Un nuovo partito, il ritorno di Dibba e l’addio a Draghi: cosa faranno Grillo e Conte dopo il vaffa

I tre scenari: il partito di governo guidato da Conte, il MoVimento di lotta del Padre Padrone e il grande ritorno del figliuol prodigo Di Battista. Con un problema all’orizzonte: la fiducia da togliere (o confermare) a SuperMario

Il post con cui ieri Beppe Grillo ha mandato un vaffa alla leadership di Giuseppe Conte nel MoVimento 5 Stelle apre una serie di scenari sul futuro dei grillini. Il primo, che appare ad oggi il più probabile, è quello di una scissione tra le anime di lotta e di governo dell’attuale M5s. Il secondo scenario è la nascita di un nuovo partito con a capo l’ex premier, che ha già scelto lo slogan (“Insieme”) e nel quale dovrebbero confluire tutti i grillini a cui sarà impedito di candidarsi per la regola del secondo mandato. Il terzo è quello dei Grandi Ritorni. Uno si è già consumato, visto che ieri Beppe ha chiesto a Davide Casaleggio di votare per il Comitato Direttivo su Rousseau e il figlio di Gianroberto ha detto sì. Un altro sarà quello di Alessandro Di Battista. Che però dovrà per forza scegliere tra il partito di governo di Conte e il Movimento di lotta di Grillo.


Il partito di governo di Conte prossimo venturo

La prossima mossa tocca a Conte. Che dopo la conferenza stampa al Tempio di Adriano non ha ancora risposto al post di Grillo. Ma già oggi i retroscena sui giornali ci forniscono molti indizi su cosa dirà l’ex premier: «Beppe ha fatto la sua scelta, essere il padre padrone della sua creatura», mentre quella di ieri è stata «la riprova che l’attuale statuto necessitava di un deciso salto di qualità in termini di democrazia interna», avrebbe detto l’Avvocato del Popolo ai suoi secondo il Corriere della Sera. Dalle parti di Conte si sottolinea che la scelta di riesumare Rousseau e Casaleggio potrebbe rivelarsi un boomerang per Grillo, visto che gran parte dei parlamentari era felicissima di liberarsi del figlio del co-fondatore del M5s. Ma ora è certo che il professor Conte non tornerà ad insegnare a Firenze. Anzi, ieri in Parlamento c’era chi scommetteva sulla possibilità di presentarsi alle elezioni suppletive di Roma per un seggio alla Camera.


Il quotidiano elenca tra gli ex ministri leali a Conte Patuanelli, Bonafede, Fraccaro, Azzolina e persino Crimi. E non è un caso che la gran parte sia al secondo mandato. Perché c’è da scommettere che Grillo porterà altre divisioni quando chiederà di rispettare la regola che vieta il terzo mandato ai parlamentari. Proprio per questo un partito di Conte potrebbe nascere: per garantire la candidatura a gran parte di loro. «Per costruire un partito forte che metta radici nei territori c’è bisogno di tempo», aveva detto nei giorni scorsi Conte ai fans che aveva trovato sotto casa. Nel caso, sarebbe una forza ecologista e moderata, radicata sul territorio. Che vedrebbe però aleggiare lo spettro di Mario Monti e della brutta fine che ha fatto la sua Scelta Civica.

Il MoVimento di lotta con Beppe Grillo padre padrone

Le prospettive del nuovo-vecchio MoVimento di Grillo invece sono a lungo termine, visto che lui stesso nel suo post ha scritto che il programma deve guardare al 2050. Magari dimenticando l’adagio di Keynes, il quale ricordava che nel lungo periodo saremo tutti morti. D’altro canto Beppe nel 2050 avrà appena 102 anni. Per questo è meglio cominciare a organizzare da subito quel futuro e quel Comitato Direttivo da votare su Rousseau. In corsa, spiega oggi la Repubblica, ci sono personalità del calibro di Carla Ruocco, Danilo Toninelli e Virginia Raggi. Oltre a Davide Crippa, Luigi Gallo e Dino Giarrusso. E la prima mossa del MoVimento di lotta potrebbe arrivare da Napoli.

Ma il nome che Grillo vorrebbe è quello di Luigi Di Maio. Il quale servirebbe per mantenere la barra della governabilità e, in prospettiva, per guardare a un futuro M5s decisivo come ago della bilancia dei prossimi governi. Ma c’è un problema. Di Maio è al secondo mandato e Beppe vuole mantenere il no al terzo. E come può il ministro degli Esteri accettare di guidare un partito senza potersi candidare alle elezioni? Infine c’è il problema del governo Draghi. Che un M5s di lotta potrebbe anche decidere di non appoggiare. Magari facendo leva sul prossimo casus belli dopo il Cashback di Stato. Ma se si lascia il governo si dovranno lasciare anche i ministeri. Ecco perché Di Maio sembra più orientato a finire con Conte invece che con Beppe.

Il ritorno di Di Battista (che vuole l’addio al governo Draghi)

Infine c’è Alessandro Di Battista. Che in questo momento si trova in Bolivia e i video che posta sulla sua pagina Facebook non sembrano tradire una gran voglia di tornare. Nei giorni scorsi Dibba, che nel MoVimento romano era soprannominato “Il sommergibile” per la sua tendenza a eclissarsi nei momenti difficili, ha preferito non schierarsi nella querelle tra Grillo e Conte. Ma di certo i due partiti in cui il M5s rischia di scindersi se lo contenderanno fino all’ultimo visto il suo indubbio peso elettorale. E chi riuscirà a portare a casa il suo rientro avrà un maggiore appeal alle urne.

L’occasione potrebbe presentarsi già oggi con la candidatura nel Comitato direttivo evocato da Grillo. Ma già da oggi lui pone una condizione ben precisa per esserci: l’addio al governo Draghi. «Finché il M5S starà nel governo Draghi io non voglio avere nulla a che fare con il M5S, sono lineare», ha detto oggi a Il Fatto Quotidiano. E alla domanda su Conte e Grillo: «Io mi siederò al tavolo con chi mi garantirà voti in meno a questo esecutivo». Ma se quello di Conte pare il partito di governo, allora Di Battista non potrà che stare con quello di lotta evocato da Grillo.

Leggi anche: