sta imparando da loro?

«La cosa più importante che ho imparato è che in un mondo che i grandi vedono come isolato c’è una community incredibile che riesce a scambiare tantissime esperienze, imparare nuove lingue e informarsi. Ho imparato a non guardare questo mondo solo con gli occhi dell’adulto e ho perso anche lo scetticismo che avevo verso i videogame, che conoscevo ancora poco. Ho imparato per esempio che nei videogiochi servono tantissime soft skills. Me lo ha spiegato Riccardo Romiti, un campione di esport che per riposarsi gioca in contemporanea a più tavoli di scacchi».

Nelle ultime due settimane la Commissione Lavoro della Camera dei Deputati ha cominciato a incontrare streamer di Twitch e creator che lavorano nel digitale. Cosa sta succedendo?

«In questo momento è in corso un’indagine conoscitiva. L’obiettivo del Parlamento è proprio quello di capire come regolare questa attività. In parte questo processo nasce dal fatto che anche io ho deciso di cominciare a scoprire questo mondo attraverso Twitch».

Esiste ancora una barriera di incomunicabilità tra giovani e politica?

«Questo non è un Paese per giovani. Chi vede l’età media del governo si sente molto distante da noi. Si percepisce un gap profondo tra i ragazzi più giovani e i politici che magari hanno un’esperienza grandissima ma non trovano il modo di comunicare con i ragazzi. Dovremmo trovare il modo per colmare questo spazio».

Tra la didattica a distanza, lo smart working e lo sport amatoriale non praticabile sempre più giovani hanno cominciato ad accusare disturbi psicologici. Il governo è al corrente di questo problema e cosa sta facendo per risolverlo?

«È un tema che abbiamo presente e che abbiamo sollevato. La didattica a distanza è stata una necessità. Anzi. Se la pandemia fosse arrivata prima, quando ancora il nostro territorio non era coperto da internet, i giovani si sarebbero trovati ancora più isolati. Stiamo cercando di aumentare i fondi per tutte le iniziative che si occupano di fornire aiuto psicologico ai ragazzi ma non solo. Credo anche che sia necessario provare a creare dei momenti di aggregazione in più. Penso che riprendere un’iniziativa come i Giochi della Gioventù e renderli più freschi magari inserendo gli esport potrebbe essere interessante».

Con l’epidemia la possibilità di muoversi in altri Paesi sono diminuite. Eppure ci sono ancora molti giovani che sono costretti a spostarsi all’estero perché qui non riescono a trovare un lavoro.

«Partiamo da una premessa. È un problema gigantesco. Come Stato noi dovremmo garantire la possibilità di viaggiare. Andare all’estero è fondamentale, anche per fare nuove esperienze professionali ma non deve diventare una fuga. Credo che la strategia migliore per evitare tutto questo sia sviluppare delle politiche di emancipazione dal nucleo famigliare. La norma che favorisce l’acquisto della prima casa è stata fatta ma bisognerebbe spingere anche per un sostegno sull’affitto».

Parliamo proprio di questo. Nonostante le grandi città si siano svuotate, i prezzi degli affitti delle stanze sono rimasti ancora alti. L’edilizia popolare per i giovani può essere una soluzione?

«È chiaro che la politica deve tenere conto di tanti equilibri. C’è stato un blocco degli sfratti che ha messo in difficoltà anche tanti proprietari di casa che non sono speculatori ma magari avevano solo uno appartamento in affitto. In ogni caso i giovani hanno bisogno di più supporto. Una delle proposte che ho fatto è investire negli immobili del demanio per creare dei punti di appoggio per le i giovani imprenditori».

Voto a 16 anni. Cosa ne pensa?

«Nei giorni scorsi ho partecipato a un dibattito in un liceo. Loro stessi erano in dubbio sulla possibilità di votare. Io credo che abbassare l’età del voto invece possa essere utile per spingerli ad avere un’opinione politica. Più l’attenzione delle generazioni giovani è alta, più la politica sarà costretta a dare loro attenzioni».

Negli ultimi giorni ha fatto notizia la storia di Khaby Lame, giovanissimo influencer che sta conquistando milioni di follower. Lui ha 21 anni, vive da 20 anni in Italia ma non ha la cittadinanza. Lei è favorevole o contraria allo Ius Soli?

«Il mio compagno è nella situazione del ragazzo che avete citato. Lui è arrivato in Italia a 6 anni e ha avuto la cittadinanza a 33 anni. La mia perplessità sullo Ius Soli è soprattutto a livello geografico. L’Italia è uno dei primi territori che si incontrano nelle rotte migratorie dirette verso l’Europa. Il problema della cittadinanza è molto complesso. Se vivi qui, studi qui per anni e conosci alla perfezione l’italiano ti viene concessa dallo Stato come se fosse un favore, se invece ti sposi ti viene data praticamente subito come se fosse un diritto. Dovremmo ricominciare un dibattito serio su questo, senza fermarci alle distinzioni tra destra e sinistra».

Tra le sue deroghe c’è anche quella all’antidroga. Lei può decidere di legalizzare questa sostanza anche per uso ricreativo?

«No. Non posso certo legalizzare la cannabis. Quello che posso fare è promuovere delle campagne di sensibilizzazione sull’uso delle droghe e avviare dei monitoraggi sullo stato delle leggi approvate dal Parlamento. È chiaro che un discorso come quello per la legalizzazione deve passare dal Parlamento».

Favorevole o contraria alla legalizzazione? E il Movimento 5 Stelle cosa ne pensa?

«Io già negli anni scorsi mi ero espressa a favore di questo tema e la mia posizione resta quella. Questa è anche la linea del Movimento 5 Stelle, almeno di tutti i colleghi di partito con cui ho parlato».

Avere 30 anni – La puntata completa

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