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AstraZeneca per i giovani: sì o no? Guido Rasi: «Non è più sicuro per gli under 40, ma non ci sono rischi tardivi per chi l’ha fatto» – L’intervista

09 Giugno 2021 - 19:04 Giada Giorgi
Vaccini
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L'ex direttore dell'Ema, oggi consulente della struttura commissariale di Figliuolo, spiega perché i dubbi sul vaccino di Oxford somministrato ai giovani sono oggi legittimi

Il vaccino anti Covid AstraZeneca potrebbe comportare più rischi che benefici. Arriva come un fulmine a ciel sereno in una campagna vaccinale ormai avviata anche per i giovani, il nuovo parere di scienziati e virologi sull’utilizzo del vaccino di Oxford. I dubbi sugli effetti collaterali non sono certo nuovi, da mesi i dati sui possibili rischi di trombosi sono sotto osservazioni di Ema, con periodiche rassicurazioni circa la sicurezza e «l’assenza di alcun nesso tra l’età e gli eventi rari». A proposito di età, sono proprio i giovani i maggiori soggetti a rischio con il vaccino di Oxford, lo stesso che nelle ultime ore non trova più sostegno neanche dagli scienziati che lo hanno sempre incoraggiato. Cosa è cambiato? E alla luce di settimane di somministrazioni AstraZeneca ai più giovani, quali errori sono stati fatti? Open ne discute con Guido Rasi, nove anni alla direzione di Ema, tre alla guida di Aifa, attualmente consulente della struttura commissariale del generale Figliuolo.

Professore, la comunità scientifica ha sempre cercato di tranquillizzare circa i rischi del vaccino Astrazeneca. Ora all’improvviso sembra non farlo più, con conseguenze a effetto domino: l’Asl di Napoli poche ore fa ha revocato l’Open day previsto per domani. Perché sono anche i medici ora ad avere timori?

«Non si tratta di un errore su cui si sta facendo dietrofront né di un cambio repentino di idee. Semplicemente stanno cambiando i tre parametri principali sui cui Ema ha dichiarato fin dall’inizio di basarsi quando concesse il via libera ad Astrazeneca e a tutti gli altri vaccini finora autorizzati».

Di che si tratta?

«Ai tempi del via libera Ema ha pubblicato tabelle molto chiare sui criteri di autorizzazione chiarendo che avrebbero inciso sulla decisione dell’utilizzo a seconda della situazione epidemiologica. Il primo criterio è la circolazione del virus, attualmente siamo in quella che nelle tabelle è definita come “bassa diffusione” con un tasso di incidenza di 50 casi per 100 mila abitanti. Quando si arriva a una condizione del genere i benefici e i rischi si modificano radicalmente. Il potenziale rischio del vaccino aumenta e il potenziale beneficio diminuisce perché diminuisce il rischio stesso di malattia. Questa diminuzione avviene per fasce d’età. È quindi una questione di proporzione, più il virus circola più è probabile che il rischio legato all’infezione sia superiore a quello comportato dal vaccino. Se Covid-19 circola poco come in questo momento accade il contrario è cioè che il rischio comportato dal vaccino, nelle fasce basse d’età, rischia di essere identico a quello di Covid grave. Cosa che non succede negli anziani, in cui gli effetti del virus rimangono enormemente superiori rispetto a quelli del vaccino».

Gli altri due parametri quali sono?

Il secondo è quello della disponibilità di altri vaccini. Un valore decisamente cambiato rispetto a quello di qualche mese fa quando in assenza di altri strumenti è stato fondamentale utilizzare anche Astrazeneca, considerando un rischio assoluto molto basso. Il terzo parametro che si è modificato drasticamente soprattutto nelle ultime settimane è quello della terapie intensive. Le unità di rianimazione si stanno svuotando. Per tutte queste ragioni ora vale la pena di iniziare a personalizzare un po’ di più la somministrazione dei vaccini. Diventa poco razionale continuare ad utilizzare uno strumento che, per quanto basso, comporta un rischio».

Dunque Astrazeneca per chi?

«In questo momento è giusto utilizzarlo sopra i 60 anni, come del resto Aifa aveva raccomandato fin dall’inizio. È un vaccino particolarmente reattivo e utile per le persone anziane per le quali il rischio di trombosi è pari a zero. Dunque vale la pena completare l’opera degli over 60 con Astrazeneca e dedicare agli Open day per i giovani i vaccini a Rmna».

