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AstraZeneca, parla Rasi: «Ho guidato Ema e Aifa e vi dico: lo stop politico è un errore. L’unica certezza? I morti per Covid»

16 Marzo 2021 - 15:34 Giada Giorgi
Guido Rasi
Guido Rasi
L'ex Direttore esecutivo dell'agenzia europea per i medicinali commenta la decisione dei singoli Stati e spiega come si procederà nelle prossime ore

Per nove anni alla direzione di Ema e tre anni alla guida di Aifa, Guido Rasi osserva dall’esterno la complessa situazione di AstraZeneca. Sono ore di attesa prima di un verdetto da parte dell’ente regolatore che possa far chiarezza sull’utilizzo del vaccino di Oxford, ora messo in stand by da molti Paesi europei. Le prime rassicurazioni dell’Agenzia europea per il farmaco – che ha escluso per il momento un rapporto diretto tra il farmaco e i casi di trombosi che si sono verificati in Europa – non cambiano il clima di incertezza che domina il dibattito pubblico.

Professor Rasi, in meno di 24 ore gli esperti sono passati da indicazioni di zero rischi al divieto di utilizzo del farmaco su tutto il territorio nazionale. Dove finisce la decisione scientifica e inizia quella politica?

«In tema di salute pubblica ogni Stato può decidere in autonomia sui rischi di sicurezza. Questo è l’unico criterio che, in assenza di un verdetto chiaro da parte della scienza, può condizionare le singole agenzie regolatorie. Aifa ieri si è trovata in questa precisa situazione e ha dovuto sottostare alla decisione del Ministero della Salute. L’effetto domino è partito dalla Germania, dove una delle agenzie regolatorie ha osservato che c’era una concomitanza di casi simili di trombosi dopo il vaccino. La Francia a posteriori ha affermato di avere visto casi simili, e subito dopo anche la Spagna. In Italia i casi riscontrati sembrano essere diversi da quelli evidenziati in Germania o Francia: invece di approfondire è stato deciso lo stop, con tutte le conseguenze psicologiche del caso. Tra l’altro, siccome l’Ema ha la possibilità di fare un paragone tra lotti in maniera centralizzata, mi chiedo: perché non hanno permesso all’ente europeo di fare i ragionamenti dovuti prima di buttare in pasto agli scetticismi la campagna vaccinale?»

«Misura cautelativa», dicono

«Se fosse stata una campagna di prevenzione per una malattia che forse arriverà, lo capirei. Ma qui siamo in piena pandemia e abbiamo la certezza che se non vacciniamo 400 mila persone al giorno, molte moriranno per Covid. Oggi vale il principio della proporzionalità: mettere a rischio un numero certo di persone per proteggere un numero incerto di persone – ammesso e non concesso che la causa sia proprio il vaccino – non è corretto. Questa è la responsabilità che le autorità sanitarie dei singoli Stati sono chiamate a prendersi».

Ma è davvero da escludere questo nesso?

«Gli scienziati non danno certezze a priori, ma i numeri parlano chiaro. In Germania hanno somministrato circa 1 milione e 700 mila vaccini con AstraZeneca, e ci sono stati 5 o 6 casi di trombosi: vuol dire che succede una volta ogni 300 mila. Trasferendo il ragionamento in Italia, vuol dire che una città come Bari o come Padova, oppure due città della grandezza di Pisa, non avrebbero neanche un caso. Di sicuro, però, senza vaccinazioni registrerebbero un numero ben definibile di morti per Covid. Quale evidenza scientifica dobbiamo preferire?»

I numeri suggeriscono rischio basso, ma la causa di quei pochi casi bisognerà pur chiarirla

«Certo. Nello svantaggio di essere in ritardo con il piano abbiamo il vantaggio che altri sono più avanti. Prendiamo il Regno Unito: 24 milioni i vaccinati di cui il 63% con Astrazeneca. Hanno riportato un numero di trombosi uguale a quelle registrati con Pfizer, e un numero identico alle persone non vaccinate. Se nel Regno Unito ci sono questi numeri, e in altri Paesi cifre maggiori – seppur non rischiose – bisognerà verificare le differenze».

Per esempio?


«Fattori di predisposizione di una popolazione rispetto ad un’altra, concomitanza con altri farmaci, lotti danneggiati».

Dovremmo sapere tutto questo da Ema solo giovedì. Come sta operando l’agenzia in queste ore?

«Innanzitutto cerca di avere tutte le informazioni possibili sui lotti per verificare se c’è stato un problema di qualità, oppure se si tratta di lotti diversi e prodotti in stabilimenti diversi. Le informazioni si otterranno paragonandoli a quelli inglesi: abbiamo un termine di riferimento importante che va giustamente utilizzato. In seconda battuta l’ente cercherà di avere sul tavolo più dati clinici possibili dagli Stati che hanno segnalato casi. Teniamo conto che a Ema arrivano continue segnalazioni e che al tavolo siedono 27 Stati. Si dovrà preparare un’istruttoria, mettere in ordine gli elementi e convocare una riunione sulla base, di fatto, di ancora pochi dati. Se mettiamo insieme i Paesi finora segnalati saranno in tutto 30 o 40 i casi da analizzare su 4 o 5 milioni di persone. E se questi non dovessero essere strettamente omogenei, come è probabile, dal punto di vista statistico sarà una bella sfida. Di solito queste analisi si richiedono mesi».

Le ipotesi cliniche da verificare quali sono?

«La prima ipotesi su cui lavorare è quella della casualità. Ovvero la possibilità che gli eventi avversi registrati siano un caso. Per capirci meglio: in Italia ci sono circa 1.500 morti al giorno. Se io vaccinassi i 60 milioni di italiani e 24 ore dopo avessi 1500 morti, ci sarebbe sicuramente un nesso di tempo ma non di causa. La seconda possibilità è valutare se ci sono elementi simili e congruenze scatenate sui casi presi in esame. Sullo stesso fronte, data la rarità degli episodi, Ema dovrà stabilire se le vittime presentano caratteristiche simili che le abbiano rese sensibili agli effetti del vaccino».

E quali potrebbero essere i fattori di maggiore sensibilità al vaccino?

«Di carattere genetico, per esempio. Di tipo farmacologico (prendevano farmaci simili), o di malattie che possano predisporre a stati di trombofilia»

Con quanti tipi di verdetti Ema potrà esprimersi?

«L’Ema potrà dire sostanzialmente tre cose: che il rapporto “beneficio-rischio” è favorevole, e quindi dichiarare nuovamente sicuro per tutti il vaccino AstraZeneca. Che il rapporto positivo “beneficio-rischio” è limitato a persone che non abbiano determinate patologie. Infine che la proporzione tra rischio e beneficio è negativa».

In quest’ultimo caso cosa dovrebbe succedere?

«Nel giro di 48 ore non ci sarebbe più una fiala di AstraZeneca in tutta Europa. Attraverso la sua rete di ispettori Ema ritirerebbe immediatamente tutti i lotti di farmaco. Decisione a cui gli Stati non potrebbero ovviamente opporsi. Stessa cosa per il discorso della limitazione delle somministrazioni a certe categorie di popolazione e non altre».

Quanto è probabile che questo accada secondo lei?

«In termini di valutazione “rischio-beneficio” non penso che ci sarà una variazione rispetto a quello che sappiamo già. Ripeto: i morti per Covid che ci saranno se le persone non verranno vaccinate sono certi; il numero di eventi avversi è incerto e attualmente irrisorio. ».

Il verdetto potrebbe non essere definitivo?

«Dipende dai dati. Quella che verrà fornita è la migliore interpretazione con la massima evidenza possibile».

9 anni in Ema, 3 in Aifa. Le è capitato di dover prendere decisioni di questo tipo e con queste tempistiche?

«Ricordo il caso della nitrosamina per l’ipertensione. Abbiamo ritirato lotti interi da farmaci importanti da Paesi extraeuropei e lo abbiamo fatto in 48 ore, bloccando l’arrivo in Europa. Ma avevamo dati chiari. In altri casi è stato necessario attendere 5 o 6 mesi prima di decidere. Quello che ci ha sempre guidato è il criterio di proporzionalità. Se tolgo un farmaco anticoagulante la cui assenza può provocare più morti di quanto non le provochi con la somministrazione, non posso da scienziato non considerare l’effetto della mia scelta. C’è una precisa logica dietro».

Alle altre aziende produttrici converrebbe mettere fuori gioco il vaccino attualmente meno costoso e più facile da conservare.

«Non la metterei sul piano della competizione tra produttori. Sul campo globale al momento c’è gloria per tutti data la grande fame di vaccini. Di sicuro abbiamo assistito a un attacco duro al vaccino AstraZeneca, che si è nutrito di falsi comunicati di Aifa sui lotti, o di stupidaggini come la coagulazione indotta da anticorpi. L’interesse occulto dietro queste operazioni potrebbe riguardare enti no-vax, o magari aziende produttrici di vaccini ancora non approvati in Europa».

La fiducia sui vaccini rimane il grande problema. Anche e soprattutto per il piano di Figliuolo, che ora deve funzionare.

«Se Ema dovesse dare riscontro positivo quello che spero è che tutto questo possa servirci da lezione, uno stimolo per dire: “Bene, abbiamo capito che i segnali vanno decodificati, che il panico non serve e che possiamo vaccinarci tranquilli”. Se l’Ema dovesse concludere con un segnale negativo, sarà motivo ulteriore per cominciare a fidarsi del sistema di controllo e andare avanti certi che l’occhio attento di chi deve vigilare c’è. In quanto al piano, la logistica proposta e la narrativa di tutta la preparazione ora mi convince. L’obiettivo dovrà essere quello di recuperare il tempo perso: ogni giorno passato senza vaccinare è un giorno che costa morti».

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