Lukashenko vola a Sochi per incontrare Putin. Ma l’aiuto di Mosca potrebbe costare caro alla Bielorussia

Molti commentatori sostengono che questa crisi non è nell’interesse del Cremlino, ma i fatti degli ultimi giorni offrono alla Russia la possibilità di accelerare l’unione politica con la Bielorussia

Ieri i ministri degli esteri dell’Unione europea si sono riuniti per discutere le sanzioni da adottare contro il regime di Alexander Lukashenko dopo il dirottamento del volo Ryanair. Le nuove sanzioni potrebbero colpire il settore del potassio, una delle principali voci dell’economia bielorussa. L’incontro era informale, le misure ufficiali dovrebbero essere approvate nel vertice del 21 giugno. La discussione tra i capi delle diplomazie si è concentrata sulle relazioni Russia-Bielorussia e il collegamento con il dirottamento. «Tutti sanno che senza il sostegno russo Lukashenko non avrebbe futuro in Bielorussia», ha detto il tedesco Heiko Maas, sottolineando però l’importanza della trattativa con la Russia. Nel Consiglio europeo di lunedì i leader di governo avevano evitato di tirare in ballo Mosca, ma dopo il plauso del Cremlino all’azione bielorussa, definita dal ministro degli esteri russo come «una risposta assolutamente razionale», è difficile ignorare il peso della Russia nella vicenda. Una presenza quella russa che si è fatta sentire subito, come un segnale in vista dell’incontro di oggi tra Lukashenko e il presidente Vladimir Putin.


Il blocco dei cieli

Ieri la Russia ha negato a un volo Vienna-Mosca della Austrian Airlines il permesso di entrare nello spazio aereo russo, questo perché stava aggirando lo spazio aereo bielorusso, come richiesto dall’Ue. L’aereo è tornato in Austria. Un caso analogo è capitato mercoledì all’Air France, che ha cancellato il volo Parigi-Mosca prima ancora di partire. Tuttavia, negli stessi giorni altri voli di compagnie europee, tra cui l’olandese KLM e la britannica British Airways, sono stati autorizzati a entrare in Russia usando le nuove rotte. Il portavoce del Cremlino ha scansato le domande, invitando i giornalisti a rivolgersi alle autorità russe responsabili dell’aviazione e spiegando che la presidenza non si occupa del traffico aereo civile. Un comportamento del genere non dovrebbe diventare la nuova normalità, ma è un segnale della determinazione della Russia nello schierarsi con la Bielorussia. Il dirottamento del volo Ryanair ha aperto un nuovo capitolo nella complicata relazione tra Lukashenko e Putin.


La tormentata relazione Russia-Bielorussia

Pur non apprezzandolo particolarmente, Putin ha sempre sostenuto il leader bielorusso, anche dopo che Lukashenko si era opposto alla spinta di Mosca per un rafforzamento dell’unione esistente secondo il trattato del 1999. Nei primi anni 2000 la proposta di Putin era quella di rafforzare l’integrazione fino a far entrare la Bielorussia nella federazione russa, o farne uno stato confederato. Tuttavia, Minsk ha sempre respinto l’idea preferendo lo status quo. Successivamente, con le rivoluzioni e le svolte filo-occidentali di Georgia e Ucraina, per i russi la Bielorussia diventava un baluardo irrinunciabile contro l’avanzata verso est delle alleanze occidentali. Perciò, il Cremlino ha sempre offerto a Lukashenko prestiti, aiuti economici, forniture energetiche e – quando necessario – sostegno militare per reprimere le proteste e i dissidenti. Dal 2014 in poi però le cose si stavano complicando, dopo l’annessione russa della Crimea e l’intervento militare nell’Ucraina orientale, Lukashenko aveva scelto un revival dell’identità nazionale, affermando: «Non siamo russi, siamo bielorussi!».

Inoltre, Lukashenko iniziava a guardare a Bruxelles dando l’idea che forse in futuro avrebbe scelto di alleggerire la dipendenza da Mosca. Il punto più basso si è raggiunto nel gennaio 2020 poco prima delle elezioni presidenziali, quando Lukashenko ha accusato pubblicamente Putin di cercare l’annessione della Bielorussia. Sette mesi dopo (luglio) a Minsk venivano arrestati 33 mercenari russi, e Lukashenko accusava Putin di voler destabilizzare il paese in vista delle elezioni. 

Il nuovo abbraccio Minsk-Mosca

Ma dopo le elezioni di agosto e lo scoppio di nuove proteste, Lukashenko è tornato a chiedere aiuto al Cremlino, ottenendo il rifinanziamento del debito pubblico. A settembre, Lukashenko ha visitato Putin a Sochi, dove ha ottenuto la promessa di un altro miliardo e mezzo di dollari per la Bielorussia. Nel giro di un anno i fratelli coltelli sono diventati inseparabili, ed è sempre a Sochi che Putin e Lukashenko si incontreranno oggi, per sancire un legame ancora più profondo. Lukashenko è un dittatore difficile da interpretare, non segue le vecchie regole della guerra fredda, né quelle del mondo post-URSS. L’unica cosa che vuole è rimanere al potere a qualsiasi costo, come se non avesse alcun interesse di cosa succederà alla Bielorussia dopo di lui. 

Questo a Putin potrebbe andare bene: sostenere il padre-padrone dei bielorussi nella sua volontà di avvelenare ogni legame con l’Occidente, farlo diventare irredimibile, rendere insostituibile la dipendenza dal Cremlino e, un giorno, consegnare alla federazione russa una Bielorussia senza Lukashenko. Per Putin sarebbe il più grande risultato della sua eredità storica, lasciare ai russi una Russia più grande di come l’ha trovata quando è salito al potere dopo il crollo dell’Unione Sovietica. 

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