Per chi lo ha già fatto?

«Il vaccino di Astrazeneca non presenta rischi tardivi. Occorre monitorare i primi sette giorni dopo l’inoculazione, se dopo una settimana non si ha manifestazioni di trombosi non le avrà più e rimarranno soltanto i benefici. A questo proposito dunque mi sento di tranquillizzare chi lo ha già fatto. Si è protetto e ha protetto le persone vicine. Ciò non toglie che le condizioni ci portano a modificare e adattare la strategia vaccinale con delle variazioni».

Gli Open day con AstraZeneca per over 18 e maturandi però stanno andando avanti. Non è il momento di un verdetto chiaro da parte di Ema che riallinei la strategia?

«Ora è Aifa a dover fare qualcosa. Insieme alle autorità sanitarie del Paese. I criteri di cui abbiamo parlato sono strettamente legati alla singola situazione di ogni nazione. Ci sono ancora Stati in Europa che lottano con una circolazione del virus di 150 casi su 100 mila e con una penuria di vaccini che non rende necessario un verdetto come quello che ora dovrebbe riguardare l’Italia. Tenendo in considerazione anche un altro importante parametro e cioè quello del numero delle persone vaccinate. L’Italia è a buon punto».

Di “Astraweek” e iniziative simili rivolte ai giovani si parla da settimane con annunci entusiasti di diverse Regioni. Eppure la circolazione del virus ci suggerisce dati positivi già da un bel po’ di tempo: perché ne stiamo parlando solo ora?

«Su una nuova disposizione in merito all’utilizzo di Astrazeneca sui giovani, e per giovani intendo tutti gli under 40, non c’è dubbio che Aifa sia in ritardo. La corsa delle Regioni a fare i primi della classe poi non ha aiutato, ignorando la già presente raccomandazione dell’ente regolatore italiano sull’utilizzo solo per gli over 60».

Alla luce delle iniziative regionali e locali di questi ultimi tempi, crede che una semplice raccomandazione da parte di Aifa sarà sufficiente?

«Credo che servano indicazioni urgenti e perentorie. Anche in riferimento a un altro importante parametro di Aifa che è quello della farmacovigilanza nazionale. Ci potremmo per esempio aspettare ulteriori indicazioni rispetto all’uso del vaccino sulla base di fattori genetici appartenenti alla nostra popolazione. Perciò credo che forse un polso un po’ più duro delle autorità centrali servirebbe. La comunità scientifica si limita a fare dibattiti, l’Aifa e il Ministero della Salute prende decisioni».

Potremmo considerare l’idea di un’esclusione totale di Astrazeneca nella campagna vaccinale?

«No, ricordiamoci che per le persone anziane il vaccino Astrazeneca rimane un’ottima alternativa perché estremamente capace di generare una grande risposta immunologica. Tenere un’arma nell’arsenale è la strategia giusta, escludendo ovviamente tutti gli under 40».

Nel caso di futuri scetticismi da parte dei 7 milioni di soggetti ancora da immunizzare lei ha più volte escluso l’obbligo vaccinale. Qual è la strada percorribile?

«Quella degli incentivi. Se non ci si vaccina non si potrà né viaggiare né andare in discoteca. Non lo trovo né coercitivo né ideologico, ma semplicemente incentivante».

Pensa che ce ne sarà bisogno?

«Credo di no. Le risposte per ora sono positive e voglio credere che il buon andamento delle adesioni possa continuare anche nei prossimi mesi».

Per concludere, al 25enne che fino al 13 giugno avrà nel Lazio la possibilità di vaccinarsi con Astrazeneca cosa consigliamo?

«Di non farlo. A chi ha già partecipato ricevendo la prima dose direi di aspettare i tre mesi e fare tranquillamente la seconda. Se ha avuto forti reazioni, monitorare le decisioni che credo presto verranno prese».

Ipotesi “cocktail” con un vaccino diverso?

«Esattamente. Se ne sta discutendo. Da immunologo lo trovo assolutamente logico. Più sollecitiamo il sistema immunologico, più riuscirà a rispondere meglio, uno stimolo diversificato è sicuramente possibile. Molte nazioni l’hanno già fatto, i primi studi confermano la sicurezza e l’efficacia, è molto probabile che l’Italia prenderà questa strada»

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